Crocifisso e pregiudizi

di Giancarlo Fava
da www.italailica.it, 15 aprile 2010

La sentenza della corte europea che ha dichiarato illegittima l’esposizione del crocifisso in scuole e uffici pubblici ha aperto un vivace dibattito, e questo non mi sorprende. Mi stupisce, invece, il fatto che un buon numero di laici abbia sostanzialmente accettato la posizione del Vaticano. Una delle motivazioni addotte per giustificare tale scelta è che il crocifisso non sarebbe il “logo” di una struttura politico-religiosa ben precisa, la chiesa cattolica romana, ma un simbolo di pace e fratellanza universalmente riconosciuto e quindi, come tale, non potrebbe essere visto come un’imposizione del vaticano che lede la libertà e la dignità di quanti cattolici non sono.

Certo, di croci ce ne sono molte. Alcune, come la croce verde, la croce azzurra, la croce rossa, sono percepite da tutti come simboli di solidarietà verso chi soffre, siano essi animali umani o non umani, in pace o in guerra. Altre, come la tristemente famosa croce uncinata del III Reich, sono pervase da una storia sinistra di crudeltà e delitti. Quindi la croce, di per sé, non può essere vista necessariamente come segno di pace, fratellanza o dignità umana.

Ma il crocifisso, ossia la croce versione cattolica, può esserlo? Per cercare una risposta plausibile non ci si può certo basare sulle affermazioni degli ultimi due o tre Papi, ma appare utile e opportuno guardare un po’ più lontano, sia pure limitando il nostro sguardo ad un numero limitato di fatti ben noti.

La croce cattolica era sulle insegne di Carlo Magno la cui spada seminava morte e non certo sentimenti di fratellanza. Saltiamo un po’ di secoli: ancora guerra e massacri con i crociati che portavano la croce sulle loro armature. Ancora qualche secolo e un diverso continente: mi parrebbe giusto ricordare le centinaia di migliaia di nativi delle americhe assassinati senza pietà dai conquistadores (anch’essi agivano all’ombra della croce) quando rifiutavano di convertirsi al cristianesimo ma anche, meno nobilmente, per essere depredati dei loro averi. Altri tempi, ma ancora la nostra Europa: vogliamo ricordare le migliaia di donne torturate e sottoposte al supplizio finale del rogo perché dichiarate “streghe”? É utile ricordare che queste turpi vicende si protrassero sino ai primi dell‘800… e vogliamo rivolgere un pensierino anche al massacro di San Bartolomeo? Negli anni a cavallo tra l‘800 e il ‘900 nel mondo cattolico si afferma ancora il diritto del Papa ad autorizzare il ricorso alle armi quando lo ritenga giusto. (Per chi vuole approfondire il tema suggerisco il testo “Cristiani in armi” di M. Fumagalli Beonio Bocchieri).

Insomma, dopo più di mille anni di ammazzamenti, siamo proprio sicuri di poter affermare che il crocifisso sia un simbolo di pace, fratellanza o dignità umana?

E l’universalità? Forse qualche centinaio di milioni di islamici, non necessariamente estremisti, avrebbero qualcosina da dire in proposito. Non direi che buddisti, induisti, taoisti e altri suggeriscano di esporre nei loro luoghi di culto il crocifisso in quanto simbolo universale di pace e fratellanza.

Piaccia o no, bisogna riconoscere che il crocifisso è l’insegna di una parte, e anche piuttosto minoritaria, dell’umanità. Meglio, è l’insegna di una struttura organizzata che, da quasi due millenni, persegue il fine di esercitare un’egemonia assoluta sui popoli europei (forse qualcuno ricorda che i Re governavano “per volere di Dio” attestato dai papi?).

A questo punto sorge spontanea una domanda: come mai tanti laici, o sedicenti tali, paiono ignorare duemila anni di storia sostenendo che è giusto accettare le pretese del papato?

A questa può seguire un’altra domanda: perché mai il vaticano insiste così accanitamente nel voler imporre l’esibizione del crocifisso?

Due domande, ma una sola risposta. Il fatto è che la chiesa cattolica odia mortalmente la scienza e sarebbe felice di abbruciare sul rogo tutti gli uomini di scienza (per mia fortuna non lo può più fare…) ma è abilissima nello sfruttare quelle conoscenze scientifiche che tornano a suo vantaggio.

Gli studi di psicologia e neuroscienze hanno ampiamente confermato come la nostra mente possa essere facilmente manipolata (ossia condizionata), senza che se ne abbia consapevolezza, in modo da indurre l’insorgenza di radicati pregiudizi in favore di qualcuno o di qualcosa. La pubblicità utilizza ampiamente le tecniche di manipolazione della mente, così come fa il papato. Il fatto che sin dalla più tenera età si sia esposti, nelle scuole, alla presenza del crocifisso fa sì che questo venga visto come un elemento di normalità, necessario e buono.

Inoltre, insegnanti, sacerdoti e media costantemente lo indicano come un simbolo altamente positivo rinforzando la positività del pregiudizio che insorge e si radica in modo acritico. Se un bambino osa, ma è rarissimo, esprimere un’opinione contraria viene messo alla berlina da tutti i compagni col sostegno degli insegnanti. Quindi nella mente di ognuno si fissano indelebilmente due concetti: il crocifisso è bene, “diffamarlo” è male e, anche quando siamo diventati adulti, questa ci appare come una verità naturale e indiscutibile, indipendentemente dal fatto di essere, magari, diventati laici nel frattempo. Una volta queste procedure venivano chiamate “lavaggio del cervello”…

Insomma, un po’ come la nutella: conoscete qualcuno che non la giudichi la quintessenza dell’esperienza sensoriale?

Non credete di poter venire condizionati? Bene, vediamo un esempio che riguarda tutti noi. Quando ci viene presentata una persona porgiamo spontaneamente la mano destra e stringiamo quella dello sconosciuto che fa altrettanto. Perché? Ma che domanda! Perché è un naturale atto di cortesia, un segno “universale” di pace. Invece no. É una convenzione cui ci adeguiamo “spontaneamente” perché ci viene ripetuto sino alla noia, fin da piccoli, che si deve fare così: veniamo, cioè, condizionati a porgere la mano destra. Almeno sarà un segno universale di pace… Nemmeno per sogno: infatti questo uso è villanissimo secondo i giapponesi: loro giungono le mani e si inchinano, senza toccarsi.

Altra questione è il diritto di tutte le fedi di esporre pubblicamente i loro simboli ponendoli sui rispettivi luoghi di culto. Ma se vedo il crocifisso in cima ad un campanile o la mezzaluna su un minareto, percepirò questo fatto come una semplice insegna, né buona né cattiva: questo è un luogo dove si riuniscono per pregare gli islamici e in quest’altro pregano i cattolici. Una semplice insegna, come quella del mio ristorante preferito o il nome che ognuno mette sul cancello di casa.

Ma va affermato con forza che a nessuna fede può essere concessa la possibilità di esibire, men che meno in condizione di monopolio, i propri simboli in casa altrui, come è una scuola o un ufficio pubblico.