Clima, un referendum mondiale nel 2011

di Marica Di Pierri
da Liberazione, 25 Aprile 2010

E’ chiaro a tutte le migliaia di delegati che hanno affollato nei giorni scorsi la città di Cochabamba, “corazon” della Bolivia e dell’America Latina, che siamo in un momento cruciale per il pianeta e che la scelta in fondo è semplice, seppure dura a sentirsi: Madre Terra o morte. E’ questo il mantra ripetuto durante i quattro frenetici giorni di lavoro della prima Conferenza Mondiale dei Popoli sul Cambiamento Climatico e i Diritti della Madre Terra, che ha visto riunirsi dal 19 al 22 aprile nella città boliviana – già teatro 10 anni fa della Guerra dell’Acqua – 30.000 delegati tra attivisti di organizzazioni sociali, sindacati, scienziati, intellettuali, governi.

Dalla Conferenza è uscito un documento, l'”Accordo dei Popoli”, che stabilisce alcuni punti fondamentali che costituiranno la piattaforma di rivendicazione sociale e di negoziazione istituzionale da qui in avanti, per arrivare alla 16° Conferenza delle Parti sul clima di Cancun a fine anno. “La Madre Terra è ferita e il futuro dell’umanità è in pericolo – dice il preambolo. Se la temperatura aumenterà di più di 2°, tra il 20 e il 30% delle specie saranno a rischio di estinzione, saranno irreversibilmente danneggiati gran parte dei boschi, la desertificazione aumenterà e con essa il numero degli affamati, che già sono oltre 1.200.000 in tutto il mondo.”

La dichiarazione attribuisce la responsabilità di questa crisi ambientale e climatica al modello di sviluppo capitalista, basato sulla crescita illimitata e sulla separazione dell’essere umano dalla natura in una logica di dominazione su di essa. Auspica il passaggio ad un nuovo modello tale da “contemplare principi di complementarietà, solidarietà ed equità, di benessere collettivo, di soddisfazione delle necessità di tutti in armonia con la Madre Terra.” Un concetto questo ripetuto da molti degli ospiti internazionali arrivati a Cochabamba.

Tra essi Frei Betto che parlando di come costruire un nuovo paradigma, ha parlato della necessità di «cercare la Felicità Interna Lorda e non il Prodotto Interno Lordo». Naomi Klein ha sottolineto invece la doppia valenza dell’appuntamento di Cochabamba: «siamo qui per due ragioni – ha detto – salvare il pianeta e salvare la democrazia. Copenaghen è solo l’ultimo esempio di una democrazia che non funziona perchè ci sono troppe parti che vogliono partecipare, mentre la pratica è concentrare il potere nelle mani di pochi paesi. Qui in Bolivia invece c’è stato un processo partecipativo per cercare di offrire assieme risposte concrete a questa crisi».

Le risoluzioni uscite da Cochabamba proporranno l’approvazione della Dichiarazione Universale dei Diritti della Madre Terra davanti all’Assemblea delle Nazioni Unite, l’istituzione di un Tribunale Internazionale per la Giustizia Climatica ed Ambientale, la proposizione di un Referendum mondiale sul cambiamento climatico, la riduzione del limite entro cui contenere il surriscaldamento del pianeta a 1° invece che a 2° come emerso a Copenaghen. Proposte queste che verranno fatte proprie e difese a Cancun nel tavolo delle negoziazioni ufficiali dai governi dell’Alba e contemporaneamente sostenute da una massiccia mobilitazione dei movimenti sociali che si ritroveranno in Messico in quei giorni. L’appello alla mobilitazione per Cancun è stata raccolta da tutte le realtà presenti a Cochabamba perchè è chiaro a tutti che la Cop16 sarà un momento cruciale nella lotta al cambiamento climatico.

Dal palco della cerimonia finale – alla quale hanno partecipato i presidenti Morales e Chavez, i vicepresidenti di Cuba e Nicaragua, il ministro degli esteri ecuadoriano e altri rappresentanti istituzionali di diversi governi – è stato lanciato un monito all’Organizzazione delle Nazioni Unite, affinchè recepisca e supporti le proposte emerse a Cochabamba. In alternativa, la proposta è quella di creare una “organizzazione dei popoli uniti” che si faccia carico degli interessi collettivi dei popoli e non di quelli, spesso particolari degli stati. «Se i governi del mondo non assumono la sfida di salvare il pianeta, saranno i popoli del mondo a doverlo fare» – ha detto Morales durante la chiusura del vertice, ripetendo quanto emerso dai diversi contributi raccolti in questi giorni di dibattito, tutti concordi sull’urgenza di cambiare paradigma di civiltà.

Leonardo Boff, voce di spicco di questo vertice, ha previsto nei suoi interventi che questo momento arriverà presto. «L’umanità ha una tendenza suicida. – ha detto. Non accetta di cambiare la sua logica, basata sulla massimizzazione dei profitti in barba a tutto il resto, vita inclusa. Finchè questa logica persiste, l’umanità peggiorerà le condizioni di vita sulla Terra. Ma arriverà il momento in cui, capiremo che per sopravvivere dobbiamo cambiare. Cambiare o morire».