Il tramonto del discernimento e l’alternativa della magia

di Cettina Centonze
da www.italialaica.it

In questi ultimi quindici anni… si è manifestata l’involuzione della democrazia, della cultura, del discernimento.

Certamente vi sono stati altri momenti epocali di crisi nel corso dei millenni: a questo proposito non posso fare a meno di citare la canzone di Dante (forse sarebbe necessario aggiungere Alighieri, vista la condizione in cui è stata condotta la scuola italiana) “Tre donne intorno al cor” in cui egli rappresenta allegoricamente la giustizia divina, la giustizia umana e la legge che, al poeta, amareggiato dal loro declinare, rivelano che esse ritorneranno a trionfare anche se a lui non sarà dato, a causa del breve percorso della vita sua ed umana in generale, di vedere tale rinascita.

In nome di questa speranza e profezia io scrivo: oggi dunque sconfitte sono la democrazia a causa di Berlusconi e della quasi totalità dei mezzi di informazione che da lui dipende, dei suoi interessati lacché, delle mafie, tra cui non ultima Comunione e Liberazione- e di tutti coloro, insomma, a cui il suo non governo permette ampio spazio di azione nel creare sempre nuove consorterie di privilegi e privilegiati, enclave di pseudo identità e, di conseguenza, steccati di contrapposizioni rabbiose.

Per quanto riguarda la cultura, sia in senso antropologico sia nel significato più comune, la sua crisi scaturisce da una mentalità impregnata di pregiudizi, di cliché e di intolleranza, di disumanità verso i bisogni sia primari che transpersonali, tradotta a livello pratico nelle leggi a favore delle scuole private, nel continuo disprezzo della classe insegnante, nel comportamento insultante nei confronti delle finalità del proprio dicastero da parte della Gelmini in persona.

Della crisi del discernimento, termine che ho utilizzato di proposito a sostituire quello di “ragione” poiché questo si presta ad ambiguità, responsabile è la curia romana e Ratzinger personalmente.

La volontà, nemmeno larvata, è quella di scardinare l’ispirazione del concilio Vaticano II in cui Giovanni XXIII invitava apertamente ad aprirsi alla modernità utilizzando ogni scienza e disciplina per una più completa comprensione dell’uomo. Cassare il concilio è stata la parola d’ordine circolata nei corridoi della curia romana già ai tempi del precedente pontefice e che questi non ha contraddetto. Anzi alla luce del discernimento, spente le luci della ribalta, egli appare oggi come un idolatra al servizio della civiltà dell’immagine, debole nel gestire i volponi della curia romana, rassegnato, malato, vecchio, stanco, forse – glielo auguro – in buona fede.

Da cinque anni a questa parte l’affossamento del concilio Vaticano II si è dispiegato apertamente nell’azione dell’attuale pontefice: uomo da biblioteca, mostra di essere capace di riconoscersi soltanto in una rappresentazione immobile del mondo; ma questo attaccamento a quella univoca rappresentazione, oltre a contraddire la varietà del creato, rivela la fragilità della sua antropologia e persino della sua cultura.

Come le mafie, gli enclave, la mistica dell’identità, l’intolleranza, lo scardinamento della scuola pubblica denunciano un mondo prepotente, ma spaventato di fronte al nuovo, all’alternativa, a modi altri, a forme non discriminanti, così Ratzinger e la Sua chiesa hanno paura: la paura dell’obsolescenza che altro non è che la paura della vecchiaia e della morte che, infine, è tutt’uno con l’orrore di non esistere.

Da qui la frenesia del voler esserci a tutti i costi, del pestare i piedi per non accettare l’ineluttabile; da qui il tramonto del discernimento inteso non soltanto come mera ragione, ma senso del limite, del buongusto, della misura. Nella frenesia, nel delirio, nel capriccio, al discernimento si pone, come alternativa unica, la magia.

Questa è la strada percorsa dalla chiesa ufficiale e da Ratzinger: la magia bianca (?) si manifesta nelle rassicuranti adunate oceaniche, nelle ostentazioni di cadaveri o di reperti, nella spettacolarizzazione della religione, nell’incoraggiare a specchiarsi in un narcisismo di false sicurezze senza increspare il pelo dell’acqua.

Alcuni anni fa circolava uno slogan pubblicitario: “O miracolo, o miracolo!” E così è stato. Un tempo al grido di “Dio lo vuole”, oggi al grido de “O miracolo!” il cristianesimo di Ratzinger destituisce la Parola , il Verbo del suo significato e delle sue implicazioni di coerenza, va a braccetto – sappiamo che non è la prima o l’unica volta nella sua storia – con chi affossa la democrazia (forma di governo che potrebbe riconoscere almeno in via di principio qualche potenzialità agli “ultimi”), non ammette il fallimento del sistema economico basato sul capitalismo, non onora coloro che tale fallimento ha ridotto al suicidio, alla fame, alla perdita di dignità.

Come ogni empusa che si rispetti va in televisione e dispiega le sue arti che dicono e non dicono, esibiscono e nascondono: plateale e misteriosa.

La curia romana è rassicurata, il sistema è rassicurato.

Rassicurare, infatti, è il fine proprio della magia, mentre quello della fede – cosa lontanissima dalla religione e dalle chiese – è vivere nella sana inquietudine, nell’azzardo della speranza che un mondo umano in cui, senza infingimenti ci si prenda cura gli uni degli altri, sia sempre possibile.

Il cristianesimo divenuto, per sua sventura, religione di Stato per concessione di un impero pagano e di tutti quelli che gli sono venuti dietro, oggi è ridotta ad essere uno status symbol, un ornamento dell’uomo medio, “homo bellus et pusillus” minzoliniano.

Certo permane sempre il rischio che l’apparato magico, prima o poi, non funzioni e che per quanto i telegiornali trasmettano Fatime e misteri qualcuno cominci a sbadigliare o addirittura accada quanto accadde tanto tempo fa quando un albero di fico, avendone abbastanza del rito magico che si svolgeva ai suoi piedi, lanciò un peto.