Le religioni invadono la scuola

di Marcello Vigli
da www.italialaica.it, 20 maggio 2010

A nessuno può sfuggire che la scuola pubblica italiana in questi tempi è investita, attraverso i tagli imposti dalla furia di Tremonti, da un processo di ridimensionamento su cui s’innesta un’offensiva promossa dalla destra berlusconiana ispirata dall’integralismo di Comunione e Liberazione. Tendente quest’ultima a delegittimarne la funzione di sede principale di formazione alla cittadinanza.

Per i clerico leghisti il problema principale sembra essere la presenza del crocefisso nella aule a giudicare dalle reazioni scomposte alla nota Sentenza della Corte di Strasburgo, che l’ha dichiarata illegittima, contro la quale hanno presentato ricorso. Sulla stessa linea i docenti di religione cattolica hanno impugnato, davanti al Consiglio di Stato, la sentenza del Tar del Lazio. Questa aveva ripristinato la legalità nell’attribuzione dei crediti scolastici in sede di scrutinio finale, violata da circolari ministeriali che attribuiscono il diritto di fruirne agli alunni avvalentisi dell’Insegnamento della religione cattolica in violazione della sua facoltatività e del principio di non discriminazione.

Altrettanto estranea alla gravità della situazione sembra, però, l’attenzione dedicata, nelle ultime settimane in diverse sedi, alla proposta di introdurre un insegnamento curricolare del fatto religioso, dal carattere obbligatorio e non confessionale. La proposta, avanzata in un convegno organizzato a Roma dall’Associazione di insegnanti evangelici 31 Ottobre, per una scuola laica e pluralista, è condivisa anche da intellettuali cattolici. Questi sono impegnati a studiarne la possibile ricezione, sulla base di un particolare statuto epistemologico, all’interno di un suo inquadramento europeo, con riferimento ad documento redatto nel 2007 a Toledo (Spagna) da 40 giuristi e pedagogisti sui Principi guida sull’insegnamento delle religioni e delle credenze nelle scuole pubbliche.

In verità il documento, equiparando la dignità del pensiero religioso alle convinzioni non religiose, sembra piuttosto configurarsi come una generalizzazione del nostro insegnamento della filosofia, fin qui limitato ai licei. Più specifica e definita, ma altrettanto improponibile, l’aggiunta di un insegnamento di Storia delle religioni, valido certo come disciplina accademica specialistica, alle tante “storie”, presenti nei programmi delle nostre scuole, in nome di una indimostrata specificità del “fatto” religioso intimamente integrato, invece, con il divenire socio culturale dei diversi popoli. Né l’uno né l’altra possono, comunque, essere imposte come “materia alternativa” obbligatoria, come è stato proposto, perché chi non si non avvale dell’irc, che è costituzionale solo se facoltativo, è in stato di “non obbligo”. Non gli si può imporre nessuna alternativa!

Sulle stesse tematiche si sono paradossalmente cimentati, insieme ad alcuni dei relatori di questo convegno, docenti delle tre università romane in altro incontro su Le religioni vanno a scuola, promosso dalla Facoltà di Lettere e Filosofia e Scienze della Formazione dell’Università di Roma Tre. Il sottotitolo Prospettive professionali delle lauree in Scienze delle religioni rivela la evidente finalità di offrire sbocchi professionali agli studenti, attratti a frequentare i corsi su tematiche religiose proliferati in questi anni in diverse sedi accademiche e funzionali a formare, più che ricercatori scientifici, insegnanti magari per le “attività alternative”. Forse spazio potranno trovarlo se avrà uno sbocco operativo il Protocollo d’Intesa fra il Ministero per l’istruzione e l’Associazione Biblia per la promozione nelle scuole della conoscenza della Bibbia in un’ottica laica, in considerazione che questo testo è una componente essenziale di tutte le culture dell’Occidente.

Con questo richiamo alla laicità, coerente con le finalità di Biblia che si proclama associazione laica, emerge, in verità, il secondo interrogativo posto da tutte queste iniziative e va a inserirsi nelle considerazioni iniziali.

In questo momento di aggressione clericale alla scuola pubblica, di cui si è detto, serve alla laicità della scuola l’attivismo che in sede confessionale e accademica si va sempre più sviluppando per introdurre un secondo canale per la religione nella scuola?

Così fu chiamato oltre vent’anni fa l’insegnamento alternativo alla religione cattolica che sarebbe scaturito se fosse passata l’analoga proposta avanzata da cattolici democratici e intellettuali di sinistra impegnati a “salvarsi l’anima” per non essersi opposti al “vulnus” alla laicità della scuola inferto dal nuovo Concordato craxiano.

Allora gli anticorpi trovarono coagulo nel Comitato Scuola e Costituzione in cui s’impegnarono cittadine/i di ogni orientamento culturale e religioso, marxisti e liberali, cattolici conciliari ed evangelici non fondamentalisti per promuovere una campagna che isolasse l’irc in un ghetto di privilegio facoltativo in attesa di tempi migliori. La “crisi delle ideologie” e l’”invasione islamica”, da un lato, hanno inferto un duro colpo alla cultura della laicità – anche il papa la coltiva a modo suo – e rilanciato, dall’altro, il confessionalismo fra i non cattolici. Per questo, forse, la scuola del prossimo futuro sarà senza soldi e con insegnanti demotivati, ma con il crocefisso nelle aule e tante ore di religione diverse.