Perché gli Stati Uniti hanno criticato l’Italia

di Alexander Stille
da la Repubblica, 25 maggio 2010

La legge sulle intercettazioni telefoniche proposta dal governo Berlusconi trova incomprensione e di condanna negli Stati Uniti. La legge non convince, perché contraria alle tradizioni americane, in vari modi.

1) La distinzione che la legge fa tra reati di mafia e terrorismo e altri reati come la corruzione, l’ estorsione e il voto di scambio ignora del tutto la natura di certi crimini, in particolare quelli di mafia. Spesso, i magistrati e poliziotti indagando su crimini apparentemente più lievi scoprono reati molto più gravi, soprattutto nei rapporti tra mafiosi e politici. Chiunque si occupa di mafia sa che il potere speciale del mafioso, che lo distingue dal delinquente comune, consiste nelle relazioni con istituzioni legittime, aziende legali, enti pubblici e uomini politici. Il politico corrotto è l’ interlocutore necessario del mafioso per ottenere appalti e impunità.

2) La soglia di prova proposta dalla nuova legge- chiari indizi di reati commessi dalla persona messa sotto controllo – è molto più stringente di quella presente nella legge americana. (segue dalla copertina) Lo standard americano è «probable cause» cioè non certezza o quasi-certezza, ma una buona probabilità che qualcuno sia coinvolto in attività criminali. Le intercettazioni sono uno strumento di ricerca: se si avevano già in mano tutte le prove non sarebbe necessario usarle.

3) La procedura per ottenere il permesso di intercettare diventa eccessivamente lenta e farraginosa. Il quarto emendamento della Costituzione americana protegge il cittadino dai controlli del governo. Il procuratore o il poliziotto deve andare davanti ad un giudice e dimostrare la necessità di intercettare. Questi permessi, però, possono essere ottenuti nello spazio di poche ore e quindi la legge garantisce, oltre la privacy dell’ individuo, anche la capacità della polizia di agire rapidamente. Con la nuova norma italiana, con il dovere di ottenere il permesso di tre persone diverse, la procedura sarà sicuramente più lenta e più difficile. Come ha osservato Richard Martin, ex-procuratore dell’ ufficio federale di New York ed ex-collaboratore di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino in vari importanti processi di mafia: «In un momento in cui, con la diffusione delle nuove tecnologie, telefoni cellulari, messaggi Sms, e-mail, usate dal crimine organizzato come dal resto della popolazione, sono necessarie risposte più agili, più rapide da parte delle forze dell’ ordine e non è il caso di rendere più lento, più farraginoso e più difficile intercettare».

4) Il divieto, quasi assoluto, di intercettazioni ambientali è fuori dalla realtà. La nuova legge impedirebbe qualsiasi intercettazione ambientale tranne in luoghi dove si commettono i reati. È improbabile che il mafioso ammazzi qualcuno nel salotto di casa propria, ma qui a volte si possono scoprire indizi molto importanti. Diventerebbe illegale l’ intercettazione ambientale al mafioso Giuseppe Guttadauro, il quale al momento di scoprire la cimice della polizia ha esclamato: «Allora aveva ragione Totò Cuffaro!», indicando, evidentemente, che era stato avvertito dall’ allora governatore della Sicilia di essere sotto controllo. Nello stesso modo non sapremo nulla della strategia politica di Guttadauro, che diceva: «Berlusconi, per risolvere i suoi problemi deve risolvere i nostri».

5) Negli Stati Uniti si ha la netta sensazione che la nuova legge sia stata pensata non per proteggere il popolo italiano, ma solamente la classe politica. Già la legge italiana tratta in maniera differente i politici rispetto ai normali cittadini: forme di immunità parlamentare; l’ obbligo di un permesso particolare prima di intercettare un membro del Parlamento; il fatto che intercettazioni di parlamentari avvenute per caso – cioè quando un parlamentare parla con un soggetto criminale – non possono essere usate. Aggiungere barriere ulteriori per indagare sui politici, in un momento in cui la corruzione sta dilagando, manda il segnale sbagliato: che la casta non si tocca, si autoprotegge con qualsiasi mezzo. «La corruzione è il crimine più deleterio nelle democrazie», dice Martin, «distrugge la fiducia che i cittadini hanno nel sistema. Davanti a casi diffusi di corruzione il cittadino si sente autorizzato a non dare informazioni alla polizia e a non pagare le tasse». Tutto ciò sarebbe totalmente anti-costituzionale negli Stati Uniti. Il politico, dal punto di vista giuridico, è in una posizione identica rispetto al cittadino normale. Anzi, per certi versi, è più esposto alla legge. In casi di diffamazione, il politico ha meno protezioni e una privacy minore, proprio perché il sistema americano vuole incoraggiare il dibattito aperto, con critiche aspre e indagini approfondite, sui pubblici ufficiali.

E qui arriviamo all’ ultimo punto: il divieto di pubblicare le intercettazioni. 6) Il sistema americano si basa sul presupposto che «il sole è il migliore disinfettante» cioè che misfatti muoiono più facilmente sotto la luce del sole. Negli anni Settanta, il New York Times pubblicò i cosiddetti Pentagon Papers, cioè documenti segreti sulla gestione della guerra in Vietnam. Il governo del Presidente Richard Nixon tentò per vie legali di fermare la pubblicazione. Una corte americana diede ragione al giornale dicendo che un governo non può censurare preventivamente fatti di chiaro interesse pubblico. Molte delle intercettazioni pubblicate in Italia non sono frutto di violazione del segreto istruttorio. Anzi, sono documenti pubblici introdotti durante la fase pre-processuale di un’ indagine. Ci sono molte istanze dove, per ragioni tecniche, certe prove non finiscono in un processo ma hanno un chiaro valore informativo. Se un politico parla al telefono con un mafioso o con un appaltatore corrotto, per esempio, può essere che non sia un reato in sé, ma il cittadino normale ha un chiaro interesse nel sapere se un suo rappresentante abbia frequentazioni pericolose.

I tribunali giustamente emettono giudizi molto tecnici, ma il cittadino ha anche il diritto di essere informato, di trarre i propri giudizi e anche di dissentire dalle sentenze dei giudici. Per esempio, il “caso Saccà” – le conversazioni intercettate tra il primo ministro Silvio Berlusconi e Agostino Saccà, in cui Berlusconi chiede una serie di favori dal capo della Rai Fiction – è stato archiviato. Un giudice ha deciso che non c’ era corruzione, che si trattava solo di malcostume e non di un reato. Con la legge ora all’ esame del Parlamento, queste intercettazioni sarebbero state bloccate in tre modi. Primo, quasi sicuramente il magistrato non avrebbe avuto il permesso di autorizzare intercettazioni su un fatto di “mera” corruzione; secondo, Berlusconi sarebbe stato informato subito di essere sotto indagine; terzo, non essendoci stato un processo, anche se ci fossero le intercettazioni, non sarebbero pubblicabili. Ma queste conversazioni, insieme a migliaia di altre, ci spiegano come è gestito il potere, come è governata l’ Italia. Sono cose che abbiamo il diritto di sapere.