Sono un nero che per sembrare italiano cammina con le gambe in su

di Cleophas Adrien Dioma
da http://domani.arcoiris.tv, 20 maggio 2010

Se sono di destra? Non lo so. Forse. So che non mi sono mai fatto la domanda. Mai. Forse perché in questo momento alla fine ha poco senso per me. Forse perché la mia storia politica non mi lega a nessun tipo di orientazione politica. Alzare la mano e dire quello che si pensa non so se questo abbia un colore politico. Mi ricordo qualche volta che sono nato in questo posto con la terra rossa, la polvere e il caldo terribile. Tra persone che volevano essere onesti. Integri. Sono cresciuto in una casa con un madre già diversa. Donna in una società maschilista, tradizionalista, aveva già imparato a dire no e a fare quello che per lei era giusto. Mi ricordo dei conflitti. I suoi conflitti. con la società e con se stessa. Con me.

Tra il figlio amato e il maschio odiato. Io sono cresciuto lottando per essere maschio tra tre donne. Sono nato in questa terra rossa che ha visto nascere Thomas Sankara. Sono cresciuto con i suoi discorsi. Capivo poco di quello che diceva. Ma ero li. Gli occhi aperti a bere tutto quello che usciva dalla sua bocca. I libri sono stati i miei compagni di viaggio. Ho letto tanto, chiuso nella mia camera, cercando delle risposte a tutte queste domande che mi faceva il mondo. Libri bianchi, libri neri, libri gialli. Libri senza colori. Libri scritti da persone che avevano diversi colori. Le pagine erano bianche e gli scritti neri.

Io non vedevo il colore. Avevo l’impressione che questo mondo non mi appartenesse. Non sono di qui. Sono andato via con la borsa piccola e il sogno grande. Dimenticare il tempo passato. Forse avevo voglia di fare soldi. Tanti. Forse. Quando si parte non si mai cosa si cerca. Forse l’amore dell’altro. La mano tesa. La possibilità di sorridere. Dico sempre che non pensavo di trovare italiani in questa mia nuova terra. Ma persone. Uomini e donne. Persone con la quale potere parlare. Poi ho scoperto che erano italiani. Con la loro cultura, la loro storia. La loro lingua. Ho lottato per potere essere uno di loro. Ricordandomi quello che mi diceva mia madre: “se vai in un posto dove la gente cammina sulle mani, devi imparare anche tu a camminare sulle mani”. Mi sono fatto male imparando. Solo, qualche volta disperato. Ma non ho mai barato.

I piccoli camminano con i grandi che gli tengono la mano. Ho imparato da solo. Sono scivolato tanto. Ho ancora le cicatrice dentro questo corpo che qualche volta vedo nero. E qualche volta la notte solo nella mia camera mi tornano i fantasmi. In dodici anni ho imparato una lingua. La storia di un paese. Ho conosciuto e ho integrato dentro di me una cultura. Ho vissuto cercando di camminare sulle mani. Ho camminato sulle mani. Sono arrivato alla scrittura nella disperazione di questa vita senza senso. Questo foglio bianco, li su quel tavolo mi ha sempre chiamato. E con lui sono riuscito a parlare con il mondo.

Questo sono io. Guardatemi. Sono io. Ho amato. Pianto. Odiato. Sono. E quando c’era la necessita di alzare la mano. L’ho sempre alzata. Parlando. Non mi sono mai tirato indietro. Dicendo quello che pensavo. Qualche volta sbagliando. Tante volte. Ma chi non cammina non scivola. E cadere e molto umano. Non so se camminare, alzare la mano e dire quello che si pensa sia di destra. Non so se avere voglia di partecipare al dibattito politico con un punto di diverso sia di destra. Non sono domande che mi faccio. So soltanto che il ragazzo che cerca sempre di sorridere a questa vita tendendo la mano è lo stesso che era sempre chiuso in quella camera con tanti libri, che piangeva la notte nel muro dei pianti a Foggia raccogliendo pomodori.

È lo stesso che camminava a Parma sempre con lo zaino alle spalle perché non aveva nessuno posto dove dormire. È lo stesso che scrive, organizza. È lo stesso che ha avuto la fortuna di fare l’educatore in quel centro aggregativo bellissimo che si chiama Samarcanda. È lo stesso che vedrete con qualche amici a fare aperitivi su queste strade parmigiane. È lo stesso che torna la sera a casa, chiedendosi nella sua camera davanti allo specchio se ha ancora senso fare tutto questo. Allora rispondo: sono Cleophas Adrien Dioma e non sono ne di destra e ne di sinistra. Ho solo voglia di camminare, sognando di essere me stesso. Solo questo. Questa è la mia vita.