Sostienimi così, a scatola chiusa

di Marzia Cangiano
da www.womenews.net, 3 giugno 2010

“Nessuna donna dovrà più abortire in Lombardia a causa delle difficoltà economiche”: così Roberto Formigoni, governatore della regione Lombardia, che ha pensato di erogare un bonus di 4.500 euro – 250 euro mensili per 18 mesi – ad ogni donna che deciderà di non abortire pur vertendo in condizioni economiche svantaggiose.

“Lo sforzo della Giunta – sottolinea Giulio Boscagli, assessore regionale alla famiglia- è tanto più significativo in quanto cade in un momento in cui la forte instabilità economica e sociale si può ripercuotere, più che in altri periodi, sulla scelta di molte donne di procrastinare o interrompere una gravidanza”.

Iniziamo allora dalle scelte che molte donne sono costrette a procrastinare o interrompere in questo momento più che in altri, partendo dalla donna studente e arrivando alla donna madre senza dimenticare la donna lavoratrice.

Molte sono le donne –come molti sono anche gli uomini, ma giacché qui si finge di voler sposare la causa femminile, è bene concentrarsi solo su questa; dicevamo, molte sono le donne che per motivi economici sono costrette ad interrompere il proprio percorso di studi all’università se non alla fine delle scuole superiori.
Tale scelta, converrete, non può non avere affetti sull’avvenire di colei che è costretta a piegarsi alle leggi del dio denaro: dalla scelta del lavoro -sempre più lontano dalle inclinazioni personali e sempre più asservito alle occasioni del momento-, al tenore di vita -che sarà proporzionale al lavoro che si è dovuto scegliere-, all’intera vita emotiva, costantemente minacciata dallo stato di frustrazione dato dal convivere con un lavoro del quale ci si è dovute accontentare.

Non è raro poi trovare donne che sono state costrette a procrastinare o interrompere una propria passione (danza, pianoforte, teatro …) perché rivelatasi economicamente insostenibile. Altra mortificazione delle proprie inclinazioni personali e avanti nel disperato tentativo di assicurarsi un futuro decente o, quantomeno, migliore del presente.

Ed è qui, in questo preciso momento, che si delinea l’inutilità di tanti sforzi e tante rinunce. Difatti, per chi ha avuto la possibilità di proseguire gli studi fino alla laurea a questo punto inizierà la giungla del cerco lavoro. Un inferno che non siamo sicure sia diretta conseguenza di questo momento di forte instabilità economica e sociale!

La percentuale di occupazione femminile in Italia è un dato facilmente trascurabile, potremmo tranquillamente ritenerlo inesistente se si pensa –se si conoscessero!!!- agli svariati ostacoli che una donna incontra durante il tragitto che va dall’università al primo impiego.
Ma il più grande tra questi – ironia della sorte! – è proprio la maternità! In sede di colloquio di lavoro – o colloquio conoscitivo, come si suole denominarlo ultimamente – c’è sempre lo spettro della gravidanza che aleggia sulle teste degli esaminatori, quando questi si trovano al cospetto di una donna.

Le rituali domande sulle competenze e/o pregresse esperienze dell’altra non valgono che 5 minuti di colloquio, il resto del tempo lo si dedica ad indagare la vita sentimentale di questa e le sue eventuali ambizioni di divenire un giorno sposa o, peggio ancora, madre. Nel dubbio si preferisce tamponare con contratti part time, a tempo, a progetto, di collaborazione, ecc.. nascondendo il tutto dietro il fortuito paravento della crisi.

Questo aspetto assai poco trascurabile va ad investirne un altro inspiegabilmente trascurato, quello del Matrimonio, non qui inteso nella sua dimensione sacramentale, bensì come momento di emancipazione: quel tanto agognato passaggio dallo stato di figlio di famiglia a quello di capofamiglia.
Emancipazione sociale, economica, psicologica, resa impossibile dal fatto che la crisi economica c’è davvero e ne sono prova tutti gli uomini costretti anch’essi a lavorare a tempo, a progetto, a ore, a mesi.

Paradossalmente però, tra cotanta disperazione, si è ritenuto di dover mettere al sicuro solo le future madri, non già di risolvere la questione a monte: non ci si è chiesti come mai sempre più donne vertano in condizioni economiche tali da non poter far fronte ai costi di una nuova vita; non si è pensato di sostenerle quando, ancora lontane dall’essere madri, sono costrette a scegliere tra passioni e studio o tra studio e lavoro, anzi, si è creduto di potersi sbarazzare del problema loro per primi, proponendo un sostegno irrisorio, talmente irrisorio da suonare umiliante.

Ma, come chiosa saggiamente Capriccioli, “quando quei 4.500 euro saranno disponibili anche per tutte quelle donne -e sono tante-, allora se ne andrà via la sgradevole sensazione che si tratti di un contributo a fondo perduto finalizzato ad incentivare l’interpretazione femminile più gradita agli integralisti. Quella della scatola.”