QUELLE PAROLE CHE GRONDANO SANGUE

di Adriano Prosperi
da www.repubblica.it, 23 giugno 2010

Mussolini? Un leader, con gli altri, tra gli altri. Così appare in mezzo a un’insalata mista di statisti italiani e di papi nella traccia più politica fra tutte quelle proposte agli esami di maturità. La traccia ha il tema conduttore del “ruolo dei giovani nella storia e nella politica”. E introduce brani di discorsi sotto il titolo “Parlano i leader”. Che cosa è un leader, il vocabolario Zingarelli che ho sott’occhio lo spiega così: “Capo di un partito o di un movimento politico di indiscusso prestigio”. Indiscusso il prestigio di Mussolini? La traccia è completata da una frase fra tutte celebre, più di tutte esecrabile nella storia di un regime nato da un delitto: è quella tratta dal discorso pronunciato da Mussolini il 3 gennaio 1925 alla Camera. Questo è il discorso del leader proposto alla riflessione e all’ammirazione dei giovani. E’ proprio quello della pagina più cupa e più truce della storia italiana: la rivendicazione della responsabilità personale di Mussolini nell’assassinio di Matteotti. Fu il discorso di un capobanda, di colui che si dichiarò capo di un’organizzazione a delinquere.

Questo e non altro dicono le frasi selezionate dagli esperti del ministero. Ora, se questo è un leader di indiscusso prestigio, è inevitabile che dalla memoria del paese e dalle menti dei suoi giovani scompaia l’ombra nobilissima di Matteotti. Il suo nome evocava finora una delle presenze più sacre della storia e della politica italiana del ‘900. Quel nome riassumeva da solo le virtù politiche del leader degno di essere ammirato e ricordato in un paese dove le regole democratiche sono state reintrodotte solo al termine di un conflitto mondiale, al prezzo di infiniti sacrifici e dolori, riemergendo a fatica dall’abisso della vergogna e della corruzione di ogni ordine civile. Se ha senso l’esistenza di una scuola pubblica come palestra di trasmissione di valori e formazione di una maturità civile e politica, il nome di Matteotti è quello che emerge dal bilancio storico del ‘900 italiano come il più degno in assoluto di essere ricordato: ci sono frasi del suo discorso parlamentare che sono scolpite nei luoghi di memoria del paese e che gli garantiscono l’indiscusso ruolo di vero leader nella nostra storia politica. Su testi come quelli i giovani possono imparare a esercitare i loro diritti e doveri di cittadini nella repubblica democratica e costituzionale dove credevamo di vivere. In tempi in cui la corruzione degli ordinamenti pubblici e dei comportamenti privati deprime ogni voglia di partecipazione onesta alla cosa pubblica, si dovrebbe riproporre alla conoscenza delle giovani generazioni non l’assassino ma l’assassinato.

La pagina scritta da questa proposta rappresenta un salto di qualità nella storia della scuola pubblica italiana di cui sarebbe sbagliato non registrare l’importanza. Abbiamo lamentato finora che a questa scuola sia stato imposto un regime di tagli tali da avvilire in tutte le forme la figura dell’insegnante e da far sbiadire l’offerta della scuola pubblica come luogo germinale della coscienza civile. Ma oggi per la prima volta è stata data una sterzata netta immettendo tra i modelli di testi su cui da oggi in poi si eserciteranno preventivamente i candidati all’esame di maturità il più ignobile tra tutti i documenti della nostra storia.
Nelle tracce di storia si accosta un brano di Primo Levi a una domanda di riflessione storica sulla vicenda delle foibe. Si tratta di una proposta che si presenta sotto il segno di una complicata bilancia politica: su di un piatto la violenza dei lager nazisti, sull’altro la violenza dei partigiani comunisti. Che poi si possa fare un ottimo lavoro seguendo sul serio la traccia delle foibe è un altro discorso: sappiamo infatti quanto lavoro sia stato fatto dagli esperti su questo tema, seguendo sui tempi lunghi il filo conduttore della tragica storia dei nazionalismi scatenati al confine orientale d’Italia con la fine dell’Austria imperiale.

La letteratura sull’argomento è ricchissima: ma i nomi di studiosi come Enzo Collotti, Gianni Oliva, Joze Pirjevec (a sua cura il recentissimo Foibe, Einaudi 2009) sono rimasti al di fuori del mondo della scuola per la povertà delle biblioteche scolastiche e per la cancellazione di ogni forma di aggiornamento dei docenti: e forse sono ignorati dagli esperti anche perché sospetti di essere di sinistra. Di fatto la ricerca di un velo bi-partigiano e ambidestro qual è quello che copre le due tracce non è certo un “rappresentare tutta l’Italia”. Misera Italia quella a cui si dà in pasto alla sinistra una pagina purchessia col nome del grandissimo, asciutto e severo testimone della Shoah; e si dà alla destra un colpo di grancassa sul tema che da tempo è il cavallo della propaganda contro gli eterni “comunisti” della maniacale ossessione berlusconiana.