OTTO PER MILLE TEST DI LAICITÀ

di Marcello Vigli
da www.italialaica.it

La scadenza dell’otto per mille è, da tempo, occasione per confrontarsi sul modo d’intendere la laicità nel nostro Paese e ci offre l’occasione per tornare a riflettere sul nesso fra questa e il finanziamento alle chiese.

Per molti cattolici, la scelta di non indicare la Cei come destinataria della loro opzione sulla dichiarazione dei redditi, ha costituito e costituisce, indubbiamente, una inequivocabile forma di assunzione di responsabilità e di autonomia. Molti di loro lo dichiarano apertamente impegnandosi, alcuni, a promuovere la scelta a favore di altre confessioni religiose e in particolare della Tavola valdese, che rappresenta la Chiesa evangelica valdese e metodista. Dichiarano di preferirla allo Stato, motivando la loro scelta, e non senza una qualche ragione, con l’inaffidabilità dei governi ai quali la legge attribuisce un’ampia discrezionalità nella destinazione delle risorse di loro competenza. Il governo, infatti, della sua quota fa spesso un uso improprio, la distribuisce, cioè, di nuovo alle iniziative più diverse del mondo cattolico.

Per mascherare, infatti, il nuovo sistema di finanziamento diretto della Chiesa cattolica, da parte dello stato, si creò un’assurda equiparazione fra istituzioni private, quali sono le chiese, e il governo della Repubblica. Sta emergendo in questi giorni la responsabilità di Giulio Tremonti, all’epoca trentasettenne consigliere economico di Craxi, nel 1984; ma in verità è stato uno degli esiti della scelta craxiana di ripristinare formalmente, nell’Italia repubblicana, l’alleanza fra trono e altare, fra Stato e Chiesa, recuperata dal fascismo dopo le rotture risorgimentali.

A questa decisione di non consentire che la quota dell’otto per mille dell’Irpef, sulla quale non erano state espresse delle scelte, restasse all’interno della normale gestione fiscale, si è aggiunta la norma che ne prevede la ridistribuzione fra i soggetti a favore dei quali sono state operate scelte, in misura proporzionale ad esse. Si sono privati così i cittadini contribuenti di rifiutarsi di scegliere, perché altri avrebbero scelto per loro! All’interno di questa gabbia i cattolici “disobbedienti”, che rifiutano sia l’opzione per la Chiesa cattolica sia l’alternativa costituita dal Presidente del Consiglio in carica, pensano che resti solo l’opzione per un’altra confessione religiosa. Questa opinione, nutrita in parte da una vecchia tendenza antistatalista propria della cultura cattolica più tradizionale, si sta diffondendo anche fra i cittadini non cattolici.

Sul “Fatto Quotidiano” dell’8 giugno, Paolo Flores D’Arcais, rispondendo alla domanda Otto per mille: a chi? da lui stesso formulata, scrive che: sarebbe un bel segnale di civiltà se sul Web si scatenasse una campagna “dal basso” per invitare tutti i democratici a firmare per i valdesi…Abbiamo visto che firmare per lo Stato, anziché per la Cei, è come cadere dalla padella nella brace…C’è, però già la possibilità, per quanto possa suonare paradossale, di combattere il clericalismo con la religione.

Il ricorso al paradosso evita di misurarsi con la tendenza sempre più diffusa di arrendersi all’ormai vecchio adagio solo un Dio ci può salvare. Ne ho scritto su queste colonne a proposito della proposta di contribuire alla riduzione del deficit culturale della scuola pubblica con l’introduzione di uno specifico insegnamento, “laico”, della religione. Ben più grave è, però, questa “paradossale” proposta. Essa mina alla radice il principio democratico che attribuisce la funzione di destinare le risorse finanziarie, costituite con il pagamento delle imposte, non già a gruppi di cittadini, per di più solo se dotati di un “reddito” che li fa “contribuenti”, ma solo al Parlamento o ad altri organi elettivi. Se questi ne fanno cattivo uso, lasciandone la discrezionalità agli organi esecutivi, bisogna cambiare la legge che lo stabilisce, ma nel frattempo, non essendo stata lasciata l’obiezione di coscienza, la si interpreta secondo i principi della democrazia e non seguendo criteri fondati sulla speranza che si possa vincere il clericalismo istituzionale cattolico affidandosi a funzionari di altre confessioni.

E’ a tutti noto che all’indomani della”invenzione” del meccanismo perverso dell’otto per mille, la Tavola valdese rifiutò di parteciparne, non consentendo che fosse inserita nell’intesa con lo Stato firmata nel 1984. In un secondo momento, superando una significativa opposizione interna, chiese di esser ammessa come destinataria delle scelte dei contribuenti e solo recentemente ha chiesto ed ottenuto di partecipare della spartizione delle quote non destinate. Si fa quindi torto alla parte più autentica di quella chiesa se la si usa come strumento di tattica politica, per di più per una battaglia che nega la laicità delle pubbliche istituzioni per la quale molti valdesi si sono battuti e si battono.