Fingere che le persone con disabilità non esistano

di Angelica Bertellini

Dalla newsletter n. 23 di Articolo3, osservatorio sulle discriminazioni (Mantova) riprendiamo una nota sui tagli della manovra finanziaria che di fatto tendono a trasformare le persone disabili in persone sane: “far finta di essere sani”, cantava Giorgio Gaber…

Le decisioni del Governo in materia di economia non sono argomento di discussione dell’Osservatorio, sempre che queste – al pari di altre decisioni, norme, atti – non vadano a ledere la parità di trattamento. In questi giorni il data base che contiene la rassegna stampa regionale (Lombardia) ci segnala una serie di articoli che parlano dei tagli previsti dalla manovra finanziaria e se compaiono, ossia se vengono selezionati dal gruppo di esperti che abbiamo formato al radar dell’Osservatorio, un motivo c’è. Occorre capire di che cosa si parla.

Uno degli interventi previsti dal Governo consiste nell’innalzamento della percentuale di invalidità che dà diritto all’assegno mensile di € 255,13 corrisposto alle sole persone che non superano il reddito annuale personale di 7.500 euro per lavoro dipendente, o 4.500 euro per lavoro autonomo, cioè a chi non riesce neppure a mantenersi, perché significa guadagnare non più di 625 euro al mese, vergognosamente lordi.

Dunque, stando alla finanziaria, non si tratta di “toccare” le già misere pensioni, questo no, si tratta di trasformare le persone disabili in persone sane. Se la manovra sarà approvata, la percentuale di invalidità richiesta per avere accesso all’assegno passerà dall’attuale 74% all’85%. Quindi? Se oggi ti presenti alla commissione medica e questa ti giudica persona con una “incapacità lavorativa” quantificabile in una disabilità dell’80% (guardate che è altuccia, un bel guaio!), allora sei ufficialmente disabile, è confermato: se non lavori hai diritto ad una mano, puoi iscriverti alle liste del collocamento obbligatorio, sei esente dai ticket, ecc. Se invece ti sottoponi alla commissione tra qualche mese…magia! Non sei più disabile, o almeno non così tanto da avere diritto ad un aiuto economico.

“C’è bisogno di un’azione forte contro i falsi invalidi, che privano di risorse le persone che ne hanno veramente diritto”, dicono dal Ministero competente, e tutti non possono che essere d’accordo, ma che c’entra questo con la decisione di alzare la percentuale?

Io sono disabile, mi è stata riconosciuta un’invalidità del 75% diversi anni fa; non solo, siccome sono portatrice di una malattia genetica, dopo il primo controllo (a quattro anni dalla certificazione della Commissione) sono stata esentata da tutte le verifiche periodiche, proprio perché si tratta di una patologia non destinata al miglioramento. Eppure, nonostante questo, lo scorso anno sono rientrata nel piano straordinario di controllo per combattere i falsi invalidi. La visita non si è tenuta presso l’ospedale di residenza, sede della commissione che mi aveva certificata, ma presso quello del capoluogo di provincia, molto più lontano. In sala d’attesa c’erano davvero tante persone, tutte piuttosto risentite. Ricordo bene una donna, su sedia a rotelle, con i tubicini dell’ossigeno al naso, accompagnata dal marito. Quando sono entrata i medici hanno visionato la mia cartella clinica, confrontandola col materiale archiviato (pensavo: “Quante persone sanno così tanto di me? Il mio gruppo sanguigno, le parti del mio corpo su cui si è dovuto intervenire, le mie condizioni e i ‘dati sensibili’ dei miei famigliari, a che età ho avuto il menarca, le ipotesi sul mio futuro…”). L’incontro è stato breve, si sono persino scusati per le disposizioni che si trovavano costretti ad eseguire. Ho chiesto quale sarebbe stato il passaggio successivo, ma non mi hanno saputo rispondere: neppure loro sapevano se l’INPS avrebbe comunicato l’esito della verifica. Non importa, certo, la risposta sarà sempre e comunque quella: non sono guarita e non guarirò mai.

Mi pare importante precisare alcune cose che nel nostro Paese si dovrebbero portare a conoscenza di tutti, perché la questione degli invalidi e dei “falsi invalidi” è nota più per luoghi comuni che per verità. Quando si soffre di una patologia cronica il medico di base suggerisce di inoltrare richiesta di invalidità per poter usufruire di quelle che si chiamano “pari opportunità”, come dice la seconda parte dell’articolo 3 della nostra Costituzione. In pratica, in base alla percentuale di disabilità riconosciuta, si possono avere delle esenzioni, degli sgravi fiscali, degli ausili meccanici ed altre agevolazioni, come la possibilità di iscriversi alle liste per il collocamento obbligatorio, fino all’assegno di cui abbiamo accennato ed oltre, ossia al contributo di accompagnamento. L’iter non è semplice e neppure veloce. Tutta la documentazione sanitaria viene presentata all’ufficio ASL competente accompagnata da una relazione del medico di base, che deve conoscere approfonditamente il caso. Dopo mesi si viene convocati per incontrare un gruppo di medici di diverse discipline. Questi procedono con una visita e con l’analisi della cartella clinica. La loro relazione e tutto il materiale vengono poi inviati ad un’altra Commissione, che non vede il paziente, e quindi sarà in qualche modo svincolata dalla componente empatica e relazionale, proprio per garantire il massimo dell’obiettività. La sintesi di queste due analisi si traduce nella “percentuale di inabilità” che verrà poi messa a verbale. Lo Stato ha attuato da tempo una verifica ad ampio raggio, ma dei risultati abbiamo appreso poche notizie dai giornali, ossia che effettivamente ci sono delle persone che hanno commesso una truffa. Non sappiamo null’altro e a me invece interesserebbe sapere che cosa si è deciso di fare nei confronti dei medici che hanno certificato quelle truffe, perché se ci sono dei falsi invalidi, ad essi devono corrispondere anche dei medici e dei funzionari compiacenti. Chi sono? Quanti? Dove? A quanto ammonta il danno che tutte e tutti noi abbiamo subito e come rientreremo in possesso di quei soldi? Questo penso dovrebbe essere argomento di finanziaria.

Privare le persone con disabilità e, importante aggiungerlo, quasi senza reddito, di un sussidio già minimo è una cosa grave. Pensate anche alle risorse economiche destinate alle politiche in favore delle persone con disabilità. Se diminuisce ‘ufficialmente’ il numero delle persone con disabilità, ne seguirà un calo degli investimenti in tanti settori: diminuiranno le assunzioni di insegnanti di sostegno, i fondi per l’inserimento lavorativo, i contribuiti per gli alloggi e quelli riservati ai progetti di assistenza. Nel lungo periodo dovremo prendere atto anche di un altro effetto legato alla ricerca scientifica: se la casistica relativa all’incidenza di una patologia si abbasserà, se una malattia diverrà formalmente non invalidante, questa verrà inesorabilmente lasciata indietro in favore di altre necessità più contingenti. L’elenco dei danni è qui solo parziale, ma in sostanza questo sarà il vero risultato della manovra finanziaria, che impoverirà ulteriormente un welfare insufficiente e deficitario anche nella prassi burocratica. Non è ignorabile neppure un altro aspetto: il riconoscimento dello stato di invalidità è l’indispensabile documento per l’accesso alle pari opportunità, gli strumenti necessari ad una vita dignitosa. Decidere di sottoporsi ad una Commissione non è facile, né gradevole, ma va fatto. Dunque, cambiare le regole e i canoni stabiliti, decidendo in modo arbitrario, sulla carta, di cambiare numeri e percentuali come se niente fosse, e spacciarli pure per un modo indolore di risparmiare “senza mettere le mani in tasca” è una violazione dei diritti. Io non sono una percentuale, ma senza dubbio questa è una parte di me, e mi ha permesso tante cose, tra cui di accedere al lavoro. Penso a chi, come me, è disabile, ma che ancora deve essere riconosciuto dallo Stato come tale: lei o lui purtroppo sa già benissimo di esserlo, magari ha gli stessi problemi miei e per questo riceverà lo stesso indice del 75%, ma a differenza di me domani potrebbe sentirsi rispondere che non ha diritto ad alcun supporto. Dove sarei adesso io senza quella percentuale?

La volontà che emerge da questi propositi mi sembra chiara: fingere che le persone con disabilità non esistano. Mi ha profondamente turbata l’affermazione del ministro Tremonti – e non mi importa se questa sua riflessione avesse a che fare con i dubbi che ha sul numero esatto di persone con vere disabilità presenti in Italia – che anziché pensare a come dare attuazione alla Costituzione, colmando di dignità, riconoscimento e parità le vite di tante persone, ha dichiarato: «Questo è un Paese che ha 2 milioni e 7 di invalidi; 2,7 milioni di invalidi pone la questione se un Paese così può essere ancora competitivo». Io mi domando se invece può esserlo un Paese che mi considera una voce di bilancio da limare.