EUTANASIA, TESTAMENTO BIOLOGICO, DIRITTO DI MORIRE CON DIGNITÀ

di Giampietro Sestini (*)
da www.liberauscita.it

1. Eutanasia uguale omicidio?

I due termini non solo non sono equiparabili, ma hanno significati contrari.

Eutanasia, secondo l’etimologia della parola ed il vocabolario italiano, significa “buona morte”. E una “buona morte” è quella che ogni persona vorrebbe, almeno per sé stessa.

Omicidio significa invece arrecare la morte ad una persona contro la sua volontà, ossia “cattiva morte”.

Ergo: chi è favorevole all’eutanasia è contrario all’omicidio, e viceversa.

2. Se non si blocca per legge la possibilità di rifiutare l’idratazione e l’alimentazione forzata, tali trattamenti verrebbero sospesi a tutti, anche a coloro che li vorrebbero.

Falso. Se non venisse approvata alcuna legge sulle dichiarazioni anticipate di volontà, continuerebbero ad aver valore le leggi esistenti, a cominciare dall’art. 32 della Costituzione: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Ogni persona, oggi, ha il diritto di accettare o rifiutare – sulla base di adeguate informazioni – i trattamenti proposti dai sanitari, così come ribadito nelle varie sentenze della Magistratura, a cominciare dalla Corte di Cassazione.

È per questo motivo che la Chiesa cattolica, dapprima contraria a regolamentare per legge il testamento biologico, dopo la sentenza della Cassazione su Eluana ha cambiato opinione, ed ora vorrebbe la legge per negare alle persone il diritto di rifiutare l’idratazione e l’alimentazione forzata.

3. La sentenza della Cassazione che ha autorizzato il distacco della spina per Eluana non è legittima perchè la volontà di Eluana non risulta da alcun atto scritto.

Si tratta di una affermazione infondata, in quanto le sentenze sono notoriamente emesse alla fine di una istruttoria basata su una serie di documenti, di fatti e di testimonianze e non solo di atti scritti. Appare inoltre singolare che chi sostiene la necessità di atti scritti sostiene contemporaneamente la loro invalidità qualora contengano il rifiuto dei trattamenti di alimentazione e idratazione forzata.

4. Eluana doveva continuare a vivere sino alla sua morte “naturale”.

A prescindere dal fatto che Eluana è morta “naturalmente” 17 anni fa e da allora è stata tenuta “innaturalmente” in vita tramite macchinari che non esistevano né al tempo di Gesù né per i duemila anni successivi, chi decide cosa si intende per morte “naturale”? La legge? La filosofia? La scienza? I medici? I magistrati? I parenti? La Chiesa? E quale Chiesa: quella cattolica o quella in cui si crede? O spetta invece alla singola persona, in base alla propria concezione della vita, della morte e della dignità, decidere a che punto la sua vita non è più “naturale” e diventa invece una tortura?

5. L’alimentazione e l’idratazione artificiale non sono trattamenti “sanitari”, bensì “di sostegno”, come quelli dei neonati.

Soltanto chi non sa cos’è e come si pratica l’idratazione e l’alimentazione artificiale può dire una simile corbelleria, smentita in modo categorico da chi (le associazioni di medici e infermieri), quotidianamente le mette in atto attraverso interventi chirurgici e macchinari.

A parte l’enorme diversità fra l’alimentazione forzata e l’allattamento, resta un fatto: il bambino appena nato vuole essere alimentato, e piange se non lo è, mentre Eluana non voleva, e non poteva neppure piangere.

6. Nessuno sa cosa veramente voleva Eluana, per cui non potevamo sospendere l’alimentazione e l’idratazione forzata.

Purtroppo, Eluana non voleva nulla perché da quando era entrata nello stato vegetativo permanente non era più in grado di volere. Appunto per evitare questa situazione aveva espresso a suo tempo, quando ancora era capace di intendere, di fronte al suo amico in coma permanente, la sua volontà di non essere sottoposta alla stessa tortura. E suo padre, che conosceva la sua volontà, anche se espressa verbalmente, ha lottato per 17 anni per amore di sua figlia, e non per “ucciderla”.

7. La vita è indisponibile.

Alla domanda: perché la vita è indisponibile? la risposta alla fine è: perché è un dono di Dio.

A parte che, una volta donato, il dono diviene di proprietà di colui che l’ha ricevuto che pertanto ha il diritto di disporne, a quale Dio ci si riferisce?

A quello dei cattolici o di altri credenti?

E se anche ci si riferisse al Dio dei cattolici, quando si è mai espresso sui casi di stato vegetativo persistente?

E se anche si facesse riferimento al suo rappresentante in terra, il Papa, non è detto che sia infallibile, anzi la storia ha dimostrato il contrario.

E se anche fosse infallibile, per chi valgono le sue opinioni? Non certamente per i non credenti, ma neanche per la maggioranza dei credenti, a giudicare dai sondaggi condotti sul tema del testamento biologico e dal numero di coloro che usano i contraccettivi, che non vanno in chiesa, che non si confessano, che nominano il nome di dio invano, che rubano, che desiderano la donna d’altri, che divorziano, che abortiscono, e così via.

La verità è che la Chiesa cattolica ritiene l’indisponibilità della vita un principio che debba “venire prima” delle leggi dello Stato, non soltanto per i cattolici ma per tutti, cattolici, mussulmani, buddisti, atei, agnostici, razionalisti, ecc. ecc.

A ciò aggiungasi che sulla base del principio “la vita è indisponibile” non si potranno più rifiutare gli interventi necessari – secondo i sanitari – per evitare il rischio di morte, quali, ad esempio, trasfusioni di sangue, amputazioni, ecc., e ciò non soltanto da parte di coloro che hanno dichiarato anticipatamente la loro volontà ma anche dalle persone capaci di intendere e di volere.

Tutto ciò premesso, resta comunque il fatto che il principio della “indisponibilità” della vita contrasta con gli art. 2, 3 e 32 della Costituzione Italiana, che tutelano il diritto alla “inviolabilità” dell’uomo, al “rispetto della persona” e al “rifiuto dei trattamenti sanitari”, nonché con il codice penale, che non considera reato il tentativo di suicidio.

8. Interrompendo l’alimentazione e l’idratazione artificiale, si soffre la fame e la sete.

In proposito, riportiamo le dichiarazioni di noti neurologi e medici: “Dal punto di vista neurologico è un controsenso, poiché le parti del cervello che sono necessarie per creare la sensazione di fame e di sete non funzionano più. È invece dimostrato che la particolare modalità di nutrizione artificiale, il sondino nasogastrico, provoca sofferenza anche se solo a livello sottocorticale».

Tale affermazioni sono state confermate da una relazione di più di 100 pagine redatta dai medici che hanno condotto l’autopsia su Eluana dopo la sua morte clinica: “L’autopsia sul cervello della ragazza, ha confermato la diagnosi di irreversibilità totale del suo stato vegetativo e l’assoluta mancanza di coscienza […] Eluana non ha sofferto”.

9. I medici “obiettori di coscienza” possono rifiutarsi di staccare il sondino.

E i medici che non condividono l’idratazione e l’alimentazione forzate, possono rifiutarsi di attaccare il sondino per “obiezione di coscienza”? E i farmacisti che non condividono la contraccezione, possono rifiutarsi di vendere i profilattici (oltre che la pillola del giorno dopo) “per obiezione di coscienza”? E un tassinaro cattolico può rifiutarsi di prendere a bordo un cliente mussulmano “per obiezione di coscienza”?

Quando l’obiezione di coscienza individuale entra in conflitto con il diritto di altre persone tutelato dalla legge, deve essere prevista e regolamentata dalla legge stessa, come avviene – ad esempio – per il servizio militare, ove peraltro il rifiuto di maneggiare armi non confligge con i diritti degli altri e semmai li sostiene.

In caso contrario, si sconfina con l’anarchia.

10. I testamenti biologici debbono essere redatti di fronte ad un medico e debbono essere rinnovati ogni cinque anni.

Tale procedura, che scarica sui medici (quali?) adempimenti non sanitari, che non realizza lo scopo di una registrazione telematica e organica completa delle volontà di tutti i cittadini, che non assicura la consultazione in tempo reale delle dichiarazioni anticipate e che è foriera di inutili perdite di tempo, non realizza l’obiettivo di raggiungere la massa dei cittadini.

Per venire incontro alla gente comune, che chiede a larga maggioranza di poter avvalersi del testamento biologico, la strada migliore è quella dell’istituzione di registri comunali, gratuiti, vicini ai cittadini, in grado di raccogliere e autenticare non solo le volontà di fine vita ma possibilmente anche altre volontà, come la donazione di organi, la cremazione, la dispersione delle ceneri, la cerimonia funebre, ecc.

Dopo l’istituzione del primo registro da parte del X Municipio di Roma (marzo 2009), che ha accolto una idea avanzata da LiberaUscita nel corso di un Convegno indetto nel novembre 2008 dal Municipio stesso sul tema “Ai confini della vita. Il testamento biologico come ultima speranza”, i registri si sono diffusi e si stanno diffondendo su tutto il territorio nazionale.

Ciò costituisce la migliore dimostrazione di cosa vuole la gente. Appunto per interrompere questa volontà di massa, si tenta ora di deviare il percorso e stabilire per legge che il testamento biologico deve essere redatto di fronte al medico (che fine faranno quelli già depositati nei comuni o presso i notai?) e deve essere rinnovato ogni cinque anni.

La parola d’ordine, come sempre, viene dalla Chiesa. Non a caso il vescovo di Vicenza, Cesare Nosiglia, di fronte alla iniziativa dei cittadini di raccogliere le firme per istituire il registro comunale dei testamenti biologici lo ha definito «una moneta fuori corso».

(*) Giampietro Sestini è membro dell’Associazione LiberaUscita. Associazione nazionale laica e apartitica per il diritto di morire con dignità