NO A BAVAGLIO E REFUSI

di Giacomo Galeazzi
da La Stampa, 8 luglio 2010

Monito di Famiglia Cristiana:”L’Italia ha più bisogno di trasparenza che di segretezza”

Famiglia Cristiana di questa settimana interviene, nel suo editoriale di apertura, sulla cosidetta “legge bavaglio”. Secondo il settimanale “gli abusi della stampa”, “sempre deprecabili”, “non sono un alibi per promuovere una legge liberticida, che colpisce volutamente il sacrosanto diritto dei giornali a informare e quello dei cittadini a essere informati. Su tutto. Anche sulle malefatte della politica. Che mal sopporta ogni forma di controllo e trasparenza”. L’Italia invece, per Famiglia Cristiana, “ha più bisogno di trasparenza che di segretezza”. La legge sulle intercettazioni, prosegue il settimanale “giova solo a chi ha qualcosa da nascondere. E avvantaggerà i malavitosi, abituati ad agire nel silenzio e nell’omertà”. Meglio sarebbe se la politica si occupasse di “provvedimenti a sostegno delle famiglie”, per il settimanale “prese in giro da una girandola di maldestre furbate per introdurre nella Finanziaria ulteriori “tasse” e tagli a stipendi e tredicesime”. Guardando alle necessità delle famiglie la finanziaria pare “una manovra di “refusi”, fatta da menti confuse, alla ricerca del bandolo della matassa. Che non trovano”. “Dopo il “pesce d’aprile” che ha messo in ginocchio la stampa (soprattutto quella cattolica) con il raddoppio delle tariffe postali” conclude Famiglia Cristiana, “ora la si vuole imbavagliare con futili pretesti. Ma se cala la libertà di informazione, cala anche la democrazia. A qualcuno farà comodo. A noi e ai cittadini no”.

Chi ha paura della verità? La politica si sta “impiccando” sul decreto legge sulle intercettazioni, che non servirà assolutamente a nulla. Si dice che dovrà garantire la privacy dei cittadini. Ma quali cittadini? Prima, non se n’era preoccupato nessuno. Non era affatto una priorità. Fino a quando non sono stati toccati gli appartenenti alla “casta”. Che pretendono d’essere uomini pubblici, con tutti gli onori ma senza oneri. Tra questi, c’è anche una certa riduzione della propria riservatezza. Così come c’è l’obbligo di comportamenti irreprensibili, per la dignità della carica che rappresentano.

Sgombriamo il campo da possibili equivoci. Giornali e Tv devono fare un serio esame di coscienza per alcuni abusi, sempre deprecabili, come “sbattere il mostro” in prima pagina. L’importante è “sparare” per fare colpo, vendere più copie o avere più audience. Pazienza se i fatti non corrispondono al vero. Basta, come si dice, che siano verosimili. Un modo, questo, di tradire il nostro mestiere, perché si viene meno alla deontologia professionale, che richiede l’accertamento delle fonti e dei fatti, prima di ledere la dignità d’una persona. Non c’è scoop giornalistico se si calpesta la buona fama di qualcuno. Che, una volta distrutta, difficilmente sarà ricostituita dai mass media.Detto ciò, gli abusi non sono un alibi per promuovere una legge liberticida, che colpisce volutamente il sacrosanto diritto dei giornali a informare e quello dei cittadini a essere informati. Su tutto. Anche sulle malefatte della politica. Che mal sopporta ogni forma di controllo e trasparenza. Da qui il sospetto di un decreto dal sapore punitivo contro chi “mette a nudo il re”. Cioè, contro giornalisti, editori emagistrati. La legge giova solo a chi ha qualcosa da nascondere. E avvantaggerà i malavitosi, abituati ad agire nel silenzio e nell’omertà.

E poi, oggi, i cittadini hanno ben altre priorità, come ha indicato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Sono preoccupati per la crisi economica e per la raffica di aumenti che li colpisce nel portafoglio e nelle tasche. Dalla politica vorrebbero un accanimento diverso, a favore di provvedimenti a sostegno delle famiglie, che non ce la fanno più. E che, davvero, stanno perdendo la pazienza. Perché si sentono prese in giro da una girandola di maldestre furbate per introdurre nella Finanziaria ulteriori “tasse” e tagli a stipendi e tredicesime. Un giochino insopportabile, per una manovra di “refusi”, fatta da menti confuse, alla ricerca del bandolo della matassa. Che non trovano. Dopo il “pesce d’aprile” che ha messo in ginocchio la stampa (soprattutto quella cattolica) con il raddoppio delle tariffe postali, ora la si vuole imbavagliare con futili pretesti. Ma se cala la libertà di informazione, cala anche la democrazia. A qualcuno farà comodo. A noi e ai cittadini no.