LA CHIESA STA FINENDO?

di Piero Ignazi
da L’Espresso, 10 luglio 2010

Pochi fedeli alle messe. Crisi delle vocazioni. Matrimoni religiosi in calo. Un allarmante perdita di consenso tra la gente. Il declino dei cattolici in Italia sembra inarrestabile. E la questione pedofilia c’entra solo fino a un certo punto

Da più di un decennio si parla del ritorno trionfante della religione al centro della scena pubblica e privata. Questa visione viene comunemente accettata come fosse una verità assoluta, quasi rivelata. Nessuno si chiede se sia proprio così.

Se cioè l’impennarsi della presenza mediatica dei religiosi, accompagnata da ali plaudenti di atei devoti, rifletta una analoga ripresa di convincimenti e comportamenti ispirati dalla fede religiosa. In realtà, in base ai dati empirici disponibili, e non alle impressioni, la risposta è inequivoca: la religione continua ad essere in declino in Italia sotto tutti gli aspetti “visibili” ed empiricamente quantificabili. Lo è nei suoi aspetti istituzionali (nel numero dei religiosi e degli istituti religiosi), lo è nella pratica religiosa, lo è nei comportamenti dei cittadini e nella valutazione dell’opinione pubblica sui temi etici sui quali la Chiesa interviene frequentemente e con fermezza.

Partiamo dalla organizzazione della Chiesa cattolica. Il declino dell’apparato ecclesiastico in tutte le sue componenti – clero regolare, clero diocesano e appartenenti agli istituti religiosi femminili – continua perché il numero dei nuovi ordinati non compensa le “uscite” per ragioni demografiche (il clero è molto anziano). Purtuttavia rimane un esercito imponente di poco più di 150 mila persone di cui circa 100 mila donne.

Quanto a strutture, il numero delle parrocchie rimane pressoché stabile (sopra le 25 mila) ma diminuiscono quelle che hanno un sacerdote che si dedica solo ad una parrocchia, mentre invece cresce il numero di quelle a mezzo servizio (circa un sesto del totale).

La Chiesa è più povera di pastori ma in compenso straordinariamente più ricca in denari. L’8 per mille ha rovesciato nella casse del Vaticano un fiume di denaro, circa un 1 miliardo di euro all’anno a partire dal 2002 (rispetto ai 210 milioni del 1992). Questo grazie anche a quella buffa interpretazione della legge per cui chi non firma per nessuno nella dichiarazione dei redditi si vede ripartire il proprio 8 per mille proporzionalmente tra tutti gli enti che hanno ricevuto la firma. E visto che la Chiesa fa la parte del leone tra coloro che firmano, essa si vede poi arrivare molti più soldi dagli “agnostici” di quanti non ne riceva dai “fedeli”.

Ma questa pur imponente organizzazione non riesce a colmare il distacco con l’opinione pubblica. Prendiamo l’indicatore più classico (ma meno affidabile): la frequenza alla messa. Qui le cifre sembrano invece incoraggianti: molte indagini demoscopiche concordano nel rilevare che circa il 30 per cento degli italiani dichiara di andare regolarmente a messa tutte le domeniche più un 20 per cento che vi si reca almeno una volta la mese.

In realtà ricerche più dettagliate ridimensionano questo quadro. Nel 2005 un conteggio diretto delle persone che assistono alla messa nelle parrocchie veneziane ha evidenziato uno scarto amplissimo tra quello che era stato dichiarato e la partecipazione reale alle funzioni: in sostanza quelli che vanno a messa sono la metà rispetto alla percentuale di coloro che avevano dichiarato di essere assidui o saltuari praticanti. Dove invece si apre il baratro è nell’osservanza dei sacramenti e dei precetti. I cittadini non seguono più le indicazioni della Chiesa. Anche i cattolici esibiscono una religiosità fai-da-te dove l’insegnamento religioso è seguito a macchia di leopardo.

Il sacramento del matrimonio costituisce un caso lampante di questo distacco. Il numero dei matrimoni civili è arrivato al 36,7 per cento contro il 63,3 di quelli religiosi (dati Istat 2008). Se poi vediamo le cifre dei comuni capoluoghi il tasso di secolarizzazione si impenna. Bolzano è la capofila con il 78,9 per cento di matrimoni civili, seguita da Siena con il 74,5, da Firenze con il 67,6 e così via (dati Istat 2004). I comuni dove più della metà dei matrimoni sono civili assommano a 29 e tutti al Centro-nord.

La Chiesa non riscuote più la fiducia di un tempo. Secondo una recente ricerca della Swg (“Navigare nell’Italia del XXI secolo”), l’adesione complessiva ai valori cattolici nel 2000 coinvolgeva il 65 per cento degli italiani; nel 2009 sono diventati il 46: in nove anni un 20 per cento si è perso per strada. Ma ciò che è più allarmante è il crollo di adesioni tra i praticanti, passati da un 95 per cento di convinti della centralità dei valori cattolici ad un 73. Persino tra i fedeli serpeggiano dubbi e incertezze. Una curva simile, poi, si registra in coloro che ritengono validi gli insegnamenti della chiesa, che passano dal 77 per cento del 2003 al 59 del 2009.

Anche sui temi etici più scottanti degli ultimi anni sui quali l’iniziativa della Chiesa è stata tambureggiante (referendum sulla procreazione assistita) e anatemi scagliati contro le posizioni laiche (testamento biologico), l’opinione pubblica va in direzione opposta. Non solo il 92 per cento, cioè la quasi totalità, è favorevole al testamento biologico, ma anche l’86 giudica opportuna, a determinate condizioni, l’eutanasia, con uno spostamento massiccio di consensi rispetto al 1997 quando quasi la metà era contraria. E infine l’80 per cento è favorevole alla fecondazione assistita (dato Demos e Pi 2009).

In conclusione non si riesce a capire cosa intenda chi parla di un risveglio religioso. Che vi siano fenomeni di spiritualità e di avvicinamento al sacro, magari diversi rispetto alle codificazioni delle “religioni di chiesa”, è possibile. Ma che si assista ad una rinnovata centralità della religione (cattolica) nell’indirizzare i comportamenti e gli atteggiamenti su temi etici e religiosi, questo non è empiricamente fondato.

L’organizzazione ecclesiastica ha problemi di reclutamento e di ricambio del suo personale assai anziano; il numero dei praticanti è sovrastimato e lo si può ritenere nella migliore delle ipotesi tendente ad un 20 per cento di praticanti; la fiducia nella Chiesa e nei suoi insegnamenti cala costantemente anche e soprattutto tra i fedeli, e infine, le indicazioni delle Chiesa su vari temi etici sono sempre più disattesi. Eppure la fanfara mediatica di questi anni ci aveva dipinto un quadro di grande ripresa religiosa. La realtà è un’altra. E la Chiesa sembra aver confuso l’omaggio peloso di tanti corifei interessati con le convinzioni profonde della società. Rendendo un pessimo servizio agli stessi credenti, a quella Chiesa del silenzio che si sente ormai “homeless” in patria.