La grazia della fede e il senso del peccato

da http://www.koinonia-online.it, 24 luglio 2010

Questo articolo supercitato di Citati ha fatto discutere in questi giorni, da diversi punti di vista. Per chi ne ha ancora voglia, tento di farne un richiesto commento, dopo aver diviso l’art. in 5 parti. In calce al testo le mie note.

Enrico Peyretti

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La grazia della fede e il senso del peccato

di Pietro Citati
da la Repubblica, 10 luglio 2010

1 – TUTTI i cattolici osservano da tempo la condizione di inquietudine e d’angoscia, che occupa la mente di Benedetto XVI. Nemmeno Paolo VI, negli anni del terrorismo e della crisi teologica, aveva conosciuto quanto sia arduo e terribile rivolgere agli uomini una parola di quiete. Non possiamo immaginare nessuna forma di cristianesimo senza la presenza del peccato. Gesù ha liberato gli uomini dalla colpa di Adamo; e ha costruito un’arca, la Chiesa, dove il peccato non dovrebbe penetrare. Eppure né la sua incarnazione, né la sua morte sulla croce, né l’ assunzione in cielo hanno abolito la lunga ombra che il peccato lascia cadere sul mondo: esso occupa quasi ogni cuore; sconfigge i desideri e le volontà di bene. È lì, ineliminabile, qualsiasi cosa facciamo. “Il volere è in mio potere, ma compiere il bene no- diceva Paolo – . Sicché non faccio il bene che voglio, ma faccio il male che non voglio. Ma, se faccio il male che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me”. Secondo Benedetto XVI, alla fine del ventesimo e al principio del ventunesimo secolo, il regno del peccato si è esteso. Quasi nessuno prega, varca le porte delle cattedrali, pensa a Dio e a Cristo, rispetta le leggi della Chiesa sulla vita e la morte. La società è profondamente irreligiosa e anticristiana. Se non scorgiamo Satana, come ai tempi di Hitler e di Stalin, migliaia di piccoli Satana frequentano e dominano il mondo. Anche i muri dell’arca sono crollati: il peccato è penetrato nella Chiesa, come rivela la vicenda dei preti pedofili, che ha colpito così profondamente il cuore di Benedetto XVI. Quasi ogni traccia di quel sentimento luminoso e trionfale, che emanava dalle parole di Giovanni Paolo II, sembra scomparso. Nelle parole di Benedetto XVI, c’è soprattutto dolore e amarezza. Il senso acuto del peccato contribuisce alla ricchezza e alla complessità del Cristianesimo: una complessità che, per esempio l’Islam, che ignora in gran parte il peccato d’ Adamo, non possiede. Il cristiano si ascolta: studia i suoi sentimenti, analizza i suoi pensieri, e scruta se, in qualche luogo del cuore, la menzogna e la ribellione hanno lasciato la loro ombra. Non si fa illudere dalle rappresentazioni teatrali del bene. Diffida di qualsiasi forma di ottimismo. Così nascono grandiose esperienze dell’ anima, come quelle di Paolo, di Agostino e di Pascal. Ogni volta che il cristianesimo ha cancellato l’idea di peccato, ha rischiato di perdersi: quest’idea può venire abolita solo alla fine dei tempi, quando la Gerusalemme celeste scenderà sulla terra, la Gloria divina bagnerà di luce le sue mura, e “l’albero della vita” tornerà a crescere come nell’ Eden.

2 – Mi chiedo se i timori di Benedetto XVI siano giustificati. È proprio vero che, da cinquant’ anni, viviamo in un’ epoca “scristianizzata”, nella quale la Chiesa è ignorata e derisa? Forse le folle che un tempo riempivano le chiese sono diminuite: ma quelle folle non leggevano i Vangeli, e vedevano nel Cristianesimo soprattutto una difesa e un baluardo della società civile. Credo che sia vero il contrario. Da secoli, non esisteva nel cristianesimo un nucleo così puro ed ardente come quello di oggi: giovani, e meno giovani, che leggono i Vangeli, li meditano, capiscono come ogni parola pronunciata da Cristo sia ancora viva, scoprono i Padri della Chiesa greci, o latini, o siriaci: pregano, sia pure in solitudine; e cercano di diffondere la testimonianza di Cristo nei paesi dell’ Africa. Si tratta, dicono, di una minoranza: ma il cristianesimo, per ciò che importa, è sempre stato una minoranza: non solo nel II o nel III secolo; ma persino nel XIII o nel XVI secolo, quando erigeva trionfali cattedrali a sé stesso. Così il pessimismo di Benedetto XVI e dei suoi collaboratori mi sembra eccessivo. L’Europa non è scristianizzata; e quindi non è necessario arroccarsi in difesa, e costruire mura, torri, fortificazioni, contro i barbari che si raccolgono davanti alle porte delle chiese. Credo che la coscienza del peccato, che colma il cuore di Benedetto XVI, possa essere pericolosa.

3 – La vita cristiana non può che essere dominata dalla gioia: la gioia di esistere, di vivere, di ridere, di vedere, di passeggiare, di pensare, di scorgere le immagini della mente e del mondo: la gioia del presente, che recupera la letizia del passato, e anticipa la felicità del futuro; la gioia dei bambini, che forse riusciranno a conservare fino alla morte la loro condizione infantile. Sappiamo quale sia l’ origine di questa gioia. La luce della grazia scende dal cielo e avvolge a poco a poco tutta la terra: rischiara i pensieri e i sentimenti ed ogni angolo abitato o deserto. Sotto forma di fede, questa grazia ritorna nel cielo da dove è discesa: perché la fede non è altro che grazia umanizzata.

4 – Un altro rischio è più sottile. Qualche volta, la chiesa vuole essere approvata dal mondo: pretende che le sue leggi, per esempio sull’ aborto o l’ eutanasia, diventino leggi civili. E, d’altra parte, il mondo cerca di assorbire la Chiesa, trasformandola in un potente sostegno di sé stesso, o nella parte “virtuosa” di sé stesso. Mentre la Chiesa non può mai dimenticare di essere un’ eccezione: qualcosa di originario e straordinario, che ignora le norme della società e della politica. La Chiesa non ha alcun bisogno di essere moderna: anzi non deve essere moderna. Deve restare un residuo dei tempi antichi, o un riflesso o un barlume del cristianesimo degli apostoli e dei padri, in mezzo alla società di oggi. Il suo linguaggio non è razionale: è il paradosso, il balzo oltre la ragione, la rottura delle norme, il verbo dei Vangeli e di Paolo, che hanno portato lo scandalo sulla terra. Spesso dimentichiamo quanto questo scandalo illumini la nostra normale vita quotidiana: molto più delle analisi psicologiche e sociologiche, nelle quali abbiamo tanta fiducia.

5. Il mondo di oggi non sopporta la condizione dei sacerdoti cattolici: non tollera che essi obbediscano al principio della castità, nel quale vedono una specie di maledizione, perché interrompe il ciclo continuo della vita. Credo, invece, che questa castità sia un segno di elezione: il segno della distanza, della differenza, dell’ eccezione, rispetto al resto della vita. Un sacerdote non è, come oggi si dice, un uomo come gli altri: che vive in famiglia, con la moglie e i figli, e obbedisce alle richieste, sia pure benevole, del mondo. Non è il pastore protestante, rappresentato e deriso nei romanzi di Jane Austen. È un erede degli antichi eremiti: porta in sé il ricordo di sant’Antonio. Come in Platone, trasforma le forze represse di Eros nel desiderio intellettuale e mistico di Dio, che lo abita senza fine.

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di Enrico Peyretti, 19 luglio 2010

1. Davvero si sente simpatia e solidarietà, anche da cattolici non allineati, con papa Benedetto impegnato contro il male

nella chiesa. Ma lui deve chiedersi se il primo male non sia proprio nella struttura di potenza, autoritarismo, separatismo, maschilismo, sacralismo che pretende dirigere la comunità senza fraternità. Il Concilio ha pensato la

chiesa sinodale, conciliare, e questa non c’è. “Guardate i capi delle nazioni che le dominano e si fanno anche ringraziare”, dice Gesù; ebbene “tra voi non è così”. E invece è di nuovo così. Gesù è disobbedito.

“Muri dell’arca crollati”, dice Citati. L’arca ha buone fiancate, per reggere alle onde, ma per muoversi, viaggiare, mentre i muri sono l’immobilità. L’arca o barca-chiesa (scialuppone di salvataggio) sarà un’immagine che piace ad alcuni, ma quella evangelica è l’immagine del lievito, del seme, del piccolo gregge, del popolo profetico di Dio.

Si chiama pedofilia ciò che in realtà è pedofobia, odio e uso distruttivo dei bambini. Per la chiesa è male altrettanto grave la cresofilia, l’amore per la ricchezza, per i ricchi e potenti, che divorano le case delle vedove e degli orfani e fanno ancora più vittime dei pedofili. Non ha senso assistere con l’8 per mille (come dice la pubblicità) i poveri – anche i bimbi poveri, vittime nel mondo dei “pedofili” turisticamente organizzati a migliaia, e non di nascosto – mentre la chiesa gerarchica qui dà appoggio e sostegno politico e persino morale ai plutocrati ricchi, ai loro esponenti pubblici privi di ogni senso morale personale e civile, monumenti di falsità. Non è un peccataccio anche questo?

Ancora sui preti pedofili, giustamente. Ma i cristiani che sopportano come normale la fame procurata e la guerra come affare, e votano per chi la fa, non fanno un male persino peggiore come estensione? Il bimbo violentato dalla guerra soffre e soffrirà forse meno del violentato sessualmente?

Peccatismo o soterismo? Cioè, il vangelo annuncia al mondo il peccato o la salvezza dal peccato per la misericordia del Padre? Non c’è dubbio.

Davvero “peccato originale”? All’origine c’è il bene, non il male. Il male è male solo in quanto si oppone al bene. Il male storico è enorme, ma diamo fede-affidamento a questo o all’annuncio del Bene (eu-angelion)?

2. Oggi i cristiani sono minoranza più evangelica. Questa è una grande grazia. Ma non è ancora finito l’equivoco costantiniano, trappola tesa a Cristo, peggiore della croce. Nel superare l’illusione che tutta la società sia chiesa, i laici (donne e uomini) oggi sono più coscienti che non tanto clero e soprattutto un’alta gerarchia fasciata in paludamenti e sogni. Allora, questa gerarchia sia un po’ meno sentenziosa, e ascolti.

3. Qui Citati passa d’un salto dal peccatismo al facilismo altrettanto retorico. La fede è gioia facile, oppure è seria coscienza del dramma e della speranza? La gioia autentica è quella spesso stretta nel centro del cuore, o quella che appare fissa sulla faccia, come negli spot per la vendita?

4. Insomma: chiesa del mondo, non del mondo, nel mondo, fuori dal mondo-tempo presente? Citati dice: la chiesa “non deve essere moderna”. Cioè, la vuole senza il Concilio, che ha cercato di ricollocare la chiesa, critica e profetica, là dove è inviata da Cristo, nel mondo presente.

5. Il sacerdozio, favoleggiato da Citati, non è roba cristiana. Asceti e spirituali, i santi, gli amici di Dio, sono testimoni presenti in tutte le religioni. Altro è da dire per i servizi ecclesiali. L’evangelo di Gesù ha abolito il potere sacerdotale. L’unico sacerdozio è quello di Cristo, incontro vivente tra Dio e l’umanità, ed è partecipato a quanti si uniscono a lui . Il presbitero (prete) non è più sacro degli altri, di te e di me. Occorrono vari servizi ecclesiali, sicuramente, ma senza differenze ed esclusioni sacralizzate. L’esclusione delle donne è una follia irresponsabile, senza il minimo senso, offensiva. La conversione dal potere al vangelo o avviene nello smontare il potere sacro (la disuguaglianza fatta idolo) o non avviene.

L’articolo di Citati è esemplare come prodotto facile, per piacere a tutti, ben vendibile, abbondante in contraddizioni, ma non interpreta e non promuove la realtà cristiana. Il vangelo ci dice: il regno di Dio è in voi, credeteci e cambiate vita. Esso è un modo di vivere che è quello di Dio: – dare senza attendere restituzione, donare senza calcolo, cioè liberazione dal capitalismo; – il lontano è mio prossimo, cioè liberazione dai nazionalismi ed etnicismi spastici, e da tutte le superbie culturali difese col privilegio e le armi; – beati gli ultimi, perché saranno i primi, cioè capovolgimento delle gerarchie (come dice anche la preghiera della Madonna).

Questo annuncio non è per chi si crede puro, ma per i peccatori non ipocriti, gli amici privilegiati da Gesù. È la maggiore rivoluzione storica, non spiritualistica. Per questo gli imperatori vogliono sempre catturarla coi concordati.