Dove muore Caino

di Rosa Ana de Santis
da www.altrrenotizie.org

I numeri del Rapporto annuale di Nessuno Tocchi Caino dicono che, pur in un’evoluzione planetaria positiva, siamo lontani dall’abolizione giuridica internazionale della pena di morte. Resiste, dunque, questa interpretazione primitiva della giustizia. Sono state 5.679 le esecuzioni nel 2009. Il primato spetta alla Cina, seguita da Iran e Iraq. La morte di Saddam, a quanto pare, non ha fermato la mano del boia e ha lasciato intatte dinamiche e procedure della tirannide che sembrava esser stata sepolta insieme a lui.

Il premio per l’impegno sul fronte della politica “abolizionista” 2010 é stato riconosciuto a Jean Ping, ora Presidente della Commissione dell’Unione Africana. Da ministro degli Esteri del Gabon ha proposto l’abolizione della pena capitale e con il suo tenace lavoro ha contribuito favorevolmente al successo della risoluzione ONU sulla moratoria internazionale del 2007. Un protagonista assoluto degli ultimi anni che ha contribuito a traguardi importanti proprio nel cuore della sua Africa, flagellata dalle mattanze tribali. Ruanda, Burundi e Togo hanno abolito la pena di morte.

Singolare e di assoluto valore che proprio nei paesi delle guerre fratricide si sia riusciti a raggiungere questa maturità politica da parte dei governi. Altrettanto difficile da tollerare invece che, in Europa, il governo della Bielorussia continui a prevederla impunemente. Nei primi mesi del 2010 sono stati messi a morte due uomini per omicidio.

Al governo del presidente Aleksandr Lukašenko, amico del nostro premier, cui sono state aperte le porte dell’Italia in cambio degli archivi del Kgb, bisognerebbe sottoporre l’urgenza di cancellare la barbara pratica della pena capitale. Il nostro governo non solo non ha fatto granché in questa direzione, ma il nostro Presidente del Consiglio l’ha addirittura declamato come leader amatissimo dal popolo, a sfregio delle pesanti accuse di brogli elettorali.

Esiste un rapporto causale e quasi diretto tra la presenza di governi autoritari, dittature esplicite o mascherate, e la presenza della pena di morte. Sono i numeri a confermarlo. Dei 43 paesi che hanno in vigore la condanna capitale, 36 sono paesi con dittatura o illiberali ed è a questi che spetta il primato delle esecuzioni compiute nell’anno. Le democrazie liberali, invece, che figurano in questa lista nera sono gli Stati Uniti, il Giappone e il Botswana. Si potrebbe poi aggiungere, con molte ragioni, la lunghissima lista dei milioni di persone che muoiono per non riuscire a vivere, per colpa di un sistema internazionale costruito su misura per l’opulenza del Nord, che prevede l’impossibilità di accesso a cibo, acqua e medicine, oltre che a tecnologie e aiuti al Sud. Ma questo è tema più generale che nulla toglie alla barbarie della vendetta di Stato.

E’ chiaro, in termini squisitamente numerici, che abolire la pena di morte significa costruire una cultura della democrazia e del diritto laddove non c’è. Più difficile è capire cosa fare in quei paesi, come gli Stati Uniti, dove le carte del diritto esistono già e da diverso tempo. E’, con buona probabilità, una cultura solida dei diritti individuali inalienabili a mancare in un paese come gli USA, che del resto non perdona i poveri, i maledetti della terra e i colpevoli. Il Santo Padre, difensore per eccellenza della vita di tutti anche dei reietti, potrebbe occuparsi di più di gente in carne ed ossa tenuta anni nel braccio della morte, invece che degli embrioni che non diventeranno mai bambini.

La lista degli ultimi condannati è lunga. Corea del Nord per motivi politici, Texas, Iran per traffico di droga. Tanti quelli che attendono una grazia, che non arriverà. Tra i condannati c’é anche la storia di Faith Amoro, 23 anni nigeriana, rimpatriata dall’Italia dopo che le è stato negato il diritto d’asilo. Rischia di essere condannata a morte nel suo paese con l’accusa di aver ucciso l’uomo che ha tentato di stuprarla.

L’Italia dovrà fare qualcosa di più che sperare in un atto di clemenza del governo nigeriano e accendere le candele della protesta silenziosa sotto gli archi del Colosseo. Caino come Barabba o vittime come Faith continuano a morire in moltissime parti del mondo senza che questo lavi le loro colpe, consoli le vittime o ci restituisca anche solo la sensazione di vivere in un mondo più umano.