Da Reggio Emilia al Ghana

di Alessandro Iacuelli
da www.altrenotizie.org

Otto persone denunciate, sei container, tre furgoni e due discariche abusive poste sotto sequestro. E’ il bilancio dell’operazione condotta dal Corpo Forestale in collaborazione con l’Interpol, con al centro un grande traffico di rifiuti speciali, prevalentemente componenti di elettronica ed elettrodomestici, che dalla provincia di Reggio Emilia si avviavano verso l’Africa. L’operazione ha condotto alla denuncia di alcuni africani di un italiano e di un cittadino olandese, proprietario di una ditta di import-export.

C’è voluta un’intensa attività di intelligence, condotta dal personale del Corpo forestale, su sollecitazione del Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia, per scoprire come avveniva la raccolta, il trasporto e lo smaltimento illecito di rifiuti pericolosi, ma anche per arrivare al sequestro di una discarica abusiva nella quale confluivano autovetture demolite illegalmente.

Le indagini, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Reggio Emilia, hanno portato come primo intervento al sequestro di tre furgoni, privi di targa, a Vezzano sul Crostolo. I mezzi contenevano trenta frigoriferi, computer, fotocopiatrici, stampanti destinati a Paesi come Congo, Ghana e Nigeria. Due dei tre furgoni erano posteggiati su un piazzale pubblico, mentre il terzo era custodito in un’area privata, di proprietà di un cittadino congolese, residente in Italia.

In seguito, su segnalazione di alcuni informatori, gli agenti della Forestale hanno sequestrato nel Comune di Correggio, sempre in provincia di Reggio Emilia, una discarica abusiva presso la quale un italiano conduceva in modo illegale l’attività di autodemolizione. Infine, nell’azienda di proprietà del cittadino olandese, situata nel Comune di Reggio Emilia, sono stati trovati, nascosti all’interno di sei container e di un furgone, diversi oggetti tra cui: televisori, videoregistratori, computer, fax, climatizzatori, cucine a gas, forni elettrici e cofani di autoveicoli. C’è anche un ghanese residente a Parma tra i denunciati, secondo la Procura avrebbe raccolto i rifiuti pericolosi sul territorio, contribuendo così a farli arrivare proprio nella sua terra d’origine, infatti i materiali erano destinati a Paesi come Congo, Ghana e Nigeria.

Che paesi come il Congo, la Nigeria, la Costa d’Avorio, siano i terminali ultimi dei rifiuti pericolosi europei non è purtroppo una novità, mentre che ora il Ghana stia diventando una destinazione privilegiata degli scarti più inquinanti e velenosi del nostro benessere potrebbe suonare come una sorpresa, alle orecchie di chi magari conosce l’Africa ma non gli ultimi sviluppi.

Già, il Ghana, primo Paese africano ad ottenere l’indipendenza nel 1957, è considerato oggi un modello riuscito di democrazia. Infatti, dopo un periodo caratterizzato da continui golpe militari, il Paese si è indirizzato verso la democrazia accompagnando il processo politico con una ristrutturazione economica. Infatti il Ghana, pur presentando diversi punti di forza e un sistema economico tra i più sviluppati dell’area, sta attraversando un processo di totale rifacimento di alcuni settori strategici, processo che potrebbe ulteriormente aumentarne la competitività ed attirare nuovi investimenti stranieri.

Con questa logica, l’Esecutivo ghanese ha deciso di puntare nel 2010 sulla modernizzazione del settore agricolo, impegnando maggiori risorse per i lavori pubblici e per il settore delle telecomunicazioni, investimenti per il miglioramento dell’efficienza energetica. Secondo il Ministro dell’economia, il prodotto interno lordo del Paese crescerà del 6,5% rispetto al 4,7% del 2009, con un incremento del 6,2% del settore agricolo e del 3,8 per l’industria. Cifre da Paese emergente.

E non c’è solo agricoltura: il Ghana è il secondo produttore africano di oro. Nella zona orientale è in programma la ricostituzione della Ghana Diamonds Company (RSC), una compagnia statale, pur con la presenza di capitali provenienti da imprese straniere, che ha come obiettivo il rafforzamento delle capacità dei minatori artigianali e delle imprese minerarie di migliorare. La compagnia, permettendo ai minatori di piccola scala di continuare ad operare sulle sue concessioni, aiuta a creare nuovi posti di lavoro. E i guadagni derivanti dall’oro, quando sono guadagni di imprese straniere, vengono tassati in un modo insufficiente. La politica fiscale verso gli imprenditori esteri è però da riformare con urgenza: nel 2007 il Ghana ha prodotto 83,6 tonnellate di oro ma soltanto il 10% del gettito fiscale totale locale proveniva dall’industria mineraria e le sue attività contribuivano soltanto al 5% del PIL.

E’ allora evidente che sono troppi i vantaggi fiscali concessi a chi sfrutta l’oro, come nella maggior parte dei Paesi africani. Ad esempio, le società minerarie, quasi tutte europee, sono esenti da dazi sul carburante e l’importazione di macchine, pagano una percentuale fiscale inferiore e possono ridurre la base imponibile mediante deduzioni speciali. Tutto questo sta per essere modificato dall’attuale governo. E allora, se c’è l’oro, che bisogno c’è di importare rifiuti pericolosi per pochi spiccoli?

Nonostante le convenzioni internazionali vietino l’esportazione di rifiuti pericolosi nei Paesi in via di sviluppo (di solito del tutto privi delle infrastrutture adatte a smaltire, almeno secondo i parametri internazionali sulla difesa ambientale e della salute) ogni mese arrivano dall’Europa e dal Nord America – di solito nel porto di Tema – circa 600 container che scaricano le loro apparecchiature obsolete e le scorie degli idrocarburi.

E un tipo di affare che il Ghana, come gli altri Paesi del Golfo di Guinea, non possono permettersi. Tra i rifiuti elettronici e gli idrocarburi, materiali altamente velenosi, fin troppo spesso si sono annidati altri pericoli ambientali ancora più velenosi: tutto il marcio della società occidentale, marcio del quale le nostre beneamate industrie vogliono liberarsi a basso costo. Purtroppo, solo ora il Paese sta studiando l’inserimento di una clausola di trasparenza contrattuale che regoli l’attività petrolifera. Clausola che ancora non c’è. E’ questo il punto focale, sul quale si gioca il futuro del Ghana.

La trasparenza dei contratti è l’unico modo per poter realizzare una gestione responsabile delle risorse naturali. Solo l’eliminazione delle clausole di riservatezza sui contratti stipulati tra le compagnie private e il Governo può ridurre il rischio di corruzione, la rinegoziazione dei contratti stessi e l’ingresso nel Paese di materiali pericolosi. Solo la trasparenza obbligatoria può fungere da deterrente alle operazioni illegali. Prova ne sia il fatto che noi, in Italia, stiamo sacrificando la trasparenza proprio nel nome delle gestioni commissariali emergenziali, dai rifiuti in Campania, al terremoto aquilano, perfino per i mondiali di ciclismo a Varese.

Senza quella trasparenza, si troverà sempre un ghanese disposto a raccogliere i rifiuti tossici di Reggio Emilia per mandarli in Ghana, si troverà sempre un mafioso casertano disposto a raccogliere altri rifiuti tossici e spedirli in Campania. Costa poco e rende molto.