Niente acqua del Giordano per i Palestinesi

di Doris R. e équipe Eappi
da www.riforma.it, 31 agosto 2010    (Traduzione dal francese di Jean-Jacques Peyronel)

L’assenza di accesso all’acqua è da tempo un problema per i Palestinesi della Valle del Giordano. Dal 1967, anno dell’occupazione, Israele nega loro l’accesso all’acqua del fiume

Alcuni giorni fa, stavo distribuendo bottiglie d’acqua a qualche chilometro dal Giordano, unico fiume di una certa importanza in Israele-Palestina. Il villaggio di Al Fasayel è situato in un paesaggio desertico che contrasta con le colonie israeliane molto vicine che dispongono di acqua in quantità quasi illimitata. Al Fasayel invece non ha più acqua corrente da oltre dodici settimane.

La Valle del Giordano è una zona di una bellezza naturale e selvatica stupefacente. Le colline sono aride mentre le colonie illegali, in fondo alla valle, sono di un verde scuro, fertile. Ma la dicriminazione e una miseria nera imperversano anche nella valle.

La prima volta che visitai Al Fasayel insieme ad altri partecipanti al Programma ecumenico di accompagnamentro in Palestina e in Israele (Eappi), ci offrirono bicchieri di té zuccherato. Soltanto dopo che fummo usciti per parlare con i bambini, ci fecero vedere che il rubinetto era all’asciutto da circa due mesi.

Eappi fa venire volontari internazionali perché si rendano conto di come è la vita sotto l’occupazione. Gli accompagnatori ecumenici, con la loro presenza, offrono un protezione; essi sorvegliano e denunciano le violazioni dei diritti della persona e sostengono i Palestinesi e gli Isrealiani che operano insieme a favore della pace. Eravamo venuti nella Valle del Giordano per visitare alcune delle comunità più vulnerabili della zona.

L’assenza di accesso all’acqua è da tempo un problema per i Palestinesi della Valle del Giordano. Dal 1967, anno in cui è iniziata l’occupazione della Cisgiordania, lo Stato di Israele nega agli abitanti l’accesso al Giordano e limita strettamente l’accesso ad altre risorse acquifere locali. Gli accordi di Oslo del 1993 non hanno fatto altro che rinforzare il controllo di Israele sulle risorse di acqua della Cisgiordania. Questo Stato restringe severamente oggi il loro uso da parte dei Palestinesi.

Nei Territori palestinesi occupati, il consumo di acqua è di circa 70 litri a persona e al giorno, mentre quello degli Israeliani è di circa 300 litri, secondo un rapporto di Amnesty International. Certi Palestinesi sopravvivono con appena 20 litri al giorno, quantità che, secondo i calcoli della Organizzazione mondiale della sanità, permette la sopravvivenza a breve termine in situazione di emergenza. I 450. 000 Israeliani delle colonie in Cisgiordania utilizzano una quantità di acqua uguale o superiore a quella di cui dispongono i 2, 3 milioni di Palestinesi che vivono nella stessa regione. La Banca mondiale segnalava, nel 2009, che l’accesso all’acqua dei Palestinesi è in regresso.

L’accampamento beduino di Ein Al Hilweh è situato vicino a Al Fasayel. Le 25 famiglie che vivono in quelle tende modeste devono andare a cercare la loro acqua a un pozzo che si trova a un’ora di cammino. Capita che l’esercito impedisca loro di andare sulla strada e se ci provano, possono essere condannati a pagare una multa di varie centinaia di shekel. Inoltre, i coloni, che vivono in case ben costruite con l’acqua corrente, molestano regolarmente questi beduini.

Circa 9. 600 Israeliani vivono oggi nelle colonie illegali che coprono gran parte della Valle del Giordano. Essi coltivano una grande varietà di frutti e di verdura destinati all’esportazione verso l’Europa, in particolare attraverso la compagnia israeliana Agrexco. Alcuni esperti ritengono che queste colonie, con i loro sistemi di irrigazione artificale, usano più della metà dell’acqua consumata in Cisgiordania. Questo sottopone le magre risorse di acqua a un’intensa pressione, dichiara George Rishmawi del Consiglio delle chiese del Medio Oriente. «Israele cerca di isolare la Valle del Giordano dal resto della Cisgiordania e di cacciarne via gli abitanti palestinesi vietando loro l’accesso all’acqua», dice.

La maggior parte delle acque usate non vengono trattate perché Israele non permette all’autorità palestinese di costruire nuovi impianti di depurazione. Secondo un recente rapporto di Amnesty International, l’esercito israeliano distrugge spesso le infrastrutture, anche quelle per la raccolta delle acque piovane, costruite dai Palestinesi.

I doveri dell’occupante

Che cosa possiamo fare dunque? Abbiamo contattato un uomo d’affari locale, Arab Al-Shorafa, che dirige la compagnia Yanabee che vende acqua in bottiglie. Egli è anche sindaco della città palestinese di Beita. Lo avevamo chiamato al numero di telefono indicato sull’etichetta di una delle bottiglie della compagnia e gli abbiamo parlato della situazione ad Al Fasayel. Ha immediatamente offerto di donare 700 litri d’acqua in bottiglie, a condizione che andassimo a prenderle in fabbrica la stessa sera. Successivamente, ci ha richiamato, offrendo di quadruplicare il numero di litri.

Ci siamo detti pronti ad andare a prendere e a consegnare un primo lotto quella sera. Siamo andati alla fabbrica e abbiamo caricato un furgone. Al-Shorafa ci è venuto incontro e ha promesso di fornire più acqua, nonché un camion per un’altra consegna l’indomani.

Siamo tornati a Fasayel. Giunta la sera, abbiamo distribuito l’acqua alle famiglie che si avvicinavano nella notte con i bambini. L’indomani mattina, mentre la temperatura era di oltre 30 gradi, abbiamo fatto un’altra distribuzione.

Tony Blair, inviato del Quartetto per il Medio Oriente, ha di recente visitato Fasayel. È riuscito a persuadere gli Israeliani ad annullare l’ordine di demolizione della scuola locale. Ma i rubinetti del villaggio rimangono all’asciutto.

Le nostre consegne a Fasayel hanno fornito abbastanza acqua a ogni famiglia del villaggio per una settimana. Ma l’atto di carità di Al-Shorafa non fa che sottolineare il fatto che è compito della potenza occupante dare accesso al nutrimento e all’acqua in quantità sufficiente.

Molti abitanti pensano che il fatto che Israele non adempia questo compito faccia parte di una strategia mirante a cacciarli via dalle loro terre ancestrali. Nel consegnare le bottiglie con un caldo soffocante, abbiamo capito il loro punto di vista. (cec media)