ANCHE BONANNI CONTRO MARCHIONNE: BASTA ULTIMATUM

Isabella Villa
Il Secolo XIX, 11 gennaio 2011

Tutti contro Marchionne. Tutti tranne Matteo Renzi (Pd) sindaco di Firenze. «Io sono dalla parte di Marchionne. Dalla parte di chi sta investendo nelle aziende quando le aziende chiudono. Dalla parte di chi prova a mettere quattrini per agganciare anche Mirafiori alla locomotiva America».

«Andrò alla direzione di giovedì – ha aggiunto il sindaco di Firenze, leader dei `rottamatorì – ma spero che Bersani non chiacchieri di aria fritta, ma dei problemi degli italiani. Non chiacchieri dell’inciucio con Fini, ma del futuro del Pd. Il Pd è credibile – ha incalzato – se smette di inseguire i falsi problemi. Provi concretamente a dire “ok, Berlusconi ha fallito” ma dicendo agli italiani quali sono le nostre soluzioni per ripartire».

Contro Marchionne invece da Susanna Camusso, leader della Cgil: «Da Marchionne solo insulti». Al segretario del Pd Bersani che questa sera ha dichiarato: «Marchionne saprà prendere le misure alle auto, ma misurare le parole no».

Al segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni che pur sostiene l’ad di Fiat sul referendum. «Farebbe bene a stare più zitto» rispondendo ad una domanda sugli «ultimatum continui». «Però – aggiunge Bonanni – farebbero bene molti della classe dirigente italiana a raccontare fino in fondo cosa sta accadendo in un Paese come l’Italia che da cinque anni non ha investimenti. E senza investimenti non c’è lavoro».

E l’investimento di Fiat a Mirafiori, aggiunge il leader della Cisl, «per noi è importante non solo perché salva Torino come abbiamo salvato Napoli, ma anche perché è una indicazione fortissima per tutti gli investitori italiani e stranieri». Da Bonanni anche un invito a «creare un clima di fiducia perché tutto questo gioco al massacro non fa bene all’Italia».

Insiste invece Bersani: «Dentro il Pd c’è discussione – ha sottolineato – perché noi ci appassioniamo a questi temi, ma noi abbiamo una posizione molto chiara che parte da un fatto: il referendum, impegnativo, difficile, anche drammatico per i lavoratori, andrà rispettato nei suoi esiti».

«Il problema – ha aggiunto – è che i sindacati sono stati lasciati totalmente soli; il governo se ne è andato nella nebbia sulle prospettive dell’auto in Italia».

Il Pd, inoltre, ha spiegato Bersani, sottolinea l’esigenza di «nuove regole di partecipazione, perché i contratti siano esigibili, ma anche chi dissente abbia i diritti sindacali». Poi c’è il capitolo «politiche industriali»: «Marchionne saprà prendere misure alle auto – ha proseguito Bersani – ma misurare le parole no. Perché quei 20 miliardi non ha detto dove li vuole mettere, come li vuole spendere, cosa sta succedendo nella ricerca Fiat, e così via».

«Bisogna infine – ha concluso Bersani – che ci preoccupiamo del fatto che questa famosa competizione, concorrenza, globalizzazione non ricaschi solo sulle spalle di chi è alla catena di montaggio. E questo in un paese dove c’è un sacco di gente che è al riparo dai problemi e magari fa prediche».

Intanto il leader della Fiom Maurizio Landini insiste: «Bisogna far saltare l’accordo di Mirafiori e la Cgil lo deve capire: la Fiom non è spaventata dall’ad del Lingotto Marchionne che pensa di cancellare con un’intesa la libertà dei lavoratori».

«Dobbiamo far saltare l’accordo, renderlo non applicabile ed essere in grado di riconquistare i diritti che in termini sindacali significa riaprire la trattativa e considerare la vertenza aperta. Il problema è che tutto il sindacato e tutta la Cgil lo capisce e capisca quello che sta succedendo». Landini spiega infatti che «non siamo solo di fronte a un brutto accordo o all’ennesima intesa separata ma siamo di fronte a un cambio d’epoca per il quale servono risposte straordinarie».

«Il ricatto che Fiat ha fatto ai lavoratori – ha aggiunto Landini – è fatto anche al territorio su cui il Lingotto ha lavorato e si è costruito in questi anni. Quando Marchionne dice che se dovesse prevalere un voto che a lui non piace è pronto a brindare a Detroit, credo che sia un offesa a tutti i lavoratori e a tutto il Paese». Bisogna usare, ha proseguito ancora Landini, una «radicalità almeno uguale a quella che sta usando la Fiat: siamo di fronte a una manovra e a una scelta che mette in discussione non solo il diritto di contrattazione ma che propone un modello che supera qualsiasi spazio di contrattazione in questo paese e quindi anche sul territorio. Viene messa in discussione – ha concluso – l’esistenza stessa del sindacato confederale».