A Dakar, dieci anni dopo Porto Alegre

Pierluigi Sullo
il manifesto 3 febbraio 2011

Si torna sempre sul luogo del delitto, pare. In questo caso è un luogo virtuale, il Forum sociale mondiale. Nel 2001, a Porto Alegre, Brasile, si tenne il primo Fsm, bizzarra iniziativa soprattutto di reti e intellettuali francesi e brasiliani, cui parteciparono 16 mila persone e quattro o cinque giornalisti italiani. Tra loro, chi scrive e Anna Pizzo: ne scrivemmo sul manifesto e, tra pochi giorni, saremo a Dakar, capitale del Senegal, per vedere cosa è del Forum mondiale esattamente dieci anni dopo, nel pieno di quella crisi di civilizzazione (non solo economica, finanziaria, ambientale e democratica, ma tutto questo insieme) che gli «altermondialisti» di allora avevano previsto con una precisione impressionante, lasciando senza parole gli antagonisti del Forum economico mondiale di Davos in un dibattito televisivo a distanza che da allora, infatti, non si è più ripetuto.

Se si va a guardare la mappa del mondo sul sito ufficiale del Forum sociale mondiale, dove vengono segnalati gli eventi promossi da organizzazioni e reti che partecipano al circuito del Fsm, si vedrà che sull’Italia non c’è nulla da segnalare. A Dakar – per quanto possa valere questo parametro – ci saranno personalità politiche di molti paesi, come l’ex presidente brasiliano Lula, la francese Ségolène Royale, il presidente boliviano Morales, ecc. Italiani, zero. La moda dei Forum sociali, dopo i primi Porto Alegre, Genova e l’europeo di Firenze nel 2002, qui da noi è tramontata rapidamente. I «no global», termine con cui i media definivano quelli che altrove si chiamano «altermondialistes» o «altermundistas» (da «Un altro mondo è possibile», celebre motto del Fsm), alludendo più che altro a una figura meticcia tra l’«autonomo» di un tempo e il giovane dei centri sociali, sono ormai quasi del tutto scomparsi. Come è prerogativa di associazioni o ong, che fanno un lavoro tanto prezioso quanto ignorato, la capacità di sollevare lo sguardo dalle miserie italiane verso quel che Rossana Rossanda ha chiamato «il respiro del mondo», scrivendo della rivoluzione (altra parola al bando) in corso in Egitto.
Dunque, a chi volete che importi se i sans papiers francesi (che hanno istituito un loro «ministero» che distribuisce permessi di soggiorno) organizzano, insieme a uno sciame di organizzazioni dell’Africa occidentale, una carovana che da Bamako, capitale del Mali, raggiungerà Dakar, per organizzare il Forum delle migrazioni nell’isola di Gorée, a pochi minuti di traghetto da Dakar, che è uno dei luoghi in cui venivano raccolti gli africani destinati al traffico degli schiavi nel Seicento e nel Settecento? E non occorrono intercettazioni pelose per sapere che la sovranità alimentare è una delle partite decisive non solo per i paesi africani le cui agricolture sono state piegate ai voleri (e ai prezzi) del mercato mondiale, ma per tutta l’umanità: tema evidentemente centrale nel Forum africano. E pensate voi che i preoccupati analisti che da tutte le televisioni, in questi giorni, agitano lo spettro del fondamentalismo islamico per commentare gli avvenimenti egiziani, si sforzeranno di guardare al Forum delle religioni, che fa parte del programma di Dakar, si chiama «Teologia e liberazione» e riunirà cristiani, musulmani e persone che hanno molti altri modi per definire il loro dio?
Se si scorre la lista dei paesi da cui proverranno principalmente i partecipanti al Forum – ne sono previsti tra i 20 e i 60 mila, pur in un paese di soli dieci milioni di abitanti – si vedrà un elenco dei dolori del Sud: il Mali, appunto, uno dei paesi più poveri al mondo (dove tre anni fa si tenne un Forum sociale coraggioso), la Nigeria, il Maghreb che sta esplodendo. Il tutto sarà ospitato dalla grande università di Dakar e costerà due miliardi di Cfa, il franco dell’Africa ex francese (3 milioni di euro circa), che gli organizzatori stanno raccogliendo con una grande colletta mondiale. Ne vale la pena, dieci anni dopo che il Fsm di Porto Alegre propose la tassazione delle rendite finanziarie e un controllo della finanza che ora invoca (per finta) perfino Il presidente francese Sarkozy. Chissà che una parola saggia non possa arrivarci ora dai più poveri tra i poveri, visto che noi stiamo mandando in malora il pianeta. E certo bisognerebbe essere disposti ad ascoltare. In ogni modo, informazioni troverete sul manifesto e sul sito www.democraziakmzero.org.