Le donne si riprendono la piazza

Enzo Mazzi
Repubblica Firenze 13 febbraio 2011

La cronaca dell’incontro in Palazzo Vecchio a Firenze fra il sindaco e l’arcivescovo mi ha dato un sussulto di speranza. Sono sincero, non è un escamotage retorico. L’apertura di Renzi al riconoscimento di alcuni diritti alle coppie di fatto e gay ha acceso in me lo slogan col quale domani (oggi) le donne si prenderanno le piazze: “se non ora quando?”. Ho sperato che il Messaggio del papa per la celebrazione della giornata mondiale della pace, di cui Betori era portatore, intitolato Libertà religiosa, via per la pace, aprisse qualche spiraglio verso i diritti di libertà delle donne all’interno delle religioni e in particolare nella religione cattolica.

Mi sono andato a leggere il Messaggio papale. Il termine “donna” figura solo tre volte e sempre legato in qualche modo al diritto di libertà di religione come riferimento al trascendente, contro chi nega tale trascendenza, in sostanza contro l’ateismo o il relativismo. Mai si parla della “libertà all’interno delle religioni”. Mai si fa autocritica per la violenza del sacro contro le donne.

Costa fare affermazioni drastiche e ripeterle ogni volta. Ma lo sgomento è troppo grande. Il potere ecclesiastico amministra le paure che l’uomo e la donna hanno di fronte alle pulsioni della vita e su tale paura e sui sensi di colpa edifica il proprio autoritario paternalismo. Tutti sanno bene quanto ciò sia vero. Manca a molti il coraggio di dirlo apertamente.
L’elemento culturale su cui oggi si fonda il paternalismo ecclesiastico è la «verità perenne della natura» di cui la gerarchia avrebbe la chiave. Non c’è niente di tutto questo nel Vangelo.

Anzi il Vangelo è un grande messaggio di valorizzazione della creatività dello Spirito che anima costantemente l’evoluzione e la ricerca umane e le conduce ben oltre la cosiddetta etica naturale codificata. Ed è anche una denuncia forte dei soprusi che provengono dalle cattedre di verità, soprattutto contro le donne. Gli uomini che stavano lapidando una adultera erano molto religiosi, si appellavano a Dio creatore e rivelatore e alla sua legge, era Dio stesso che imponeva di considerare l’adulterio un atto contro la verità della natura, la loro mano era mossa dalle cattedre di verità di quel tempo. Gesù li freddò con una frase che dovrebbe freddare anche oggi le gerarchie ecclesiastiche: «chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra, nessuno ti ha condannata, nemmeno io ti condanno».

La cultura femminile è essenziale oggi per un superamento delle vecchie prigioni delle anime e dei corpi.
Quando il potere ecclesiastico arriverà a chiedere perdono alle donne di tutti i misfatti compiuti contro le loro coscienze fin dalla più tenera età, contro i loro corpi, i loro uteri, la loro capacità generativa e creativa, allora e solo allora sarà credibile nel suo parlare di difesa della natura e della vita. Quando il potere ecclesiastico avrà compiuto una riparazione storica facendo spazio alla visione femminile di Dio, della Bibbia, di Cristo, della fede e della vita della Chiesa, allora potrà intervenire credibilmente sull’etica della vita. Ma in quel momento si sarà dissolto come “potere”.

Le donne che si riprendono le piazze si riprendono anche per se stesse e per tutti noi il potere sulla sacralità della natura, dei corpi, della sessualità e, mettendo un po’ di enfasi, sulla sacralità di tutto l’esistente. “Se non ora, quando?”.