Tobin tax o la detax di Tremonti?

Alfiero Grandi
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Le note vicende italiane allontanano sempre di più il nostro paese dalle discussioni che si svolgono nel resto del mondo. Ad esempio c’è stata la giornata mondiale a sostegno della Tassa sulle Transazioni Finanziarie internazionali. Il parlamento europeo ne ha discusso, il nostro no. In molti paesi se ne è discusso, in Italia troppo poco e distrattamente

L’attenzione in Italia è purtroppo concentrata sui problemi del Presidente del Consiglio e perfino l’opposizione finisce con il doversi occupare di questi problemi.
Il Ministro Tremonti, in risposta ad un dibattito che ha visto impegnati anche Sarkozy e Merkel, se ne è uscito con la solita detax, che non c’entra nulla con la tassa sulle transazioni finanziarie ma che nel clima distratto del nostro paese, ostaggio del Presidente del Consiglio che vuole restare ad ogni costo al suo posto, viene presa come una novità.

Tremonti ha proposto la detax 10 anni fa per tentare di contrastare la proposta di introdurre la Tobin tax e per di più si è ben guardato dal realizzarla. Le transazioni finanziarie internazionali sono una cosa diversa, infatti la Tassa che viene proposta dovrebbe servire a tassare anzitutto i movimenti speculativi di capitali, mentre la detax è un’altra cosa, più o meno sul modello dell’8 per mille. E’ un’iniziativa sostanzialmente di carità, per di più a carico del bilancio dello Stato, che è poi la ragione che ha costretto Tremonti a parlarne molto e a non attuarla. La detax di Tremonti è in sostanza una riedizione del classico porto pesci.

Eppure dalla crisi finanziaria, i cui effetti stiamo tuttora scontando, il Ministro dell’Economia ha detto tutto il male possibile del mondo finanziario e bancario, dipinto come un moderno ricettacolo di untori. Certamente il mondo bancario e finanziario ha gravi responsabilità nella crisi. Ciò non toglie che nel decreto che va sotto il nome di milleproroghe, appena approvato dal Senato con un ennesimo voto di fiducia, sono stati concessi aiuti fiscali al sistema bancario. Aiuti fiscali forse necessari per aiutare il sistema del credito a rispettare le nuove regole di Basilea 3, che in sostanza prevedono un rapporto più credibile tra il capitale proprio delle banche e il credito concesso (leverage) troppo spesso arrivato prima della crisi finanziaria a livelli pazzeschi. Tuttavia aiuti potevano e dovevano essere legati a comportamenti precisi e al rispetto di nuove regole per evitare il ripetersi di crisi finanziarie come quella di cui scontiamo ancora gli effetti. Di queste condizioni non c’è traccia e i moderni untori, o almeno così li ha dipinti Tremonti, incassano l’aiuto del Governo senza dovere sottostare a particolari condizioni.

Ora il Governo ha deciso attraverso il milleproroghe anche l’unificazione della tassazione tra i fondi di rito italiano (fino ad ora tassati sul maturato) e quelli di rito estero (tassati sul realizzato). Iniziativa in sé utile per evitare che la differenza del sistema di tassazione perpetui una situazione sfavorevole per i fondi di rito italiano.
Tuttavia il 2° Governo Prodi dovette rinunciare a fare questa riforma fiscale per ragioni di costo e anche il Governo in carica fino ad ora aveva rinviato. Dove ha trovato improvvisamente le risorse per attuare questa riforma quando per interventi ben più modesti è ricorso all’aumento del prezzo del biglietto del cinema ?
In realtà è tornata la finanza creativa, chi vivrà pagherà il conto di questa norma.
I conti pubblici vengono piegati a piacere e il Ministro dell’Economia decide liberamente cosa è giusto e cosa non lo è, salvo che quanto è scritto nei provvedimenti sui costi è un conto, i costi reali un altro e per questo il debito pubblico continua ad aumentare.
Infatti l’ultima annotazione è che il debito pubblico italiano tra dicembre 2009 e dicembre 2010 è aumentato di 80 miliardi di euro, arrivando alla somma record di 1.843 miliardi di euro, sempre più vicino al 120 % del Pil annuo. In realtà se il confronto fosse fatto su novembre i miliardi sarebbero 100. Speriamo che il dato di dicembre non sia un’illusione ottica. Il maggior costo del debito pubblico non giustifica questo aumento perché 80 miliardi in più valgono in percentuale un aumento del 4,3 % mentre il maggior costo del debito pubblico nel 2010 è inferiore.

Da dove viene la differenza ?
Perché lo stock del debito pubblico aumenta malgrado la stretta sulla spesa pubblica sia ormai feroce, portando gli investimenti pubblici a livelli bassi mai visti ?
Calcoliamo pure il prestito alla Grecia per affrontare la crisi, se è stato effettivamente erogato. Il resto dov’è finito ?
In realtà in quasi 3 anni il Governo ha adottato diversi provvedimenti di spesa, spesso nascosti o sottostimati che ora portano ad aumentare il deficit e quindi il debito complessivo. In questo conto non c’è ancora il federalismo fiscale.
In realtà la gestione della politica economica del Governo è basata su una finanza allegra discrezionale (c’è ma non si vede) e su un aumento del debito pubblico e questo spiega perché malgrado le restrizioni ai Comuni e alle Regioni e il blocco degli investimenti pubblici il debito in realtà continua a crescere.
Le entrate dello Stato calano anzitutto per effetto della crisi economica mentre le spese aumentano, quindi il debito cresce. Presto l’Unione Europea ricorderà bruscamente al Governo che l’Italia ha un debito pubblico troppo alto e deve rientrare con maggiore velocità in zona di sicurezza.

Visto che il Governo vive alla giornata chi sarà al Governo a quel punto provvederà e si scoprirà che questo Governo ha preso già impegni pesanti con l’Europa. Continuare ad affermare che il nostro paese a fronte di un debito pubblico più alto ne ha uno privato più basso, come afferma Tremonti, non ci salverà da provvedimenti restrittivi dolorosi sul debito pubblico e, quel che è peggio, dopo una crisi economica che ha fatto perdere al PIL italiano oltre l’8 % e ha riportato i redditi indietro di 10 anni, naturalmente è la solita media del pollo. Il Governo ha dichiarato in una recente conferenza stampa, sfidando con coraggio il ridicolo, che ora verranno prese misure per la ripresa economica, salvo che ha lasciato decadere la norma per il riordino degli incentivi alle imprese e ha fatto sparire o rinviato tutti i provvedimenti di sostegno all’economia. In realtà la ripresa economica resta fuori dall’orizzonte del Governo, troppo occupato dai problemi giudiziari di Berlusconi.

Senza ripresa economica il debito è un problema irrisolvibile, che porterà a tagli e poi ad altri tagli della spesa pubblica. Risanare il debito su una base economica sempre più ristretta può avere conseguenza molto pesanti. La conseguenza della crisi politica di questo Governo è che ha cercato di nascondere sotto il tappeto la crisi economica e occupazionale e le conseguenze nei prossimi mesi potrebbero essere di una pesantezza mai vista.