Interpretazione femminista del racconto della creazione

Leonardo Boff
Filosofo/Teologo

Le teologhe femministe ci hanno allertati per farci notare tracce antifemministe nell’attuale racconto della creazione di Eva (Gen 1,18-25) e della caduta originale (Gen 3,1-19), il che è venuto a rinforzare nella cultura il preconcetto contro le donne. Stando a questo racconto, la donna è formata dalla costola di Adamo che, al vederla, esclama: «Questa sì! È osso delle mie ossa, carne della mia carne. Si chiamerà ‘donna’ perché è stata tratta dall’uomo. Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre, si unirà alla sua donna e i due saranno una cosa sola» (2,23-24).

Il senso originario tendeva a mostrare l’unità uomo/donna. Ma la anteriorità di Adamo e la formazione della donna a partire dalla sua costola fu invece interpretata come superiorità maschile. Il racconto della caduta suona pure come antifemminista: «La donna osservò l’albero i suoi frutti erano certo buoni da mangiare; era una delizia per gli occhi, era affascinante per avere quella conoscenza. Allora prese un frutto e ne mangiò. Lo diede anche a suo marito ed egli lo mangiò. I loro occhi si aprirono e si resero conto di essere nudi» (Gen 3,6-7).

Si è soliti interpretare la donna come sesso debole, dato che fu lei che cadde nella tentazione, e, a partire da lì, sedusse l’uomo. Ecco la ragione della sua storica sottomissione, ora giustificata ideologicamente: «Il tuo istinto ti spingerà verso il tuo uomo, ma egli ti dominerà» (Gen 3,16).

Esiste una lettura più radicale, presentata da due teologhe femministe, tra le altre: Riane Eisler (Sacred pleausure, Sex Myth and their politics of the body, 1995) e Françoise Gange (Les dieux menteurs 1997) che qui riassumo. Queste autrici partono dal dato storico che c’è stata un’epoca matriarcale, anteriore a quella patriarcale.

Secondo loro, il racconto del peccato originale sarebbe stato introdotto nell’interesse del patriarcato come un documento di colpevolezza delle donne per strappare loro il potere e consolidare il dominio dell’uomo. I riti e i simboli sacri del matriarcato sarebbero stati demonizzati e retroproiettati all’origine in forma di racconto primordiale, con l’intenzione di cancellare totalmente le tracce del racconto femminino anteriore. L’attuale narrazione del peccato originale mette in scacco i quattro simboli fondamentali del matriarcato.

Il primo simbolo attaccato è la donna in se stessa che nella cultura matriarcale rappresentava il sesso sacro, generatore della vita. Come tale essa simbolizzava la Grande-Madre. Adesso è diventata la grande seduttrice.

Nel secondo, si decostruisce il simbolo del serpente che rappresentava la sapienza divina la quale si rinnovava sempre come si rinnova la pelle del serpente.

Nel terzo, viene mutato il significato dell’albero della vita, ritenuto uno dei simboli principali della vita, nella gestazione delle donne, e ora messo sotto interdetto: “Non mangiate e non toccate il suo frutto” (3,3).

Nel quarto, si distorce il carattere simbolico della sessualità, ritenuta come sacra, poiché permetteva l’accesso all’estasi e alla conoscenza mistica, rappresentata dalla rapporto uomo-donna.

Ora l’attuale racconto come tratta il peccato originale? Capovolge totalmente il senso profondo e vero di questi simboli. Li dissacra, li demonizza e trasforma quello che era benedizione in maledizione.

La donna è maledetta in eterno, diventa un essere inferiore. Seduttrice dell’uomo che “la dominerà” (Gen 3,16). Il potere di dare la vita sarà realizzato tra sofferenze.

Il serpente sarà maledetto, come il nemico tradizionale della donna che gli schiaccerà il capo ma a sua volta sarà morsa al calcagno (Gen 3,15).

L’albero della vita e della conoscenza cade sotto il segno dell’interdetto. Prima, nella cultura matriarcale, mangiare dell’albero della vita significava nutrirsi di sapienza. Adesso mangiarne il frutto significa pericolo mortale (3,3).

Il vincolo sacro tra uomo e donna è sostituito dal vincolo matrimoniale, dove l’uomo occupa il luogo di capo e la donna di dominata (Gen 3,16).

Qui è stata operata una ricostruzione profonda del racconto anteriore, femminino e sacrale. Oggi tutti siamo bene o male ostaggi della narrazione adamica, antifemminista e colpevolizzante come sta nella Genesi.

Perché scrivere su questo argomento? È per dare appoggio al lavoro delle teologhe femministe che ci indicano quanto profonde siano le radici del dominio sulle donne. Riscattando la narrazione arcaica, femminista, esse intendono proporre un’alternativa più autentica e positiva in cui appaia un rapporto nuovo con la vita, con i generi, con il potere, con il sacro e con la sessualità.