Walter Peruzzi, La svastica verde

Recensione di Marcello Vigli
da www.italialaica.it

Ci sono diversi modi per presentare soggetti sociali o culturali, protagonisti o comprimari, della storia o della politica. Walter Peruzzi usa presentarli con le loro stesse parole. Lo ha già fatto nel suo Il cattolicesimo reale attraverso i testi della Bibbia, dei papi, dei dottori della Chiesa e dei Concili lo ripete nel suo ultimo libro Svastica verde in cui analizza Il lato oscuro del và pensiero leghista – come recita il sottotitolo – attraverso testi prodotti dalla Lega stessa.

Si tratta di documenti ufficiali, dichiarazioni di suoi esponenti, nazionali e locali, sfoghi e considerazioni di semplici militanti, articoli pubblicati da La Padania, testi radiofonici o di trasmissioni televisive. Ne emerge un quadro sconcertante di affermazioni e di valutazioni che, al di fuori dei contesti che le fanno apparire, talvolta, folcloristiche o paradossali, si configurano come una rappresentazione dell’uomo e della società, una concezione delle istituzioni e della politica, una visione del futuro riconducibili al nazismo. Evocate, icasticamente, dalla colorazione in verde della nera svastica hitleriana, Le matrici neonaziste del leghismo sono denunciate e confermate nella postfazione di Annamaria Rivera anche attraverso puntuali riferimenti ad autori leghisti. fra i quali due che si considerano e sono considerati dai giovani padani come i maggiori teorici del “pensiero etnonazionalista”.

In verità questa contiguità fra leghismo e nazismo costituisce un filo rosso che corre lungo le oltre 400 pagine che documentano l’omofofobia sessista, l’antimeridionalismo arrogante, il razzismo xenofobo, il disprezzo per le istituzioni democratiche, lo squadrismo fanatico della Lega negli oltre vent’anni della sua esistenza. Emerge, in verità, anche dall’analisi delle opzioni politiche, che li hanno caratterizzati e di cui il libro, nella seconda parte, ripercorre tutte le tappe: dall’invenzione della Padania alla diverse e spregiudicate scelte nel rapporto con Berlusconi. Su quella “invenzione” interessante in particolare è l’intervista, pubblicata su Il Giornale il 20 marzo 1999, al suo creatore Gianfranco Miglio, professore dell’Università Cattolica, senatore e ideologo della Lega dal 1990 al 1994, uscito dal partito a causa dei dissensi con Bossi.

Di quell’invenzione il professore evidenzia senza pudore le motivazioni economiche e di potere, molto diverse dall’idealizzazione della Padania come nuova patria del popolo dell’Italia settentrionale, sintetizzata, invece, nella Carta dei giovani padani e nel giuramento di Pontida, come l’autore ripropone. Di qui la plateale e volgare sconfessione da parte di Bossi di quel primo ispiratore, colpevole di aver evidenziato quelle che si riveleranno, nel tempo, le motivazioni più autentiche dell’agire politico dello stato maggiore e di molti degli elettori leghisti. Questa contraddizione profonda è rivelata nella documentata incoerenza fra esaltanti affermazioni di principio e scelte politiche opportunistiche finalizzate alla conquista di posizioni di potere o, semplicemente, di “posti” e prebende. Il leghismo trova infatti spazio nella degenerazione della società italiana

Di incoerenze e contraddizioni, del resto, è ricca la stessa narrazione di sé che la Lega propone ai suoi elettori chiamati inizialmente a battersi per la secessione e invitati poi a contentarsi di un federalismo solidale per di più da realizzarsi in tempi lunghi.

Più sconcertante è il Cattolicesimo in salsa celtica che l’autore ricostruisce attraverso citazioni testuali, dichiarazioni solenni e soprattutto l’intreccio fra atti di culto autenticamente pagani e la difesa ad oltranza del cattolicesimo in stile lefebvriano. In prima fila nella battaglia per la presenza del crocefisso negli uffici pubblici e nelle scuole, la Lega ostenta nei suoi riti celtici il culto per altri simboli, come l’ampolla del Dio Po. Roberto Calderoli si sposa con rito celtico e il suo collega Roberto Castelli s’inerpica a piedi nudi sule pietraie scoscese di Medjugorje convertito, grazie sua moglie Sara, da paganeggiante ministro a devoto, pur se dubbioso, cristiano affascinato dalla figura di Cristo. Al di là di questi aspetti folcloristici, ben più gravi contraddizioni emergono nel pesante interventismo dei suoi capi all’interno della comunità ecclesiale su posizioni sfacciatamente schierate a favore dell’integralismo e del tradizionalismo più oltranzista.

Durissimi sono gli attacchi contro l’arcivescovo Tettamanzi – cardinale o iman? Se lo chiedono in molti – per la tolleranza verso gli immigrati, i rom e gli stessi islamici e Bossi non risparmia critiche allo stesso papa. L’eurodeputato Borghezio, Presidente dell’associazione Padania cristiana, al contrario, lo esalta per la svolta impressa alla Chiesa con la riesumazione della messa in latino nel senso del ritorno alla tradizione, correggendo gli errori del Concilio Vaticano II e invita, perciò, tutti i segretari locali della Lega nord a promuovere sollecitamente la raccolta delle firme necessarie di richiesta ai parroci per la celebrazione della Messa tridentina, là dove essa non è stata ancora celebrata dai sacerdoti tradizionalisti. Pertanto non c’è da allarmarsi quando lo stesso Bossi e altri esponenti della Lega di tanto in tanto rispolverano il loro anticlericalismo dei tempi in cui il Senatùr invitava la Padania a”combattere contro il nazional-clericalismo” o denunciava i vescovoni falsoni come il principale potere antagonista dei padani. Bisogna ricordare che: Quando si è trattato di scegliere e di votare su questioni eticamente sensibili, i parlamentari e i senatori del Carroccio sono stati tra i più pronti e i più assidui nel sostenere i valori tradizionali e le scelte che stanno a cuore alla Chiesa.

Lo ricorda il 23 settembre 2009 su Il Giornale il vaticanista Andrea Tornielli, che valuta queste scelte segnali concreti, reali destinati a pesare molto più delle battute di Bossi, e lo convalida ricordando i meriti del credente Tremonti autore della parte economica del nuovo Concordato, della formula, cioè, dell’otto per mille dell’Irpef. Conferma che i fatti valgono molto più delle parole mons. Fisichella in un intervista al Corriere della Sera riconoscendo che la Lega: Quanto ai problemi etici pare che manifesti una piena condivisione con il pensiero della Chiesa.

Questa contiguità con le gerarchie ecclesiastiche e con la base integralista della comunità cattolica, è un elemento essenziale della sua presenza nelle regioni dell’ex Regno lombardo veneto e ben si integra con l’esaltazione del localismo e dell’antistatalismo leghista. Questo, da un lato, raggiunge le punte eversive, richiamate nel libro, con il progetto di un esercito del nord e la richiesta di scuole padane, dall’altro, serve a coprire evasione fiscale e violazione di norme e vincoli con il pretesto che sono imposti da Roma ladrona. In suo nome allevatori non pagano per le quote latte violate, sindaci si fanno sceriffi per cancellare i più elementari diritti delle persone, ma anche un prefetto – quello di Venezia – non gradito alla Lega è rimosso dall’incarico per avere acconsentito al trasferimento, in condizioni di sicurezza, di trentotto famiglie nomadi di etnia sinti in un nuovo insediamento.

Proprio questa piena subordinazione delle istituzioni pubbliche alle direttive del partito – che neppure il fascismo aveva preteso – evoca quella imposta dal nazismo al Terzo Reich hitleriano. Ben individuato quindi il titolo Svastica verde per un libro che rivela le connotazioni naziste della Lega facendole emergere dei suoi stessi atti e documenti.