Sulla situazione italiana del movimento LGBT

Cari amici,

vi inoltro alcune riflessioni appena inviate a Giovanni Dall’Orto sulla situazione italiana del movimento lgbt, ve le invio per condividere con voi, in diversa misura vicini alla lotta per l’uguaglianza e la dignità, le mie inquetudini sulla situazione italiana sperando che possa così nascere un confronto sereno sui diritti civili e la politica culturale. Mi scuso per il disturbo, vi ringrazio per l’attenzione e mando a tutti voi cari saluti
From: stefano
To: g.dallorto
Subject: riflessioni sulla Corte e il movimento
Gentile dottor Dall’Orto,

Lei non mi conosce. Mi chiamo Stefano, 27 anni, e sono figlio di una mamma AGEDO…Seguo da tempo e con interesse il lavoro che lei, anche con sua madre, sta portando avanti e volevo da tempo ringraziarla. Non solo per la grande dignità e il coraggio che avete avuto nella lotta per far emergere dall’oscurità gli affetti e le famiglie di chi veniva visto come un mero individuo sessuale, ma anche per le sue posizioni fuori dal coro, o meglio dall’acquario in cui placidamente sguazzano le associazini lgbt, almeno per la maggior parte …

Condivido pienamente il suo giudizio sulla sentenza della Corte, ma sopratutto sul solito sterile e deprimente siparietto ideologico cui ha dato vita. Qualche tempo fa, non troppo, l’ex presidente di Arcigay dichiarava che gli omosessuali non volevano affatto il matrimonio…forse perchè alcuni colleghi del partito in cui militava portavano il cilicio o forse per non deludere quella parte della popolazione omosessuale che considera monogamia, matrimonio e adozioni un grave errore per il movimento, simboli della sua “normalizzazione” o borghesizzazione. Sono certo che lei conosce molto più e meglio di me tali questioni.

Io ritengo, molto umilmente, che sarebbe giunta per il movimento l’ora di fare un bilancio circa le proprie scelte politiche, strategie comunicative, strade di rivendicazione. Non è certo un mistero la profonda crisi rappresentativa dell’associanismo lgbt tradizionale, lo dimostra che sono state associazini giovani e nate fuori dalle trame politico-economico-campanilistiche del movimento ad ottenere la prima pronuncia della Corte sul matrimonio lgbt. Lo dimostra purtroppo il fatto che pub, disco, sauene e locali vari sono sempre più pieni mentre i circoli, sempre più vuoti, sembrano occupati da un’oligarchia autoreferenziale, centralistica e indisponibile a mettere in discussione il proprio operato.

L’attenzione alla spartizione economica della lucrosa fetta del, cosìdetto, divertimento gay sembra prevalere sulla lotta di rivendicazione politica. Gli attritti e le gelosie reciproche, la concorrenza diretta e il dissacordo persino sul pride, sui cui ogni grossa associazione pretende di mettere per prima la firma per poi organizzare la propria festa serale, sono allamarti segnali di un movimento che preferisce farsi una guerra fraticida per spartirsi piccoli feudi di potere piuttosto che unirsi per rivendicare serenamente l’uguaglianza.

Un’uguaglianza che non può più e non deve, a mio modesto avviso, partire dalla rivendicazione di una tanto sbandierata quanto incomprensibile identità omosessuale, ma dal diritto costituzionale di ogni persona ad avere riconosciuta la propria dignità, di non essere ostacolata nello sviluppo della propria personalità, di pretendere che la repubblica rimuova gli ostacoli che si frappongono tra un cittadino e la sua cittadinanza.
Noi non dobbiamo chiedere il matrimonio in quanto omosessuali ma in quanto persone. Dobbiamo piantarla di fare pride in concorrenza reciproca e privi di senso, con carri pieni di tette e culi, perche la legittimissima provocazione degli anni 60 non provoca più nessuno, ma semmai al contrario rinsalda quello stereotipo che i giornalisti sono lieti di scovare (riprendendo non la maggioranza delle persone ma i 2 o 3 stereotipi che gli servono per parlare di froci).

Mi chiedo e chiedo che orgoglio ci può essere in un paese in cui non ci sono diritti civili, c’è una fortissima omofobia, e trionfa la doppia morale cattolica: in piedi di fronte all’altare e in ginocchio nel buio del confessionale…Dove sono i nostri amici “etero”? i nostri genitori? i nostri fratelli e sorelle? i nostri colleghi? Io penso che la rivoluzione si faccia cominciando con una rivoluzione del pensiero. Penso che si faccia partendo dalla propria vita, dalla propria famiglia, dai propri amici, dai propri colleghi…Un mister gay che, appena eletto, dichiara di non aver fatto coming out non è, forse, quel simbolo di liberazione che fa bene al movimento…
Io credo che sia l’ora di fare una serena autocritca.

L’ora di chiedersi perchè in Italia non si è fatto nulla per far entrare i gender studies in ambito accademico. Perchè un premio di tesi sul genere viene assegnato ad una tesi che si chiama: “Studio di un gruppo di lesbiche in Toscana”, titolo che sembra vicino ad alcune teorie sull’isolazionismo culturale e che sembra coevo agli studi di Margharet Mead sulle culture di gruppo. Io credo che sia il momento di chedersi se è giusto che ai pride prenda la parola una persona che urla:”il Papa è frocio” piuttosto di urlare:”il Papa e la chiesa sono vergognosamente omofobi, quindi faremo causa ai sigmori cardinali che offendono la nostra dignità di persone”.

Penso allo shock culturale che avrebbe un pride stile anni 30…con le trans e le drag in bellissimi costumi d’epoca, i figaccioni nelle sensuali uniformi naziste, e molti altri dietro il filo spinato con triangoli rosa e neri e divise a striscie. Non sarebbe forse un messaggio forte e d’impatto? Non sarebbe un modo molto serio ma anche molto ironico di pretendere dignità? Come farebbe la stampa di regime a trovare il solito dissenso retorico e ipocrita sul costume degenerato dei gay? Sarebbe l’ora di abbondonare tutte le trasmissioni Rai che censurano un cittadino perchè ha un’opinione sul pensiero e la politica del Papa e di chiedere che fine ha fatto il pluralismo…
ma forse la mia è solo un’utopia che ho voluto condividere con lei per la stima e il rispetto che le porgo.

Mi scuso per il disturbo e lo stile affannoso, la ringrazio molto e la saluto,
Stefano Firrincieli