Il Gesù secondo Ratzinger e il Gesù secondo Barbaglio: due mondi a confronto

Antonio Guagliumi (Comunità cristiana di base San Paolo – Roma)

In questo II volume su “Gesù di Nazaret” Joseph Ratzinger continua nel suo tentativo di demolizione dell’esegesi storico-critica – che pur riconosciuta utile in astratto avrebbe ormai esaurito le sue possibilità interpretative – sostituendole un criterio definito “storico-teologico” nel quale i rigorosi strumenti della ricerca scientifica siano aperti alla “visione di fede”.

Ma come ci insegna, ad esempio, Giuseppe Barbaglio nel suo più che mai attuale “Gesù ebreo di Galilea” (Bologna, 5° – 2005) o la ricerca storico critica è autonoma e cammina con le sue sole gambe, o non è. Solo alla fine, e non prima o durante questa ricerca, acquisiti i dati storicamente certi o almeno probabili sull’oggetto dell’indagine (in questo caso Gesù) ognuno di noi è libero di attraversare, come dice Barbaglio, “il sottile ponte” che unisce, o separa, la storia dalla fede e solo a questo punto una eventuale scelta per la fede sarà una scelta consapevole.

Perché allora questo straordinario impegno di tutta la teologia conservatrice contro l’esegesi storico-critica, qui definita “liberale” (nel senso sprezzante di Pio IX) o “saccente” e simili? Mi pare abbastanza chiaro. Attraverso una rigorosa esegesi della Bibbia condotta con i criteri comuni a tutte le scienze storiche, veniamo a sapere con certezza o con vari gradi di probabilità, quali affermazioni contenute nel vangelo siano riferibili a Gesù e quali all’elaborazione delle (varie) comunità delle origini.

E comprendiamo, ad es. che le parole con le quali Gesù, secondo Matteo (16,18) avrebbe costituito Pietro (e per traslato i suoi successori) come fondamento della Chiesa, e che sono scritte a lettere cubitali tutt’intorno alla navata della basilica del vaticano, sono il prodotto di una delle prime comunità cristiane, o che Maria aveva altri figli e figlie oltre al suo primogenito; tutto ciò non è indifferente per l’istituzione.

L’applicazione del nuovo metodo storico-teologico o storico-canonico come è anche definito, che è poi una riedizione delle metodiche di ricerca teologica medioevali con qualche infarinatura di storicità dove proprio non se ne può fare a meno, serve a J.R. in questo volume per sostenere due tesi principali: a) che al di fuori di Gesù – e del modo con cui la Chiesa lo presenta – in questo mondo tutto è tenebra e non c’è salvezza e b) che la morte di Gesù in croce ha carattere di sacrificio vicario ed espiatorio.
Per dimostrare la fragilità di entrambe queste tesi occorre una argomentazione minuta e incalzante che non può essere qui sviluppata e per la quale rinvio al documento reperibile su questo sito all’apposita voce.

Per quanto mi risulta, tutti gli interventi finora apparsi sul libro di Ratzinger, a parte quelli smaccatamente adulatori, si sono interessati solo ad alcuni aspetti generali (o storici, come quello di Flores D’Arcais sul “Fatto”; o filosofici come quello di Franca d’Agostini sul “Manifesto”) ma non su quello specificamente esegetico, salvo un articolo di Mancuso su “la Repubblica” concernente peraltro una singola affermazione contenuta nel libro.

Manca invece un’analisi critica complessiva e non meraviglia più di tanto che chi sarebbe in grado di farla (professori di università pontificie, studiosi comunque restii ad assumere atteggiamenti di aperta rottura con il Vaticano), non l’abbia sinora fatto, nonostante l’invito del papa a “criticarlo”, se occorre, non essendo questo libro espressione del “magistero”. Né purtroppo Giuseppe Barbaglio, che avrebbe tutte le carte in regola per farlo, può più intervenire oggi; per lui parlano però i suoi libri, per es. il “Gesù” già citato e il “Pensare dell’apostolo Paolo” anch’esso edito qualche anno fa preso le Dehoniane. Ad essi mi sono costantemente attenuto nelle pagine cui faccio rinvio.

Qualcuno potrebbe osservare: perché meravigliarci delle finalità conservatrici di un’opera che comunque, si sa, rappresenta posizioni così distanti dalle nostre? Perché occuparcene? Vogliamo “convertire” il papa? Il fatto è che le tesi contenute nel libro, già venduto in Italia in più di 500.000 copie, attraverso solerti catechisti, insegnati di religione, gruppi parrocchiali, sconosciuti aderenti alle varie associazioni clericali, saranno diffusi nella società a tutti i livelli e, quindi potrebbe capitare anche a noi di essere chiamati, su questi argomenti, nel nostro impegno civile, a “rendere ragione della speranza che è in noi”. E allora sarà utile aver fatto qualche riflessione in merito.

ALLEGATO (*.pdf)
Osservazioni al II volume di Joseph Ratzinger – Benedetto XVI su “Gesù di Nazareth”