15 M. per una nuova, reale, democrazia

Angelo Miotto
www.peacereporter.net

Non si ferma il Movimento 15 m. La giunta elettorale spagnola ha stabilito che oggi, giorno di riflessione alla vigilia del voto amministrativo spagnolo, non ci potranno essere manifestazioni in tutta Spagna. Ma le dichiarazioni del ministro dell’Interno Alfredo Perez Rubalcaba, fanno intendere che le manifestazioni saranno tollerate. Non c’è alternativa possibile, se non quella di immaginare il danno politico per il governo socialista se dovesse reprimere un Movimento che sta mostrando una capacità capillare di rappresentazione proprio nel giorno precedente il voto.

Le manifestazioni, presidi, gli atelier di discussione saranno presenti, secondo le ulime notizie di venerdì sera, in 166 città. C’è una capacità evidente, da parte del composito Movimento che si schiera per una nuova forma di democrazia reale e partecipativa, di attecchire anche all’estero, con appelli, pagine facebook e messaggi su twitter che attraversano i confini nazionali spagnoli.

Joan Subirats è un sociologo catalano, editorialista di El Pais. Ha assistito alla nascita in rete di un movimento che si è imposto alle cronache internazionali. Il professore universitario conosce le dinamiche che hanno portato il 15 maggio scorso alla manifestazione che ha tenuto a battesimo un movimento che non voleva sfilare il giorno prima, il 14, insieme a sindacati e altre realtà contro le politiche economiche e le riforme anticrisi di Zapatero.

Il blocco sociale di questo movimento è trasversale, sostiene Subirats. Mette insieme tutte le realtà di lotta contro la Ley Sinde, tagliola di diritti sulla Rete, con giovani disoccupati, precari, vittime delle ipoteche sulla casa – una sorta di femomeno subprime che è crollato alcuni anni fa nel Paese – e le diverse correnti che criticano la politica vecchia dei partiti tradizionali, la mancanza di partecipazione, il peso delll’essere chiamati a pagare gli sfasci del ‘capitalismo casinò’ che ha contraddistinto gli ultimi lustri.

Professor Subirats, cosa succederà oggi e domani, vigilia e giorno delle elezioni amministrative?

La Giunta elettorale ha deciso per il divieto di manifestazione, ma solo con un solo voto di scarto. Credo che ci siano stati dei contatti fra leader dei movimenti e le autorità per arrivare a un patto in cui venga garantita la libertà di presidio e di manifestazione in cambio della totale assenza di provocazioni o tentativi di influire sul voto. Dopo il voto di domenica vedremo, ci saranno conseguenze elettorali, penso con più voti ai partiti più piccoli, con un voto di castigo per i socialisti e non contro la destra dei Popolari, che hanno un elettorato più fedele. E a ben vedere le rivendicazioni del Movimento 15 m, si può dire che siamo di fronte a una base di sinistra. Ci saranno variazioni locali, anche perché il voto amministrativo si gioca su candidati che hanno un loro seguito.

Manca un anno al voto politico quindi il test è nazionale?

È un prologo delle politiche: assisteremo a un voto che sarà un termometro di quello che saranno le elezioni politiche e proprio per questo penso che ci sarà un conflitto al momento di interpretare il voto. Il Partido popular vincerà nell’insieme della Spagna e i socialisti cercheranno di dialogare con il movimento, agitando la paura di quello che potrebbe essere un ritorno a un governo di destra, fra un anno.

Questo movimento sarà capace di proseguire anche dopo il voto?

Non si sa bene cosa succederà: è un movimento nato dal basso, nelle reti sociali, con una mancanza di leader conosciuti e come sappiamo i media hanno bisogno di media e di facce. Ma dobbiamo ricordare che nelle rivolte del Maghreb non ci sono stati dei leader riconoscibili, dobbiamo leggere queste mobilitazioni più come movimenti di lungo periodo. Ha radici profonde e porterà a un cambiamento, anche se non nel breve, del sistema politico.

La genesi in Rete di questo movimento ricorda, per modalità, il famoso Sms che circolò nel 2004 dopo la strage di Atocha.

Nelle forme può essere simile, ma oggi twitter e facebook sono più diffusi e le potenzialità nelle reti sociali sono più chiare. Penso che in questo senso quello che appare è il divario fra una nuova società, che nasce nello scontro fra nuova economia e vecchia politica. Tutti sono concordi sul fatto che il vecchio sistema politico non è capace di reagire a una connessione così forte fra finanza e politica. Il costo del cambio di epoca e della crisi non si stanno distribuendo in maniera democratica e alla fine chi paga sono quei giovani che sentono un senso di mancanza di futuro; stanno dicendo ‘questo sistema non è il nostro’ e in questo assomiglia al maggio 68, che non è finito bene a livello poltiico, ma a livello sociale ha trasformato il mondo.

Un Movimento che attraversa le frontiere, proprio per la crisi finanziaria ed economica mondiale.

È un movimento globale. Avrà repliche in altre parti di Europa.

Qui si pone un grande dibattito sulla parola ‘democrazia’. Siamo arrivati finalmente al momento in cui si scontrano la democrazia rappresentativa – con il cittadino che assume importanza solo al momento del voto – e una democrazia partecipativa?

Penso di sì. La parola democrazia ha un senso di giustizia ed eguaglianza, come ci ha ricordato Bobbio. E poi un’idea forte di partecipazione. Non possiamo ridurre la democrazia a delle regole elettorali e a uno scontro fra élite politiche che si giocano il potere.

———————————————————

Spagna, giovani e ‘indignati’.
Valeria Tundo

La Spagna è scesa in piazza per manifestare il proprio mal contento. Come spesso accade, è la crisi economica a svegliare la popolazione dal torpore e farla “indignare”, verbo chiave per capire la protesta di questi giorni che è ormai conosciuta come quella de los indignados (degli indignati). Ed è così che nasce il “Toma la calle – 15/05/11”, poi ribattezzato 15 M in Italia. Una manifestazione promossa alla vigilia delle elezioni amministrative dai gruppi “No les votes” (Non li votare) e “Democracia real ya” (Democrazia vera adesso) sui principali social network e che attraverso il tam tam mediatico è andata acquisendo proporzioni sempre più grandi.Nessuno si aspettava il successo poi avuto; non i promotori, né tantomeno le autorità locali. Ma è un fatto che il movimento, che avrebbe dovuto esser circoscritto al centro nevralgico di Madrid, nella Plaza de Sol – ora nota ai manifestanti come Plaza de Sol-ucion (Piazza della soluzione) – si è diffuso a macchia d’olio, tracimando in più di 40 città e arrivando a coinvolgere persino le ambasciate spagnole nel resto d’Europa.

Ed eccoli lì, giovani e meno giovani, famiglie con bambini e pensionati, tutti uniti da un profondo malessere. Stufi del forte bipolarismo e, più in generale, di un sistema che non lascia spazio alla formazione di nuove forze politiche e che favorisce esclusivamente i due partiti maggioritari, Psoe (Partido Socialista Obrero Espanol, socialisti) e Pp (Partido Popular, conservatori), stanchi della corruzione diffusa, e dell’abuso di potere ad opera del sistema bancario. Rosa Llurba, 42 anni, aveva la voce che le tremava dall’emozione: “Ci hanno mentito a lungo, ci hanno utilizzato come fossimo marionette e non persone, e ci hanno tolto la dignità … ma stiamo iniziando a recuperarla”.

Sono accampati nelle principali piazze da domenica sera e vorrebbero resistere sino al 22, giorno delle votazioni. Organizzati, organizzatissimi. Ripetendo a mo’ di mantra “No nos vamos” (non ce ne andiamo) e “No tenemos casa, nos quedamos en la plaza” (non abbiamo casa, restiamo in piazza), distribuiscono garofani e margherite agli agenti di polizia che circondano il perimetro nel caso volessero evacuare la zona. Se ne stanno lì sotto la pioggia incessante, improvvisando un riparo con ombrelli e teloni di plastica, e non si lamentano né si scoraggiano. Una rivolta civile, educata, ma non per questo meno sentita; un’altra faccia della Spagna a cui il resto del mondo è abituato.

Nessun gruppo politico dietro alla protesta, come qualcuno ha insinuato. Soltanto il desiderio di risvegliare le coscienze ed aprire gli occhi a chi non vuole o fa finta di non vedere. Roberto Bruna, 28 anni, è chiaro: ” Chi ha aderito non spera di ottenere nulla in concreto. Vuole semplicemente esprimere il proprio disappunto verso il sistema politico attuale e i politici che lo costituiscono. Gli spagnoli si sentono estranei a questo teatro in cui recitano, e sono stanchi di essere semplici spettatori di un’opera in cui i loro applausi contano sempre meno”. Dello stesso avviso Francisco: “Sono un taxista, ho un figlio disoccupato di 28 anni che vive con la sua compagna. Tre anni fa comprò casa, pensando che fosse un investimento oculato. Ora si ritrova con un’ipoteca da pagare per i prossimi cinquanta anni… una condanna a morte, altro che investimento. Devono continuare a lottare perché tutto questo cambi”.

Ed “indignata” è anche Andrea, che su uno dei forum in cui si raccoglie la protesta, racconta la sua storia e la sua rabbia: “Ho 27 anni ed al quinto mese di gravidanza mi hanno licenziato dalla scuola materna dove lavoravo come maestra perché sarei diventata madre. E’ scandaloso!”. Un clima analogo si respira a Valencia. Alla domanda di rito “E tu perché sei qui?”, Luis risponde secco: “Perché come tanti spagnoli ora mi sono svegliato. Ho smesso di pensare che manifestare non serva, e mi sono reso conto che alla fine dei giochi non ho nulla da perderci facendolo. Vengo da una famiglia socialista, e, di fatto, alcuni dei miei parenti militano tuttora nel partito. A suo tempo ho addirittura votato Pp quando pensavo fosse una valida alternativa; soltanto adesso mi sono reso conto, come gli altri, del resto, che è tutta una bugia, che votare un partito o l’altro è fondamentalmente la stessa cosa. Avremmo dovuto ribellarci parecchio tempo fa, prima della crisi, quando ci fu il boom immobiliare e passammo da appartamenti di 25 mila euro con ipoteca per 20 anni ad appartamenti di 250 mila con ipoteca quarantennale. Perlomeno adesso ho recuperato la speranza nei miei compatrioti…”.

Disincantati, dunque, ma combattivi e decisi gli spagnoli che in questi giorni stanno occupando le strade. Ed anche se le autorità già minacciano lo sgombero e utilizzano il terrorismo psicologico per spaventare gli animi più deboli attraverso il reato di “delitto elettorale”, la rivolta sembra inarrestabile. Che gli spagnoli riescano finalmente a passare dal “Yes We Camp” al “Yes We Can”?

—————————————————————

Il manifesto degli “indignados”

Omero Ciai
La Repubblica, 20 maggio

Quella di oggi è una serata importante per i ragazzi di Puerta del Sol. A mezzanotte infatti scatta il divieto di manifestazioni ed atti di propaganda che coincide con la “giornata di riflessione” alla vigilia delle elezioni regionali e amministrative di domenica. La Giunta elettorale – con un solo voto di maggioranza – ha proibito anche la protesta della Puerta del Sol 1 e la polizia potrebbe avviare lo sgombero per “far rispettare la legge”, come chiedono a gran voce tutti i candidati e i giornali del centrodestra.

Ma il ministro degli Interni, il socialista Alfredo Perez Rubalcaba, è stato molto più cauto, e in conferenza stampa, ha detto che “la polizia deve essere impiegata per risolvere problemi e non per crearne di nuovi”, alludendo a quello che potrebbe succedere se ordinasse lo sgombero con la forza dei ragazzi accampati da quattro giorni nella piazza e lasciando capire che, per il momento, non ci sarà alcun intervento. Loro, gli “indignados” pensano ad altro.

“La Giunta elettorale sbaglia: noi non facciamo alcuna propaganda elettorale”, ha detto una portavoce. E il movimento “Democracia real ya” (“Democrazia reale adesso”) ha ritirato i manifesti e gli striscioni nei quali invitava a votare in bianco o ad annullare il voto. Puerta del Sol non è una manifestazione e neppure un accampamento: è una Agorà, e qui sta la sua forza.

I giovani – studenti, precari, disoccupati – hanno formato commissioni e si riuniscono in circolo, seduti per terra, a discutere con un megafono che gira di bocca in bocca. Tutto il lavoro e le discussioni si stanno concentrando nella elaborazione di un “manifesto minino” con i temi più importanti e le proposte per affrontarli che, alla fine, saranno messe ai voti.

Nel “manifesto” chiedono l’abolizione delle leggi che considerano ingiuste, come quella elettorale, e vorrebbero che ogni nuovo provvedimento importante approvato dal Parlamento sia sottoposto automaticamente a referendum. Vogliono abolire la monarchia e chiedono una riforma fiscale a favore dei redditi più bassi. Una tassa Tobin sulle speculazioni finanziarie e la nazionalizzazione delle banche salvate dal fallimento con i fondi statali. Chiedono più trasporti pubblici e meno auto private, piste ciclabili e biglietti gratis ai disoccupati. Poi se la prendono con la classe politica: liste elettorali aperte, azioni contro la corruzione politica e ricandidature precluse agli indagati. Riduzione dei costi, riforma della legge sul finanziamento ai partiti, soppressione di incarichi e pensioni vitalizie.

Tra le richieste degli “indignados” c’è anche la completa separazione fra lo Stato e la Chiesa. Per l’Agorà della Puerta del Sol la religione è un fatto privato, che riguarda soltanto l’intimità della persona, e la Chiesa non deve ricevere finanziamenti statali. Mentre i giudici devono stare lontani dalla politica, e i politici non devono interferire con il lavoro della magistratura. Chiedono anche il decentramento del potere politico con una partecipazione allargata alla gestione dei bilanci delle singole amministrazioni (provincie, comuni, regioni) e una democrazia locale più diretta grazie ad internet e alle nuove tecnologie. Per l’ecologia e l’ambiente chiedono la chiusura immediata di tutte le centrali nucleari e sollecitano il governo a sostenere la ricerca e l’applicazione delle energie alternative. Infine la riduzione delle spese militarie e la proibizione all’esercito di intervenire in qualsiasi scenario di guerra.

Da Madrid la protesta si è estesa nelle altre grandi città. Dopo Barcellona, dove è occupata Plaza de Catalunya, sono 166 i centri abitati in Spagna nei quali sono in corso proteste. E’ uscito anche il primo sondaggio sulla composizione del popolo degli “indignados” raccolti attorno alla statua equestre di Carlo III nella Puerta del Sol. Il 60% sono uomini, il 40% donne; il 32 % lavora, il 25% sono studenti, il 23% disoccupati, il 12% studia e lavora. La fascia d’età più rappresentata (21%) ha fra i 20 e i 24 anni, il 17% fra 25 e 30 anni, il 7% meno di 20 mentre il 13% ha superato i 30. Nella piazza le assemblee hanno una cadenza di una ogni quattro ore circa, dalle otto a mezzanotte. Su Facebook, nei vari siti da “Spanish revolution” a “Democracia real”, hanno quasi 200mila sostenitori. E l’onda si allarga 3 ad altri Paesi europei.