Stranieri, sicurezza e culto: due idee di integrazione

Andrea Galli
Corriere della Sera, 25 maggio

Una macchia nerastra. E poi un’altra. L’edificio resisterà oppure crollerà? Infiltrazioni d’acqua e crepe si moltiplicano sul soffitto d’un garage sopra il quale, in uno stanzone col pavimento irregolare tutto gobbe e buchi, per le canoniche cinque volte al dì pregano i musulmani di Milano. Siamo in viale Jenner. In un’ex fabbrica sgarrupata, ecco il centro islamico. Lo chiamano moschea. Non lo è. Se non altro perché ce ne sono altre. Sette. Più o meno regolari, più o meno autorizzate. Moschee in palazzi e capannoni. Una situazione che dura. Da decenni.

Arriverà una soluzione, con il nuovo sindaco? Letizia Moratti propone «luoghi di culto più piccoli e decentrati» . Giuliano Pisapia sostiene «il diritto fondamentale di poter esercitare in libertà e dignità la propria fede» . Dunque sì alla moschea. A favore della quale ieri s’è pronunciato il segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata. Purché, beninteso, si rimanga «dentro le regole della Costituzione» . La preghiera del venerdì Nessuna moschea, sostiene da tempo il Pdl. Per la Lega «non è una priorità» . Del resto, ha detto il leader Umberto Bossi, «il programma di Pisapia non è compatibile con una Milano decente. Vuole costruire una zingaropoli e la più grande moschea d’Europa» .

Non è un caso che sia stato un leghista, il ministro dell’Interno Roberto Maroni, a ordinare la fine della preghiera del venerdì in viale Jenner. Era il 2008. I fedeli, troppi per gli spazi minuti dell’ex fabbrica, avevano invaso il cortile, il marciapiede e perfino la strada. Non una vietta di periferia. Viale Jenner è un importante asse viabilistico nel Nord di Milano. Da quel 2008, per il venerdì, la comunità musulmana ha iniziato una sorta di tour. Meglio, un pellegrinaggio. Vigorelli, Fabbrica del vapore, infine il PalaSharp. Che sarà abbattuto.

«Il prefetto ha garantito che fino a settembre potremo stare al PalaSharp» dice Abdel Shaari, il direttore di viale Jenner. Quattro mesi ancora, dopodiché andrà trovato un luogo. Dove? Le ipotesi si sono sprecate. Qualcuno ha suggerito nelle vicinanze della zona dei padiglioni dell’Expo, l’Esposizione universale del 2015. Paesi arabi ed Expo Del resto, racconta Asfa Mahmoud, presidente della Casa della cultura islamica di via Padova, che «quando vengono in città ricchi imprenditori delle nazioni arabe chiedono dove sia la moschea di Milano» .

E lei, Mahmoud, cosa risponde? «Che non esiste. Che siamo ormai un caso europeo. Scusate, forse non arriveranno musulmani per l’Expo?» . Mahmoud è stato premiato con l’Ambrogino d’oro. La massima onorificenza del Comune. Lui l’ha ricevuto dalla giunta di Letizia Moratti. La quale ricorda che «nella nostra città hanno scelto di vivere 161 comunità con radici diffuse in tutto il mondo. La buona convivenza è garantita anche dal rispetto della legalità e dalle misure di sicurezza che ho attuato in questi anni. E che intendo rafforzare sempre più» .

In che modo? Potenziando «le “funzioni di sicurezza”della polizia municipale» . Gli stranieri. E la sicurezza. Binomio non accolto da Pisapia: «Hanno piluccato frammenti, parole da usare come cava propagandistica per generare paure. Una di queste storie è la moschea, fantasma inventato a tavolino per scopi denigratori» . Da chi prega al sondaggio Dal comitato di residenti di viale Jenner mandano il seguente messaggio: «Berlusconi dice che con Pisapia sarà una città islamica. Noi gli rispondiamo: dica alla Moratti di chiudere il centro islamico. Faccia il miracolo e ringrazieremo in cabina elettorale» .

I musulmani garantiscono che troverebbero in un attimo sponsor e finanziamenti, e «non per forza vogliamo una moschea nel senso architettonico del termine» . A Milano, su un milione e 300 mila abitanti, vivono tra i 70 mila e i 100 mila cittadini di religione islamica. Il centrodestra sostiene che «soltanto il 3%prega nei luoghi di culto» . L’arcivescovo Dionigi Tettamanzi per infinite volte ha riproposto l’urgenza d’una moschea.

In un sondaggio del 2010 della Camera di commercio, il 70%degli imprenditori intervistati aveva detto di non volerne una. In una lettera al Corriere, la gioielliera e anima del Quadrilatero della moda Claudia Buccellati — Buccellati, marchio nella storia della milanesità— consigliava: «Vale la pena ogni tanto di rileggersi testi antichi, pensare a Menenio Agrippa e smetterla con la mentalità dell’orticello» .