Barcellona: manganelli sul movimento 15 M

Michele Primi
www.peacereporter.net

(27 maggio) La motivazione ufficiale è sempre la stessa: garantire la sicurezza dell’ordine pubblico. Ma tra le ragioni reali c’è anche la partita del Barcellona di sabato sera. Fatto sta che i Mossos D’Esquadra hanno sgomberato Plaza Catalunya, occupata dal 15 maggio dal movimento degli “indignados”. Manfanellate, calci e botte. La risposta della Generalitat alle proteste pacifiche e costruttive del nuovo movimento.

Un gigantesco cartellone pubblicitario marchiato Nike con i colori del F.C. Barcellona domina la piazza fin dal primo giorno, come preannunciando un finale che ora sembra inevitabile. Mercoledì era stato annunciato lo spostamento degli eventuali festeggiamenti nel Paseo San Joan, poi il comune ha cambiato idea. Le ragioni di una protesta civile e creativa cedono di fronte agli interessi di una città in cui tutto, soprattutto la sua squadra di calcio, è diventato un marchio.

Il portavoce del governo autonomo Francesc Homs ha parlato di “situazioni potenzialmente pericolose” all’interno della “acampada”. In realtà il messaggio che è arrivato da Plaza Catalunya è stato chiarissimo: c’è una generazione capace di chiedere un cambio delle regole della società senza infrangerne nessuna. Il giudizio della città su Plaza Catalunya è stato unanime: una lezione. Nelle notti della protesta gli indignados si sono organizzati per fare arrivare la loro voce ad una classe politica distante, senza disturbare nessun altro.

Nelle assemblee le votazioni avvenivano usando il linguaggio dei sordomuti. Migliaia di mani agitate al cielo, in silenzio, per decidere come cambiare il proprio futuro. “Non imitiamo il passato, viviamo il presente, inventiamo il futuro” diceva uno dei cartelli della piazza, appeso vicino a quello che è stato il vero slogan del movimento: “Esto no es un botellòn”. Questa non è una festa. I giovani di Barcellona, hanno voluto proporsi come protagonisti reali della vita politica del paese, pieni di idee ed entusiasmo, ma anche di senso di responsabilità.

Ogni mattina lasciavano le tende per andare a lavorare o a dare esami all’università, e tornavano la sera a fare i turni in cucina, riciclare i rifiuti, partecipare ai lavori delle commissioni sull’immigrazione, la casa, il diritto allo studio. Dal palco sono arrivati appelli continui ad essere concreti, a non perdersi nell’idealismo, a creare un “pensamiento autonomo”, a non bere alcool. In dodici giorni hanno discusso ogni tema sociale e confrontato ogni opinione. Hanno cercato un modo per rendere più forte la protesta coinvolgendo altre classi sociali.

Sono riusciti soprattutto ad elaborare una piattaforma concreta di riforme sulla legge elettorale, sui servizi pubblici, sul sistema bancario. Alle 9.30 di questa mattina i Mossos D’Esquadra hanno interrotto questo esperimento di democrazia partecipativa con i managanelli. Il bilancio è di 28 feriti. In poche ore sono state sgomberate le tende, le cucine e tutte le strutture del campo, tra cui un parco giochi per i bambini e una biblioteca.

Nel centro di Plaza Catalunya sono rimasti circa duecento ragazzi, circondati dalle forze dell’ordine. Chiedono pile per i megafoni e acqua. Dopo le cariche di questa mattina c’è stata per qualche ora una calma carica di tensione. Poi altre cariche, fumogeni e le famigerate palle di gomma sparate dai Mossos per disperdere la folla.

Il Barcellona è arrivato a Londra per giocare la sua partita. Plaza Catalunya vuole ritornare al suo abituale flusso di turisti. Ma la protesta si è spostata nella vicina Ronda San Pere. Alle due del pomeriggio, i feriti sono saliti a 65. E i ragazzi gridano: “Torniamo alla piazza.”

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”Mai vista tanta bestialità”

Antonio Marafioti

 

Dopo la repressione violenta delle proteste da parte della polizia catalana, PeaceReporter ha intervistato Pere Duran Nadal uno dei portavoce degli indignados di piazza Catalunya. Dopo la repressione delle forze dell’ordine sui manifestanti in piazza Catalunya a Barcelona, PeaceReporter ha intervistato Pere Duran Nadal, uno dei portavoce degli indignados

Raccontaci cosa hai visto.
Siamo arrivati in piazza Catalunya alle sette di mattina e c’erano già schierati gli agenti della polizia autonoma catalana e della guardia urbana, la polizia municipale di Barcelona. Sono arrivati con le squadre della nettezza urbana, intimandoci di andare via per permettere le operazioni di pulizia. Ma ci siamo rifiutati e i netturbini hanno iniziato a bloccare l’accesso alla piazza e, insieme agli agenti di polizia, a distruggere i nostri gazebo, a prenderci i computer, i depliant informativi e tutto il materiale in nostro possesso. Hanno anche staccato tutte le nostre apparecchiature, dal mixer allo schermo gigante fino ai ripetitori per la connessione a internet. Ci hanno preso tutto e l’hanno caricato sulle loro camionette.

Cos’è successo poi?
La gente che aveva saputo ciò che stava accadendo, si è riversata in piazza Catalunya per darci ulteriore sostegno. Verso le dieci e mezza eravamo davvero in tanti, sia dentro che fuori dal perimetro della piazza. Ci siamo seduti intorno ai mezzi della polizia affinché non potessero uscire dalla piazza e, quindi, portarsi dietro tutte le nostre cose. Per liberare i veicoli gli agenti schierati hanno iniziato a caricare i manifestanti, il resto è quello che si è visto in televisione. In tanti anni di partecipazione attiva non ho mai visto un attacco così indiscriminato su gente indifesa, mai vista tanta bestialità.

La polizia ha accusato i manifestanti di aver distrutto le vetrine dei negozi, i semafori le cabine telefoniche? Cosa c’è di vero?
Sono tutte falsità.

Provocazioni verbali?
Quelle ci sono sempre, fanno parte di questi momenti. Riesci a immaginare una manifestazione senza insulti o parolacce? Ma, ripeto, che fra i manifestanti nessuno ha usato violenza o commesso atti vandalici.

Quindi sono le forze dell’ordine che hanno iniziato a usare violenza?
Assolutamente sì. E lo hanno fatto fin dall’inizio della nostra protesta che si è svolta in modo pacifico ed è finita con gente ricoperta di sangue e lividi.

Chi ha dato il comando di questa operazione?
Felip Puig, il consigliere degli Interni (il ministro degli Interni, ndr) della Generalità Catalana.

Quanti feriti ci sono?
Sono stati confermati più di cento feriti. Fra di loro ci sono anche giornalisti. Alcuni manifestanti hanno riportato la rottura di braccia e gambe. È stata una carica davvero potente.

Sì, le immagini sono molto chiare.
Ci sono anche quelle che non sono state fatte vedere. Quando gli agenti hanno iniziato a sparare, mentre caricavano dai lati le persone che erano ancora sedute in strada.

Hanno sparato proiettili di gomma?
Sì, anche se è proibito. Ci sono nuove armi che avrebbero dovuto sostituire quelle che sono state usate oggi, visto che proprio queste, in passato, avevano causato danni irreparabili alla gente, come la cecità. La Generalità Catalana aveva approvato un protocollo per proibirne l’impiego. Oggi hanno usato le armi nuove con i proiettili vecchi, quelli che vengono sparati direttamente sul corpo. Inoltre, e questa è la cosa più grave, oggi i poliziotti erano senza distintivo. Pertanto non potranno esserci denunce contro qualcuno in particolare. Perché nessun agente si è identificato. Non solo. Alcuni hanno agito anche con il volto coperto da passamontagna, in modo da non essere riconoscibili nei filmati o nelle fotografie. É stata un’azione totalmente illegale.

Ora che farete?
Ritorneremo in piazza alle sette per chiedere, tra l’altro, le dimissioni immediate di Puig. Inoltre ricorreremo al síndic de greuges (una sorta di difensore del popolo, ndr), Raphaël Ribo, per avviare una denuncia e cercare di avere giustizia e ottenere di nuovo il nostro materiale che, di fatto, è stato rubato dalla polizia.