Parliamone: ascoltiamo le ragioni delle altre

Vivien Briante (Presidente Associazione Italiana Alhambra)

E‘ confermata per il 9 ed il 10 luglio la manifestazione delle donne a Siena che fa seguito a quella del 13 febbraio

Forse anche noi donne che da anni facciamo politica nello sforzo di significare la differenza femminile siamo state poco accorte nei confronti di aree femminili che pativano una mancanza di parola.

Il tema del lavoro sarà al centro dell’attenzione e dell’essere in piazza, tema e slogan preso e ripreso in questi ultimi tempi in vari contesti.
Santoro su Sky per iniziativa della FIOM, ne ha fatto una serata clou di grande audience con partecipazione di donne e uomini dello spettacolo e della cultura. Tema del lavoro è stato quest’anno argomento di molte donne del sindacato di diverse appartenenze con confronti ed incontri in varie città d’Italia.

Un grosso contributo in questo senso è stato dato dalla rivista “Via Dogana” di Milano che da tempo dedica spazio e parola a questo tema e di recente segnalazione sarà quello di un appuntamento titolato “L’agorà del lavoro” che accade ogni mese a Milano.

In pieno contesto della manifestazione del prossimo luglio, compare su La Repubblica del 19 giugno un articolo di Silvia Fumarola dove, con titoli roboanti sostenuti dalla regista Cristina Comencini su tutto il testo, si parla di un preciso impegno affinché si faccia un bilancio della “condizione femminile” in Italia e di quanto il “movimento” ha realizzato fino ad ora.

Il linguaggio e lo stile utilizzati rimandano ad una chiara politica della “rivendicazione” e del “riconoscimento”.
Come donne dell’Associazione Alhambra, quelle che si firmano, siamo in tante e non possiamo parlare per tutte, crediamo che si stiano facendo passare toni e contenuti che rischiano di diventare costante domanda di istanze e richieste, oscurando così l’affermazione simbolica femminile.

In altre parole, si va verso una sintesi approssimativa dove la memoria di pratiche avvenute e in atto non hanno il corretto significato, private dell’incidenza su cambiamenti di molte realtà e in vari contesti.

Dall’intervista della quale stiamo parlando, emerge che le donne ritornano ad essere nominate e collocate nella questione della “condizione femminile” con dati deprimenti di statistica che non entrano nel merito, però, di percorsi acquisiti e di elaborazioni in corso.

Nello stesso tempo, si afferma che l’onda femminile di visibilità avvenuta, abbia inciso su un cambiamento storico e politico del Paese e vengono nominati, a questo proposito, gli ultimi risultati delle elezioni amministrative e dei referendum (riflessione, a nostro avviso, ancora poco dibattuta e approfondita ed appena accennata).

Ci sembra, altresì, che dai toni dell’articolo in questione, emerga troppa emotività e poca “politica progettuale” e stia viaggiando l’dea che ci stiamo affidando in maniera titolare attraverso le piazze ad un nuovo movimento di donne che non vuole essere politico, così ha precisato Cristina Comencini, ma espressione di “voglia di cambiamento “ che va oltre i partiti, gli schieramenti, gli antagonismi.

Di che cosa si tratta? Sicuramente di un’onda che va oltre, appunto, le barriere dei partiti e degli schieramenti, nella quale le donne affermano di essere ritornate per farsi sentire, chiedendo alla politica (attualmente, precaria e di sopravvivenza governativa) di essere ascoltate, così la fisionomia di questo risveglio cerca di prendere un certo significato.

E’ come se, però, la memoria del prima e del presente scivolino nell’inesistente e che le donne abbiano vagato in un disagio storico e politico per molto tempo. E’ come se le donne, in questi anni non abbiano trovato con criteri di senso, strategie di vita, di possibili soluzioni, ed assennate mediazioni nel lavoro, nel sociale, nelle relazioni il loro modo di esserci.

La piazza, a nostro avviso, rischia di diventare un rituale che non fa la differenza, un luogo di ostinata domanda legato anche ad un linguaggio che ne consegna i significati fatti di numeri, di quote, di entusiasmo dell’essere in tante in piazza potendo vivere un’emotività liberatoria anziché uno spostamento ed un rafforzamento di soggettività che possano modificare delle situazioni concrete.
Così facendo, ci sembra inoltre di incorrere nel rischio di non aprire varchi di confronto reali e concreti nella vita pubblica.

Certo, questa nuova aria che circola e si respira in molte città sta muovendo un sentimento forte di voglia di cambiamento.
Le molte donne che hanno partecipato alla manifestazione del 13 febbraio (e lo faranno probabilmente anche nel futuro in altre occasioni, se questo sta diventando un trend di espressione) ci chiediamo in questi anni dove sono state?

Quale condizione hanno vissuto per non sentire e vedere che una storia delle donne fattiva continuava ad esserci. Forse qualcosa nella loro mente si era opacizzata ammutolendo una risonanza anche minima che potesse rappresentarle tale da dare oggi una stura di rivendicazione pubblica che rischia però di diventare di scadenza episodica.

Forse anche noi donne che da anni facciamo politica nello sforzo di significare la differenza femminile siamo state poco accorte nei confronti di aree femminili che pativano una mancanza di parola. Ma possiamo solo dire che chi firma questo documento siamo donne che non tornano in campo perché, crediamo, di non essercene mai andate, e siamo tante, e che la sordità che spesso abbiamo vissuto attorno a noi non ha bloccato il nostro desiderio di parlare e di agire. Il dibattito è aperto! Proponiamo interventi e contributi in merito.