Cosa c’è davvero in ballo in Libia

Pepe Escobar
Asia Times (/www.atimes.com/atimes/Middle_East/MF30Ak02.html)

Sforando l’impenetrabile nebbia della guerra, la tragedia libica di questi giorni sta assumendo i contorni di una guerra di acronimi che geograficamente tratteggiano le tortuose “doglie” di un ordine mondiale possibilmente nuovo.

Da un lato c’è la NATO (la North Atlantic Treaty Organization) e la LA (la Lega Araba; dall’altro l’Unione Africana (AU) e il gruppo dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa). Da un altro punto di vista, tutto questo può essere visto come l’Occidente atlantista e i suoi alleati arabi contro-rivoluzionari che si oppongono all’Africa e alle potenze economiche emergenti del pianeta.

Bugie, bugie e ancora bugie

Sono arrivati un sacco di brontolii dal Congresso riguardo la Libia, incentrati sulle questioni tecniche relative al War Powers Act. Essenzialmente, i legislatori degli Stati Uniti si stanno ancora rifiutando di autorizzare una cosa che cammina come una guerra e parla come una guerra (e, secondo la Casa Bianca, non è una guerra). Non verranno concessi altri fondi per incrementare il coinvolgimento USA in quest’avventura della NATO, ma i finanziamenti arriveranno in ogni caso.

E se le contorsioni semantiche adoperate per la tragedia libica hanno già oltrepassato il mondo tendenzioso dei media, questo significa in pratica che i droni USA si uniranno agli aerei d’assalto NATO per bombardare i civili a Tripoli.

Come invece ha fatto l’irreprensibile Vijay Prashad dal Trinity College in Connecticut, in pochi in Occidente potrebbero aver notato quello che il Premier cinese Wen Jiabao ha dovuto dire sulla questione. In un articolo op-ed del 23 giugno per il Financial Times intitolato “Cosa la Cina progetta per rafforzare il recupero globale”, Wen ha affermato che la Cina è pronta per mostrare politicamente i propri muscoli nel MENA (Medio Oriente/Nord Africa) attraverso i paesi BRICS.

Pechino non è proprio felice di essere stata cacciata via a gomitate dai propri investimenti colossali in Libia, con più di 30.000 lavoratori evacuati nel giro di soli due giorni; vuole essere certa di rimanere una protagonista assoluta qualunque cosa vi accada.

Il Ministro degli Esteri russo, da parte sua, ha già evidenziato che la “distruzione fisica di [Muammar] Gheddafi e dei membri della sua famiglia paventano grosse perplessità”. La figlia di Gheddafi, Aisha, ha fatto causa alla NATO a Bruxelles per l’assassinio di sua figlia, Mastoura, di suo fratello e di due altri nipoti di Gheddafi.

Donatella Rovera, un’esperta consulente per la soluzione delle crisi di Amnesty International, ha riportato dopo aver trascorso tre mesi in Libia che non c’era assolutamente alcuna prova di truppe libiche in preda al Viagra coinvolte negli stupri di massa sulle donne (questo è un fatto che riguarda anche la Corte Penale Internazionale).

Amnesty non ha neppure scoperto prove di mercenari dall’Africa Centrale e Occidentale che abbiano combattuto i “ribelli”. Secondo Rovera, “le persone mostrate ai giornalisti come mercenari stranieri sono stati più tardi rilasciati. […] Per la gran parte erano migranti sub-sahariani che vivevano in Libia senza documenti.”

Alcuni si ritiene che siano stati linciati e persino giustiziati. La Cirenaica nella sua storia ha sempre avuto pregiudizi contro i neri africani.

I civili sono stati bombardati sia dall’esercito libico che dalla NATO. E ancora non ci sono prove che la Forza Aerea Libica abbia bombardato le città “ribelli” su larga scala; e non ci sono prove degli omicidi di massa dei civili stile Siria o Yemen. In sintesi, il regime di Gheddafi potrebbe avere avuto un passato di repressioni brutali rivolte a ogni sorta di opposizione. Ma non ha commesso genocidio. E questo mette due metri di terra sopra le motivazioni dei falchi umanitari per la guerra.

L’ipocrisia al comando. La Corte Penale Internazionale accusa Gheddafi, suo figlio Saif al-Islam – quello che è stato un beniamino alla London School of Economics – e lo zar dell’intelligence Abdallah al-Senoussi di “crimini contro l’umanità” mentre le orribili dittature in Birmania/Myanmar e quelle degli al-Khalifa in Bahrein sono ancora indisturbate.

Se hai dei dubbi, balcanizza

Bisognerebbe avere una certa familiarità con le mura cavernose della sede NATO a Mons, vicino Bruxelles, per misurare quanto questo nugolo di burocrati militari sia impermeabile alla realtà. La NATO ancora crede di “aver vinto” la guerra contro Slobodan Milosevic per aver bombardato la Serbia per 78 giorni nel 1999. Quello che in effetti “ha vinto” quella guerra contro Milosevic è stato l’aver perso il supporto politico della Russia.

Dopo più di 100 giorni di bombardamento in Libia, con 12.000 missioni e 2.500 obbiettivi, la NATO continua a ripetere che sta “vincendo”. Sì, proprio come sta “vincendo” in Afghanistan.

La tendenziosità dei media al potere, nel contesto di un’incessante disinformazione di guerra. La NATO si rifiuta di ammettere in modo chiaro che è coinvolta in una liberazione umanitaria della Libia per via di un cambio di regime che, a proposito, non è stato autorizzato dalla Risoluzione 1973 delle Nazioni Unite.

Gli Stati Uniti, da parte loro, hanno tolto la TV libica dal satellite ArabSat, di cui la Libia è azionista. Al nuovo rappresentante libico all’ONU è stato rifiutato il visto per gli USA. Questo significa che solo la cricca poco raccomandabile dei “ribelli” può frequentare una discussione nei media globalisti in lingua inglese.
Persino nei tanto lodati “bombardamenti di precisione” la NATO perde almeno un missile su dieci. Questo provoca l’incidenza sempre più alta dei “danni collaterali”. Gli obbiettivi non sono solo quelli militari, sono spesso quelli economici, come la Zecca Libica, che stampa i dinari.

Non c’è alcuna rivolta contro il regime. La Tripolitania – la Libia Occidentale – si è accodata a Gheddafi; dopo tutto si ritiene che stia difendendo la nazione contro un attacco straniero neo-colonialista.

E quelli che a Benghazi credono di essere così amati dall’opportunista neo-napoleonico Nicolas Sarkozy, tanto da volerli “liberare” con i Rafale, sono considerati dei sempliciotti, se non dei traditori.

I jihadisti nordafricani di al-Qaeda da parte loro hanno avuto modo di manipolare la NATO per raggiungere il loro obbiettivo, praticare il linciaggio casuale o le amputazioni in un ambiente selettivamente “liberato”.

Il mix di arroganza e incompetenza della NATO porta inevitabilmente a una balcanizzazione della Libia, uno scenario che Asia Times Online ha già previsto. Considerando che almeno due milioni di mitragliatrici sono state distribuite tra la popolazione e ritenendo che la NATO alla fine si schiererà sul terreno – l’unico modo per ottenere una “vittoria” decisiva – ci possiamo immagine le conseguenze davvero spaventose, pensando al sangue che verrà versato per le strade.

Una nuovo protettorato della NATO

La Libia è già un caso cruento di saccheggio post-moderno neo-coloniale.

La “vittoria” della NATO comporterà che la Cirenaica sarà una repubblica indipendente – anche se i “ribelli” preferirebbero ripristinare la monarchia (con il candidato che riesce a mascherare a stento la sua impazienza da Londra). E questo è proprio quello che l’Arabia Saudita e il Qatar – i maggiori sostenitori del cambio di regime – vogliono.

Questo progetto di emirato in una Libia orientale “indipendente” è già stato riconosciuto da alcune nazioni, Francia di Sarkozy inclusa. Non vi confondete: è già stato configurato come un protettorato della NATO. L’ultra-teppistico Consiglio di Transizione non può neppure rivelare i nomi dei suoi membri, disertori opportunisti, agenti della CIA, religiosi collegati alla jihad.

Intanto, miliardi di dollari di asset libici sono già stati – illegalmente – rastrellati dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea. E una parte della produzione nazionale di petrolio è stata venduta al Qatar.

Questa guerra bastarda della NATO non ha assolutamente niente da fare con l’R2P (Responsibility to Protect), il nuovo vangelo dei falchi umanitari che nella loro testa si è trasformato in legge internazionale. I civili non sono stati protetti a Tripoli, ma bombardati. C’è una crisi di rifugiati, una diretta conseguenza di questa guerra civile. Malgrado i ripetuti appelli di Turchia e Unione Africana, i falchi umanitari non si sono neppure preoccupati di organizzare un corridoio umanitario attraverso la Tunisia e l’Egitto.

L’unica opzione fattibile è un cessate il fuoco, con la NATO che rimane fuori dal quadro. Il controllo del territorio cadrebbe sugli elmetti blu delle Nazioni Unite, preferibilmente composti da africani. L’Occidente non ha assolutamente alcuna credibilità per ottenere un ruolo di mediatore; gli africani sarebbero i primi a opporsi. Così rimarrebbero solo la Lega Araba e l’Unione Africana.

La Lega Araba è a fianco di Benghazi. Infatti un voto fasullo della Lega Araba (solo nove dei 22 paesi, sei di loro che fanno parte del Circolo dei Contro-rivoluzionari del Golfo, noto anche come CCG), manipolato dall’Arabia Saudita, ha consentito l’approvazione araba di quella che è diventata la Risoluzione 1973 dell’ONU; in effetti, si è trattato di uno scambio per la Casa di Saud che così ha le mani libere per reprimere le proteste a favore della democrazia in Bahrein, come Asia Times Online ha già riportato (vedi Exposed: The US/Saudi deal, Asia Times Online, 2 aprile).

L’Unione Africana è stata ripetutamente disprezzata dal consorzio per il cambio di regime anglo-franco-americano, anche dopo aver ottenuto un impegno da Gheddafi per avviare le trattative. L’UA si incontrerà di nuovo questo giovedì in Guinea Equatoriale. Il direttore della commissione sulla Libia dell’UA – il Presidente della Mauritania, Mohamed Abdel Aziz – ha già detto in pubblico che Gheddafi “non può più rimanere al governo in Libia”, un notevole passo in avanti per l’UA.

Ma questo non significa che l’UA – con come la NATO e i “ribelli” – auspichi un cambio di regime immediatamente. L’abbandono del potere da parte di Gheddafi dovrà essere il risultato naturale di un processo di negoziazione. In sintesi, l’UA ha un progetto di pace per arrivare a una soluzione; la NATO ha solo le bombe. E i paesi BRICS, specialmente per via di Cina, Russia e Sud Africa, privilegiano la strategia dell’UA.

Aspettiamoci che il consorzio USA/NATO combatta fino alla morte. Per ovvie ragioni, tutte collegate alla dottrina di dominio globale incessante e irremovibile del Pentagono con una sottotraccia cruciale, la nuova concezione strategia della NATO adottata a Lisbona nel novembre del 2010 (vedi Welcome to NATOstan, Asia Times Online, 20 novembre 2010).

La definizione di “vittoria” che la NATO ha in testa implica che Benghazi diventi il nuovo Camp Bondsteel, la più grande base militare degli USA in Europa, che diventerà così un nuovo stato “indipendente” alla stregua del Kossovo. La Cirenaica sarà il nuovo Kossovo. La balcanizzazione al comando.

Questa è la sorta di scenario vagheggiato per il sistema NATO/Africom. Africom ottiene la tanto desiderata base africana (il quartier generale è al momento a Stoccarda, in Germania) dopo aver partecipato nella sua prima guerra africana. La NATO fa avanzare la sua agenda per governare il Mediterraneo come fosse un lago della NATO. Dopo il Nord Africa ci saranno solo due ostacoli nel Mediterraneo da “far fuori “: Siria e Libano. Il nome del gioco non è Libia; è Guerra Indefinita.