Tre domande sulla laicità

Salvatore Rizza
Adista Notizie n. 60/2011

In un Paese come l’Italia dove la linea divisoria tra clericalismo e laicismo è così sottile da permettere frequenti e reciproche incursioni, la “laicità” è sempre sotto scacco e un obiettivo sempre da raggiungere. La cronaca dei giorni scorsi ha registrato un avvenimento, di per sé poco rilevante, ma tuttavia significativo: in un vertice segreto, il card. Bertone ha incontrato un gruppo di politici cattolici al fine di costituire una sorta di Democrazia Cristiana rediviva.

All’incontro erano presenti anche alcuni esponenti di organismi ecclesiali (Focolarini, Compagnia delle Opere, Scout, Acli, Movimento cristiano lavoratori, Sant’Egidio). Rivolgo quindi tre domande rispettivamente al card. Bertone, ai politici e agli organismi ecclesiali. Il segretario di Stato non è nuovo a queste sortite: nei mesi scorsi ha partecipato ad una cena in casa di Bruno Vespa, presente Berlusconi ed altri, con finalità analoghe.

È probabile che nel prossimo futuro vengano reiterate altre iniziative. Ma a che titolo il Segretario dello Stato Vaticano si occupa di ‘faccende’ politiche di un altro Stato? E, ancora di più, a che titolo un esponente della Chiesa interferisce nelle questioni attinenti la politica di uno Stato ‘laico’? Il card. Bertone vuole ‘clericalizzare’ l’attività laica della politica?

O è la continuazione della lotta interna alla Chiesa, tra Ruini e Bertone, passando per la Cei, per affermare un primato nei confronti del potere politico e così gestire il rapporto con la politica operando quella mediazione in passato operata dalla Dc?

La seconda domanda è per i politici intervenuti all’incontro: premessa la legittimità delle loro scelte, a che scopo cercano la benedizione del cardinale? A parte Pisanu, nel cielo politico italiano Buttiglione, Cesa, Binetti, Fioroni, Bonanni e altri partecipanti non brillano di particolare luce e non si sa con quale autorevolezza possano pensare di ricostituire un partito dei cattolici.

Sturzo, De Gasperi, Moro erano cattolici e politici di ben diversa pasta! Mai avrebbero rinunziato alla loro ‘laica’ autonomia, pur nel rispetto della Chiesa e delle gerarchie. Il Codice di Camaldoli, a cui pretendono di riferirsi, era nato con ben altri intenti e promosso da personaggi che prepararono il “cattolicesimo democratico”.

Non è sufficiente la legittima nostalgia di un mondo ormai passato per affermare quei valori che, oggi più di ieri, passano per la libera scelta e condivisione di uomini disposti ad animare le istituzioni nel libero e rispettoso confronto con altri uomini della medesima o diversa fede, cultura e visione di mondo.

La politica è ‘affare’ di cittadini non necessariamente connotati per le appartenenze religiose o ideologiche, ma appassionati al bene comune e alla democrazia. Come i “cattolici democratici”.

La terza domanda è rivolta agli esponenti delle organizzazioni ecclesiali, presenti all’incontro: la denominazione ‘ecclesiale’ colloca tali organismi tutti interni alla vita della Chiesa, facendo partecipi gli aderenti, da laici, alla missione pastorale della Chiesa stessa.

Ciò non toglie, anzi è auspicabile, che da cittadini partecipino alla costruzione di una società giusta, equa, solidale e per la costruzione del ’bene comune’: ma in nome proprio e in autonomia, senza coinvolgere la Chiesa. Si prepara forse un nuovo ‘collateralismo’?

Il cardinale, i politici e gli organismi ecclesiali forse dimenticano che il mondo è cambiato e viviamo tutti in una società multiculturale, multireligiosa e laica. Lo sanno i ‘nostri’? O, forse, hanno nostalgia del tempo passato e desiderano restaurarlo? Sarebbe un bel guaio!