La Chiesa non paga l’ICI?

Botta e risposta fra Loris Marchesini e Umberto Folena dell’Avvenire

Deve rispettare le regole per contrastare la miseria

Loris Marchesini
http://domani.arcoiris.tv/, 25 agosto 2011

“Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture, né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché l’operaio ha diritto al suo nutrimento” (Matteo 10, 8-9). “Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” (Matteo 22,21)

In questi due passi tratti dal Vangelo di Matteo è chiaro ciò che Gesù indica agli apostoli e al suo Popolo: la gratuità del servizio della Chiesa, la sua povertà, il valore della giustizia che i cristiani devono avere molto caro; poi, una delle caratteristiche della “buona novella”, del Nuovo Testamento: Gesù dice chiaramente che l’uomo deve avere la sua dimensione civile, politica distinta da quella della sua fede. E, in modo più diretto e concreto, i cristiani, proprio per il senso di giustizia da cui devono essere animati, devono essere i primi ad osservare le leggi e a pagare le tasse, l’evasione di queste è un grave peccato contro i propri fratelli.

E’ di questi giorni la polemica di molti contro la Chiesa, la richiesta che la Chiesa italiana non sia più esente dall’ICI per i suoi immobili, in particolare durante una crisi economica e della finanza pubblica così grave.

Io, da cattolico peccatore e praticante, la penso in questo modo. Le regole giuste lo devono essere in ogni situazione. Quindi non è questa crisi che deve modificare le regole per la tassazione degli immobili della Chiesa, degli Enti religiosi. Poi penso che occorra tener conto del grande sforzo, in Italia ed in tutto il mondo, che la Chiesa, a partire dalla sue strutture di base, esercita per contrastare la povertà, per aiutare milioni di persone in difficoltà. Sforzo che uno Stato italiano, spesso governato al contrario della Costituzione, non riesce a fare pur avendo molti più mezzi.

Ciò premesso, non mi va bene però la situazione attuale. Perché contraria proprio alle indicazioni di Gesù raccontate da Matteo.

Vorrei che le leggi civili italiane prevedessero il pagamento dell’ICI per gli immobili della Chiesa che non sono utilizzati per scopi religiosi, ma solo per scopi commerciali. Sarebbe giustizia.

Vorrei che le leggi italiane modificassero il meccanismo ingiusto (rispetto alla volontà dei cittadini italiani) per cui l’8 per mille dato alla Chiesa comprende anche (ed è la maggioranza dell’intero stanziamento) in proporzione alle volontà espresse in modo esplicito la parte di chi non ha espresso nessuna volontà.

Questi due provvedimenti servirebbero a rendere lo Stato più coerente con la sua Costituzione, più giusto verso i suoi cittadini. E servirebbero a rendere la Chiesa più coerente con la Parola di Gesù.

Quindi nessuna volontà di punire la Chiesa, nessuna volontà di utilizzare la crisi per operazioni anticlericali, ma solo più giustizia: a Cesare quello che è di Cesare, a Dio quello che è di Dio.

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Risponde L’Avvenire: malignità, malafede e disinformazione. Oh, yes…

Umberto Folena
http://domani.arcoiris.tv, 25 agosto 2011

Quelli che. Quelli che la Chiesa cattolica torni a pagare l’Ici. Quelli che non sanno che la Chiesa paga già l’Ici, per gli immobili dati in affitto e le strutture alberghiere. Quelli che lo sanno benissimo ma fingono di non saperlo. Quelli che vorrebbero far pagare l’Ici a chi ancora non la paga, ossia alle mense Caritas, agli oratori, alle sacrestie, ai monasteri… perché sono soltanto loro che ancora non pagano.

Quelli che sul loro giornalone scrivono in 500mila copie che Chiaravalle, alle porte di Milano, è un resort cinque stelle a 300 euro a botta. Quelli che ci credono. Quelli che sanno bene che Chiaravalle è un normale monastero cistercense che per una celletta della foresteria (vedi la foto) e tre pasti frugali al dì chiede un’offerta di 40 euro, ma se uno non li ha, pazienza.

Quelli che quando Avvenire smaschera la fandonia si guardano bene dal pubblicare una rettifica, così i loro lettori continuano a credere che Chiaravalle sia un resort, la Chiesa ci lucri e s’indignano.
Quelli che sul loro giornalone da 500 mila copie denunciano con veemenza che la Chiesa italiana nasconde il rendiconto dell’8 per mille. Quelli che, e sono gli stessi, da 20 anni pubblicano il rendiconto in una loro pagina acquistata dalla Chiesa, incassano i soldi e, una volta smascherati, si guardano bene dal correggere la fandonia.

Quelli che la Chiesa possiede il 30 per cento di tutti gli immobili in tutta Italia. Quelli che Luciano Moggi è il testimonial della Chiesa italiana. Quelli che revochiamo per cinque anni il Concordato. Quelli che sanno bene che 8 per mille, esenzione dall’Ici e dimezzamento dell’Ires non sono privilegi, ma lo scrivono ugualmente.

Quelli che sanno bene che all’8 per mille concorrono altre sette confessioni religiose diverse e pure lo Stato, ma evitano di ricordarlo, come se concorresse soltanto la Chiesa cattolica, che riceve quanto i contribuenti italiani le attribuiscono, e se i contribuenti non firmassero più per lei non riceverebbe niente, quindi non ha alcuna garanzia.

Quelli che sanno bene che l’esenzione Ici per gli immobili riguarda tutti, assolutamente tutti gli enti senza scopo di lucro, purché utilizzati per alcune attività di rilevanza sociale, non solo quelli religiosi. Quelli che sanno bene che la riduzione del 50 per cento sull’imposta sul reddito delle società (Ires) si applica agli enti religiosi in quanto questi sono equiparati agli enti aventi fine di beneficenza e di istruzione, e la riduzione non vale per le attività commerciali.

Quelli che sanno tutto questo ma fanno il pesce in barile e lasciano che il popolo italiano se la beva. Quelli che su Facebook scrivono che il 97 per cento della quota 8 per mille dello Stato torna alla Chiesa cattolica. Quelli che più la spari grossa più sei credibile.

Quelli che, non appena il cardinale Bagnasco denuncia la piaga dell’evasione fiscale, attaccano con virulenza la Chiesa cattolica. Quelli che quando scoppia la crisi e la gente mugugna e si agita, cercano un nemico, un mostro, il colpevole del disagio e lo additano alla rabbia popolare.

Quelli che creano il ‘mostro’ verso cui indirizzare la rabbia popolare per poter governare il malcontento, come fanno tutte le dittature. Quelli che tante panzane messe in fila e ripetute ossessivamente diventano una verità. E infine quelli che, e siamo noi, troppe coincidenze non sono una coincidenza.