Spagna, atto di forza sul deficit zero in Costituzione

Angelo Miotto
www.megachipdue.info

Patto fra socialisti e popolari. Si astengono baschi e catalani moderati. Tutti gli altri abbandonano l’emiciclo al momento del voto

La Camera dei deputati spagnoli ha approvato oggi la prima riforma costituzionale che introduce il limite del deficit zero nella Carta costituzionale. Ora il provvedimento passa al Senato e, in caso di modifiche, dovrà tornare alla Camera. Un voto che ha destato numerose polemiche, per l’opposizione di numerosi gruppi parlamentari a un accordo fra i due partiti principali, i socialisti al governo e il principale partito di opposizione di destra di Mariano Rajoy.

Al momento del voto molti deputati sono usciti dall’emiciclo, mentre Gaspar Llamazares leader di Izquierda Unida è rimasto seduto nel suo seggio per esercitare un diritto previsto dal regolamento, e cioè quello di poter opporre un veto a emendamenti trasversali, appositamente presentati proprio da socialisti e popolari.

La Spagna, con il voto di oggi, affronta una delle ricette che sono state imposte dalle autorità bancarie e finanziarie europee e internazionali, rispetto all’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione. Ma la proposta approvata ha provocato un forte dibattito che si articola sul tema della sudditanza della politica rispetto agli strumenti che vengono richiesti dal mercato. La democrazia si è arresa, ha detto ieri uno dei più importanti opinionisti del gruppo Prisa, editore di El Pais, stessa argomentazione che viene utilizzata anche dal movimento del 15 – M, gli indignati spagnoli che dalle piazze sono passati alla discussione nelle singole città del paese per formulare proposte alternative a quelle della classe politica.

Izquierda Unida, il blocco nazionale galiziano, la sinistra repubblicana catalana, Iniziativa per catalogna e Nafarroa Bai sono uscite dalla camera al momento del voto, mentre Convergencia i Uniò – catalana – e Partido nacionalista vasco hanno deciso di astenersi.

Il nuovo articolo della Costituzione, il 135, si applicherà dal momento della pubblicazione nel bollettino ufficiale, grazie ai 316 voti raccolti che gli permettono di superare agilmente la maggioranza qualificata richiesta dalla stessa Costituzione.

Fra le principali cause di contestazione del percorso voluto dal governo di Zapatero, a due mesi dalle elezioni anticipate del 20 novembre, c’è la fretta con cui è stato affrontato il passaggio di riforma e il fatto che non sia stato previsto il passaggio del referendum popolare.

Alcuni gruppi parlamentari hanno annunciato che ricorreranno al tribunale Costituzionale per contestare la natura antidemocratica della natura del patto fra maggioranza e opposizione, che ha, di fatto, reso impossibile qualsiasi opposizione in aula. Il deficit zero fissato in questa maniera riguarderà il bilancio dello Stato, ma anche le autonomie locali – regioni – e perfino i municipi. Fino all’ultimo socialisti e popolari hanno cercato di attrarre nella loro orbita Convergencia i Uniò, ma il partito catalano ha denunciato che l’atteggiamento nei suoi confronti è stato di dialogo, ma mai disponibile a una vera e propria trattativa. I catalani avrebbero voluto attribuire ai parlamenti regionali e non a quello centrale l’ultima parola sulle decisioni che riguardano il deficit. Con il percorso approvato, invece, il rischio è quello di imitare ulteriormente la capacità finanziaria delle regioni.

Una volta finito l’iter fra Camera e Senato, il dieci percento dei senatori e dei deputati potranno fare richiesta per ottenere un referendum sulla riforma. Ma le camere verranno sciolte il 26 settembre, per l’avvicinarsi delle votazioni anticipate. Tempi molto stretti, forse troppo.