Concilio vaticano II. I suoi primi 50 anni

www.confronti.net

Come ogni anno, il numero di settembre di Confronti è monografico. Questa volta ci occupiamo del cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II che verrà celebrato nel 2012.

Presentazione

«Esquiarzée», in occitano, è la schiarita dopo un temporale. Così, io che per ragioni di età non l’ho vissuto, ho sempre immaginato il Concilio Vaticano II. La Chiesa cattolica romana, fino a metà degli anni Cinquanta del XX secolo, viveva nel clima delle turbolenze del passato, caratterizzato dal clima aspro della Controriforma.

Con il Vaticano II la gerarchia cattolica avviò – non senza contraddizioni – la chiusura di quel periodo, per affrontare, in modo nuovo, la propria riforma e il suo rapporto con la modernità.

Sorprendendo tutti, che mai se lo sarebbero aspettato da un «papa di transizione» (Angelo Giuseppe Roncalli era stato eletto successore di Pio XII il 28 ottobre ’58, quando stava per compiere i 77 anni!), con ardire profetico Giovanni XXIII il 25 gennaio 1959 annunciò la sua volontà di indire il Vaticano II: fu da lui aperto l’11 ottobre 1962 e, dopo quattro sessioni tutte celebrate nell’autunno di ogni anno, concluso da Paolo VI l’8 dicembre 1965.

Adesso siamo perciò alla vigilia del cinquantesimo di quell’evento che, fino al 2015, sarà celebrato in molti modi nel variegato pianeta della Chiesa cattolica romana, e anche al di fuori di essa, nel mondo ecumenico e tra gli storici di professione. Come apparve, nel cielo di Roma, quell’«esquiarzée»?

Quali furono, in concreto, i temi dibattuti, le dinamiche innescate, i contrasti teologici, gli approdi finali? E che rimane, oggi, a mezzo secolo di distanza, di quella straordinaria «schiarita» ecclesiale? Su tutti questi temi si sono via via accumulate, in questi decenni, poderose opere di teologi e di specialisti; ovviamente, chi voglia approfondire, ad esse dovrà attingere fatti, documenti, esegesi.

Senza dunque pretendere di fare una sintesi esaustiva su Concilio e post-Concilio, con questo quaderno monografico di Confronti – il settimo della serie – noi vorremmo offrire a chi ci legge una griglia storica, teologica, interdisciplinare e interreligiosa per poter, con tali coordinate, inquadrare l’ieri del Vaticano II e l’oggi del post-Concilio, con luci e ombre (o, almeno, quelle che a noi sembrano tali).

Perciò abbiamo interpellato testimoni diretti – «padri» del Vaticano II ancora viventi –, intellettuali, esponenti di varie Chiese e religioni, teologi, professori universitari, giornalisti per ricordare ed analizzare quello che fu probabilmente l’evento cristiano più importante del XX secolo.

Abbiamo, poi, un motivo particolare per fare memoria del Vaticano II: la stessa impresa della cooperativa Com Nuovi Tempi e la nostra rivista forse non esisterebbero se, per farla nascere, non ci fosse stato, tra l’altro, l’humus di quel Concilio; né, forse, sarebbero nate le Comunità cristiane di base, e il variegato mondo dei cattolici critici sarebbe più povero e più circoscritto.

In sintesi: vi proponiamo un rapido «pellegrinaggio» nella storia ecclesiale di mezzo secolo; lo ha ideato il nostro amico Brunetto Salvarani, che ringraziamo di cuore; la redazione di Confronti volentieri ha collaborato con lui per darvi infine questo fascicolo. Il lavoro non è stato semplice, per l’obiettiva complessità della materia; speriamo tuttavia che questo vademecum aiuti chi, i giorni del Concilio, li ha vissuti, a riviverli; e chi, giovane, del Vaticano II ha sentito solo vagamente parlare, a inoltrarsi in un «indispensabile» cammino di conoscenza.

Oggi, si sa, in modo esplicito da parte di piccole ma agguerrite minoranze cattoliche, in modo implicito e abile da parte di settori dell’establishment ecclesiastico, anche nei pressi di piazza San Pietro, si tende sostanzialmente, al di là dell’adesione formale, a minimizzare l’evento innescato da papa Giovanni. Per quanto possiamo, vogliamo evitare che questo accada. Anzi. Il nostro auspicio è che dall’«esquiarzée» si possa un giorno arrivare alla piena luce, magari quella di un nuovo Concilio.

Gian Mario Gillio

————————————–

Tra Gerusalemme II e Vaticano III

Era un’accogliente serata estiva ad Assisi-Santa Maria degli Angeli, una ventina d’anni fa, quando ho assaporato da vicino il senso del passo evangelico della Trasfigurazione, in cui un eccitato Pietro – accompagnato dai «soliti» Giacomo e Giovanni – dichiara a Gesù di esser pronto a fare tre tende, una per lo stesso suo Rabbi, una per Mosè e la terza per Elia (Mc 9,5).

In occasione di un convegno di CEM Mondialità, infatti, fui il complice semitrasfigurato della prima (e unica, purtroppo) chiacchierata in libertà fra due autentici profeti del cristianesimo del nostro tempo, Bruno Hussar, fondatore in Israele del Villaggio della pace di Nevè Shalom/Waahat as-Salaam, e Raimon Panikkar, autorevole interprete, fra vita e teoria, del meticciamento interreligioso fra l’occidente e l’oriente, scomparso ad agosto dell’anno scorso.

Nel colloquio, svoltosi laicamente tra i tavolini all’aperto di un piccolo caffè, tra i due – che si erano appunto appena conosciuti – riuscii timidamente a intromettermi, domandando quale avrebbe dovuto essere, dal loro punto di vista, l’argomento di un eventuale prossimo concilio della Chiesa cattolica. Ero curioso di sapere come sarebbe andata: rammento bene che entrambi ebbero una risposta pronta, espressa senza farsi pregare più di tanto.

Per primo, padre Bruno, «l’uomo delle quattro identità» (che fu anche uno dei principali ispiratori della Nostra Aetate, il documento del Vaticano II con cui si riaprivano le porte alle relazioni positive della Chiesa con Israele dopo i lunghi secoli dell’«insegnamento del disprezzo»), sostenne l’assoluta necessità, per la comunità cristiana, di recuperare definitivamente le proprie radici ebraiche, ripristinando la situazione precedente alla grave frattura con la sinagoga avvenuta nel primo secolo dopo Cristo: tutte le altre rotture intracristiane successive, nel corso dei secoli, non sarebbero che pallidi riflessi di quella prima, originaria, tra ebrei e «gentili».

Il prossimo concilio, dunque, in una simile ottica, dovrà essere il Concilio di Gerusalemme II, dopo e in prosecuzione di quello narrato negli Atti degli Apostoli al capitolo 15, chiamato a proclamare soprattutto l’ebraicità di Gesù di Nazaret e a fare i conti con i suoi inevitabili riflessi sulla pastorale, la teologia, l’ecclesiologia, e così via.

A parere di Panikkar, invece, il «caso serio» del cristianesimo attuale consisterebbe nel suo bisogno vitale di inculturarsi coraggiosamente nelle più frastagliate tradizioni locali, fino a chiedersi: chi è oggi Gesù Cristo per l’Oriente, per l’Africa, per il cristianesimo globale? Come Gesù può divenire realmente il Salvatore per quei popoli, per le nazioni dell’emisfero povero del Sud che sono le protagoniste del presente, ma lo saranno ancor più, presumibilmente, del prossimo futuro?

Ovvio che, in tale chiave, l’assise del domani dovrà essere un Vaticano III, chiamato a focalizzarsi sulle tematiche della mondializzazione del vangelo, sullo sforzo di adattamento della liturgia, dell’ascolto della Parola di Dio e dell’essere chiesa nei più svariati linguaggi e stili di vita. Impossibile, per me, dare ragione all’uno o all’altro, rammento che ne conclusi si fosse trattato del classico, salomonico pareggio…

Quando papa Giovanni XXIII aprì il Concilio – «Pentecoste del nostro tempo», secondo la felice definizione di uno dei suoi testimoni ancora pienamente sulla breccia, il vescovo emerito di Ivrea Luigi Bettazzi – era l’11 ottobre 1962. Nel 2012 si celebrerà dunque il mezzo secolo dal suo inizio. Esso ha influenzato largamente non solo la vita della Chiesa cattolica (al suo interno e all’esterno), ma anche gli altri mondi religiosi, cristiani e non. Con le sue intuizioni, i suoi passi coraggiosi, le sue contraddizioni, le questioni irrisolte.

Da tempo è in atto un dibattito sul senso da dare al Concilio, se si sia trattato di una vera e propria rottura rispetto al passato o se piuttosto sia da considerare un’ipotesi di riforma, ma in continuità rispetto al passato di quella Chiesa. Inoltre, a cinque decenni di distanza, è lecito interrogarsi su quanto sia vivo e quanto sia morto, di esso; su quanto ne conoscono i giovani, e quanto essi ne percepiscano la portata, in ogni caso straordinaria. Mentre qualcuno, non solo Panikkar ma anche il cardinal Martini, ha da tempo cominciato a chiedersi se non sia il caso di cominciare a immaginare un Vaticano III, che faccia sue le nuove sfide in una stagione di rapidissime trasformazioni da ogni punto di vista (non solo ecclesiale).

Ecco dunque la necessità di una riflessione a tutto campo sul Vaticano II. Dando voce a punti di vista diversi. E guardando soprattutto al futuro! Letta nella storia lunga delle Chiese cristiane, la ricezione del Vaticano II è appena cominciata, più che finita: è nelle mani di Dio, certo, ma anche in ciò che il Concilio stesso chiamò, con una bella immagine, «il popolo di Dio in cammino nella storia».

Brunetto Salvarani – curatore del numero

————————————-

Ecco gli autori che hanno collaborato a realizzare questo numero speciale:

Gianpaolo Anderlini (ebraista, redattore della rivista Qol), Giovanni Bachelet (docente di Fisica all’università La Sapienza di Roma e parlamentare del Pd), Elena Lea Bartolini (docente di Giudaismo presso l’Istituto superiore  di Scienze religiose di Milano), Marco Campedelli (narratore e burattinaio, discepolo di Nino Pozzo. Prete dal 1989, è attualmente co-parroco della parrocchia di S. Nicolò all’Arena a Verona. Insegnante di religione presso un liceo classico), Francesco Capretti (docente di Irc, Brescia), Angelo Casati (scrittore e poeta, già parroco a Milano), Mauro Castagnaro (redattore di Missione oggi), Erio Castellucci (parroco di San Giovanni Evangelista e docente all’Issr di Forlì), Giacomo Coccolini (insegnante di filosofia della religione presso l’Issr – Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna), Giancarla Codrignani (giornalista e saggista), José Comblin (scomparso a marzo di quest’anno, è stato un esponente di spicco della Teologia della liberazione e collaboratore di dom Camara), Marco Dal Corso (teologo, docente di scuole superiori), Flavio Dalla Vecchia (docente di Esegesi biblica presso il Seminario di Brescia e di Lingua ebraica all’Università Cattolica di Milano), Antonio Delrio (pubblicista), Riccardo Di Segni (rabbino capo della comunità ebraica di Roma), Cristiana Dobner (suora carmelitana, teologa e scrittrice), Massimo Faggioli (docente alla University of St. Thomas a St. Paul, Minnesota, e collaboratore de Il Regno e di Europa), Lino Ferracin (insegnante), Matteo Ferrari (monaco del monastero di Camaldoli), Fulvio Ferrario (docente di Teologia sistematica alla Facoltà valdese di teologia di Roma), Giovanni Franzoni (scrittore e teologo), David Gabrielli (giornalista), Filippo Gentiloni (teologo, giornalista e scrittore), Gian Mario Gillio (direttore di Confronti e dell’agenzia Nev), Andrea Grillo (professore di teologia sacramentaria presso il Pontificio Ateneo S. Anselmo di Roma e presso l’Istituto di liturgia pastorale di Padova), Armando Matteo (docente di teologia alla Pontificia Università Urbaniana di Roma, assistente nazionale della Fuci), Mario Menin (missionario saveriano, insegna Missiologia, ecumenismo e teologia delle religioni allo Studio teologico interdiocesano di Reggio Emilia ed è direttore di Ad gentes e Missione oggi), Claudia Milani (ebraista, coordinatrice del Gruppo Teshuvà e redattrice di SeFer), Antonio Nanni (capo ufficio studi delle Acli e condirettore di CEM Mondialità), Vittorio Rapetti (docente all’Itis di Acqui Terme, studioso di storia contemporanea, responsabile di Azione cattolica), Paolo Ricca (pastore valdese e docente emerito di Storia della Chiesa alla Facoltà valdese di Teologia di Roma), Marco Ronconi (insegnante di religione a Roma e docente di Teologia all’Istituto Leoniano di Anagni. Collabora con il mensile Jesus), Brunetto Salvarani (teologo, direttore di CEM Mondialità e di Qol), Luigi Sandri (redattore di Confronti), Alessandro Santagata (dottorando in Storia contemporanea presso l’università di Roma Tor Vergata), Giulio H. Soravia (docente di Lingua e letteratura araba presso la Facoltà di Lettere e filosofia dell’Ateneo di Bologna), Marco Vergottini (docente di Introduzione alla Teologia presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale di Milano e vicepresidente dell’Associazione dei teologi italiani), Kyrillos William (vescovo di Assiut per i Copti)