Lampedusa, dove muore il diritto di C.Elia

Christian Elia
www.peacereporter.net

La dott.ssa Cassarà, dopo una visita all’ex base Loran, descrive le vergognose condizioni nelle quali vengono tenuti i minori migranti non accompagnati

La tragedia dei migranti, in Italia, sembra non avere mai fine. Come se si volesse superare, ogni volta, il limite di una decenza che è prima etica che giuridica. Dopo i lager, dopo i respingimenti, ecco i minori trattati come criminali, puniti per il solo fatto di essere migranti. Una categoria che, almeno per un po’ di anni, si è caratterizzata per una certa attenzione da parte di istituzioni e associazioni. La dott.ssa Giuseppina Cassarà, specialista in Medicina Interna delle Migrazioni, Medicina tropicale e Salute internazionale, ha lavorato come medico volontario a Lampedusa, dal 22 al 28 agosto scorsi. Ha reso pubblico un report angosciante, che rende pubblica una situazione vergognosa per un Paese civile.

Dott.ssa Cassarà, può raccontare quel che ha visto nell’ex base Loran, dove vengono sistemati i minori non accompagnati che sbarcano a Lampedusa? ”Io sono riuscita a vedere con i miei occhi i minori solo il giorno dopo il mio arrivo, il 23 agosto, anche perchè ero stata rassicurata dai colleghi, sul fatto che alla ex base Loran non si registravano tensioni particolari come quelle quotidiane del CPSA (Centro di primo soccorso e accoglienza) della contrada Imbriacola. Al mio arrivo, però, con i mediatori culturali, ho potuto vedere di persona e ho trovato una situazione molto differente”, racconta a PeaceReporter la dottoressa.

”Attraverso i questionari che i mediatori utilizzavano, emergevano storie personali molto complicate e difficili, comprese le esperienze in Libia e Tunisia. Mentre i ragazzi facevano queste interviste, ho avuto modo di parlare con gli operatori sanitari che erano in questa struttura orrenda e fatiscente, arroventata dal sole. Un’operatrice molto in gamba, arrivata da poco, mi ha detto che aveva già dovuto mettere in isolamento un ragazzo, per un sospetto caso di scabbia, e mi ha chiesto una consulenza specialistica per un ragazzo che – durante un’intervista con i mediatori – aveva parlato di pregressa recente tubercolosi. Questo ragazzo è stato trasferito immediatamente a Palermo dopo avere fatto gli accertamenti richiesti al poliambulatorio di Lampedusa.
Un problema per la profilassi di alcune malattie e la segnalazione di casi particolari è che i trasferimenti dei migranti vengono decisi senza alcuna comunicazione agli operatori sanitari di ong o altre istituzioni. Diventa quindi impossibile tracciare i minori nei loro percorsi dopo Lampedusa, anche perchè le identificazioni non sono ne complete né certe.”.

Casi isolati? Tutt’altro. ”Girando per gli alloggi, ho potuto verificare una condizione igienico sanitaria devastante. La carenza dell’acqua corrente è solo uno dei problemi. Nella zona migliore – quella dove sono alloggiate le ragazze, al piano inferiore – i materassi erano degli strati di gommapiuma sporca, logora, buttati per terra senza spazio per camminare tra un materasso e l’altro. Senza lenzuola, tranne qualcuna lercia di carta, senza copri materasso. C’è un altro problema: si tratta di ragazzine tra i tredici e i diciassette anni, costrette a vivere in luoghi inadeguati in condizioni di promiscuità continua con i ragazzi che sono al piano di sopra. Gli operatori del centro mostravano una certa preoccupazione per eventuali e verosimili rapporti sessuali tra gli ospiti del centro. Ho chiesto se venissero forniti profilattici, al fine di salvaguardare la salute dei ragazzi soprattutto alla luce di numerose storie di abusi sessuali di cui sono vittime i migranti sub sahariani durante il lungo viaggio per arrivare il Libia. Mi è stato risposto che non si potevano fornire preservativi, perché sarebbe sembrato un modo di incentivare l’attività sessuale, assolutamente proibita nonostante l’evidente condizione di promiscuità. Anche se non si capisce come”, racconta la dott.ssa Cassarà.

Una vergogna prima ancora che una mancanza. ”Ribadisco che gli operatori sanitari non hanno tutte le colpe, agendo spesso in modo solidale con ragazzi, ma le condizioni nelle quali vengono tenuti gli ‘ospiti’ sono tremende, non si fornisce alcuna informazioni legale e in più gli altri operatori non hanno la minima alfabetizzazione all’ approccio trans-culturale”, racconta la dott.ssa Cassarà. ”Non capisco i criteri di selezione del personale, visto il modo poco dignitoso con il quale operavano all’ex base Loran, dove c’erano 176 ragazzi, di cui 16 ragazze, per lo più nigeriane”.

Il rapporto della dott.ssa Cassarà, assieme all’inchiesta di Fabrizio Gatti sull’Espresso, ha sollevato un polverone.
Dal 30 agosto, giorno di pubblicazione del report, a oggi, qualcosa è cambiato?
”La situazione è incandescente. Al CPSA ci sono stati tentativi di rivolta tra i ragazzi, quasi tutti tunisini, tenuti in condizioni anche peggiori di quelle della ex base Loran”, spiega la dottoressa. ”Anche i minori tunisini non accompagnati, per una forma di discriminazione che non so spiegarmi e della quale non conosco i responsabili, sono tenuti al CPSA e non vengono portati in una struttura ad hoc”.

”Rispetto alla ex base Loran ho saputo che negli ultimi giorni ci sono stati trasferimenti in massa di ragazzi che sono stati portati in “strutture ponte” in Sicilia. Da quello che ho saputo e che ho capito c’è stato un sopralluogo di un magistrato che ha messo in evidenza le condizioni indecenti di cui parlo nel mio report e che sono state confermate anche da altri operatori. Molti dei ragazzi dell’ex base Loran sono stati trasferiti in altri centri ponte per minori non accompagnati, come quello di Piana degli Albanesi. Quest’ultimo potrebbe essere un modello, anche se bisogna stare attenti al rischio di sovraffollamento che può rendere difficile seguire tutti i casi soprattutto per la richiesta di tutela giuridica. Da Palermo monitorizziamo continuamente la situazione per trovare soluzioni di ospitalità e progettualità. Scuola di italiano, laboratori artistici, formazione professionale, percorso di studi. Ecco, l’opposto di Lampedusa, dove i minori invece dovrebbero rimanere al massimo 48 ore, per essere trasferiti prontamente in altre strutture adeguate”.

Ancora oggi, 15 settembre, dei minori sono sbarcati a Lampedusa. Lei ha denunciato le mancanze dell’organizzazione, fin dal ricevimento sul molo dei migranti, dove in atto, di fatto, non viene eseguito alcun triage clinico, nonostante la presenza di tutte le ong allertate. Lei stessa è stata maltrattata dagli agenti di polizia sul posto mentre visitava un migrante appena sbarcato. Si è sentita sola in questa battaglia? ”Stampa a parte, si. Operatori sanitari e ong non si sono fatti sentire in questo frangente, anche se le denunce da parte di alcune ong in passato non sono mancate. Qui, però, c’è da dire con chiarezza: si parla di luoghi di detenzione, non parliamo mai di centri di accoglienza. Nemmeno nelle carceri di Palermo, le condizioni di detenzione sono paragonabili alla tragica situazione che ho visto a Lampedusa e che Gatti ha documentato nel suo reportage. Per ragazzi che, non dimentichiamolo mai, non hanno commesso alcun crimine”.