Lo strano silenzio della Chiesa di B.Spinelli

Barbara Spinelli
Repubblica, 21 settembre 2011

Il sostegno che i vertici della Chiesa continuano a dare a Berlusconi è non solo uno scandalo, ma sta sfiorando l’incomprensibile. Che altro deve fare il capo di governo, perché i custodi del cattolicesimo dicano la nuda parola: “Ora basta”? Qualcosa succede nel loro animo quando leggono le telefonate di un Premier che traffica favori, nomine, affari, con canaglie e strozzini?

Non sono sufficienti le accuse di aver prostituito minorenni, di svilire la carica dimenticando la disciplina e l’onore cui la Costituzione obbliga gli uomini di Stato? Non basta il plauso a Dell’Utri, quando questi chiamò eroe un mafioso, Vittorio Mangano? Cosa occorre ancora alla Chiesa, perché si erga e proclami che questa persona, proprio perché imperterrita si millanta cristiana, è pietra di scandalo e arreca danno immenso ai fedeli, e allo Stato democratico unitario che tanti laici cattolici hanno contribuito a costruire?

Un tempo si usava la scomunica: neanche molto tempo fa, nel ’49, fu scomunicato il comunismo (il fascismo no, eppure gli italiani soffrirono il secondo, non il primo). Se Berlusconi non è uomo di buona volontà, e tutto fa supporre che non lo sia, la Chiesa usi il verbo. Ha a suo fianco la lettera di Paolo ai Corinzi: “Vi ho scritto di non mescolarvi con chi si dice fratello, ed è immorale o avaro o idolatra o maldicente o ubriacone o ladro; con questi tali non dovete neanche mangiare insieme. Spetta forse a me giudicare quelli di fuori?

Non sono quelli di dentro che voi giudicate? Quelli di fuori li giudicherà Dio. Togliete il malvagio di mezzo a voi!”. Anche l’omissione è complicità. Sta accadendo l’intollerabile dal punto di vista morale, in politica, e i vertici della Chiesa tacciono: dunque consentono. Si può scegliere l’afonia, certo, o il grido inarticolato di disgusto: sono moti umani, ma che bisogno c’è allora di essere papa o vescovo? (avete visto, in Vaticano, Habemus Papam?). Dicono che parole inequivocabili son state dette: “desertificazione valoriale”, “società dei forti e dei furbi”, “cultura della seduzione”. Ma sono analisi: manca la sintesi, e le analisi stesse son fiacche.

D’un sol fiato vengono condannati gli eccessi dei magistrati, pareggiando ignominiosamente le condanne. Da troppo tempo questo è, per tanti laici cattolici scandalizzati ma non uditi, incomprensibile. Quasi che il ritardo nella presa di coscienza fosse ormai connaturato nella Chiesa. Quasi che l’espiazione (penso ai mea culpa di Giovanni Paolo II, nobili ma pur sempre tardivi) fosse più pura e santa che semplicemente non fare il male: qui, nell’ora che ci si spalanca davanti.

Un gesto simile a quello di Cristo nel tempio, un no inconfondibile, allontanerebbe Berlusconi dal potere in un attimo. Alcuni veramente prezzolati resterebbero nel clan. Ma la maggior parte non potrebbero mangiare insieme a lui, senza doversi ogni minuto giustificare. Non è necessario che l’espulsione sia resa subito pubblica, anche se lo sapete, uomini di Chiesa: c’è un contagio, del male e del malaffare. Forse basterebbe che un alto prelato vada da Berlusconi, minacci l’arma ultima, la renda nota a tutti. Questa è l’ora della parresia, del parlar chiaro: la raccomanda il Vangelo, nelle ore cruciali.

Sarebbe un’interferenza non promettente per il futuro, lo so. Ma l’interferenza è una prassi non disdegnata in Vaticano, e poi non dimentichiamolo: già l’Italia è governata da podestà stranieri in questa crisi (Mario Monti l’ha scritto sul Corriere: “Le decisioni principali sono prese da un “governo tecnico sopranazionale”), e Berlusconi d’altronde vuole che sia così per non assumersi responsabilità. Resta che gli alleati europei possono poco. E una maggioranza che destituisca Berlusconi ancora non c’è in Parlamento. Lo stesso Napolitano può poco, ma la sua calma è d’aiuto, nel mezzo del fragore di chi teme chissà quali marasmi quando il Premier cadrà.

Il marasma postberlusconiano è fantasia cupa e furba, piace a chi Berlusconi ce l’ha ormai nelle vene. Il marasma, quello vero, è Berlusconi che non governa la crisi ma si occupa di come evitare i propri processi: tanti processi, sì, perché di tanti reati è sospettato. L’Italia è un battello ebbro, il capitano è un simulacro. Non ci sono congiure di magistrati, per indebolire la carica. Il trono è già vuoto. Il pubblico ministero, organo dello Stato che rappresenta l’interesse pubblico, deve per legge esercitare l’azione penale, ogni qualvolta abbia notizia di un reato, e in molte indagini Berlusconi è centrale: come corruttore o vittima-complice di ricatti.

Gli italiani non possono permettersi un timoniere così. Se sono economicamente declassati, la colpa è essenzialmente sua. Berlusconi non farà passi indietro, gli oppositori si ridicolizzano implorandolo senza mai cambiare copione. Oppure vuole qualcosa in cambio, e anche questo sarebbe vituperio dell’Italia. Il salvacondotto proposto da Buttiglione oltraggia la Costituzione. Casini lo ha smentito: “Sarebbe tecnicamente e giuridicamente impossibile perché siamo in uno Stato di diritto”.

Perché la Chiesa non dice basta? Si dice “impressionata” dalle cifre dell’evasione fiscale, ma la vecchia domanda di Prodi resta intatta: “Perché, quando vado a messa, questo tema non è mai toccato nelle omelie? Eppure ha una forte carica etica” (Famiglia cristiana, 5-8-07). E come si spiega tanta indulgenza verso Berlusconi, mentre Prodi fu accusato di voler essere cristiano adulto? Pare che sia la paura, ad attanagliare i vertici ecclesiastici: paura di perdere esenzioni fiscali, sovvenzioni.

Berlusconi garantisce tutto questo ma da mercante, e mercanti sono quelli che con lui mercanteggiano, di quelli che Cristo cacciò dal tempio rovesciandone i banchi. E siete proprio sicuri di perdere privilegi? Tra gli oppositori vi sono persone a sufficienza, purtroppo, che non ve li toglieranno. Paura di un cristianesimo che in Italia sarebbe saldamente ancorato a destra? Non è vero. Non posso credere che lo spauracchio agitato da Berlusconi (un regime ateo-comunista)abbia ancora presa. Oppure sì?

Penso che la Chiesa sia alle prese con la terza e più grande tentazione. Alcuni la chiamano satanica, perché di essa narra il Vangelo, quando enumera le prove cui Cristo fu sottoposto: la prova della ricchezza, del regno sui mondi: “Tutte queste cose ti darò, se prostrandoti mi adorerai”. La Chiesa sa la replica di Gesù.

Il Papa ha detto cose importanti sulla crisi. Che agli uomini vengon date pietre al posto del pane (Ancona, 11 settembre). La soluzione spetta a politici che arginino i mercati con la loro autorevolezza. Non saranno mai autorevoli, se ignorano la quintessenza della decenza umana che è il Decalogo. Ma neanche la Chiesa lo sarà. Diceva Ilario di Poitiers all’imperatore Costanzo, nel IV secolo dC: “Noi non abbiamo più un imperatore anticristiano che ci perseguita, ma dobbiamo lottare contro un persecutore ancora più insidioso, un nemico che lusinga; non ci flagella la schiena ma ci accarezza il ventre; non ci confisca i beni (dandoci così la vita), ma ci arricchisce per darci la morte; non ci spinge verso la libertà mettendoci in carcere, ma verso la schiavitù invitandoci e onorandoci nel palazzo; non ci colpisce il corpo, ma prende possesso del cuore; non ci taglia la testa con la spada, ma ci uccide l’anima con il denaro”.

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Berlusconi, la Minetti e il crocifisso: tutti zitti sul porno-sacrilegio

Paolo Flores d’Arcais
il Fatto quotidiano, 20 settembre 2011

Davvero enigmatico il prolungato silenzio di monsignor Rino Fisichella, da tempo in odore di porpora cardinalizia, dati i suoi trascorsi di cappellano di Montecitorio e dunque direttore spirituale e confessore di tanti “eccellenti”. Sono passati ormai 4 giorni dalla clamorosa intervista a il Fatto quotidiano in cui una partecipante ai festini/mercimonio di Berlusconi ha raccontato il porno-sacrilegio che ha visto la consigliera regionale Nicole Minetti (eletta nel listino bloccato personale di Formigoni, guru storico di Comunione e Liberazione) vestita da monaca esibirsi in uno spogliarello sexy al palo della lap dance, molto efficace, sembra (“un bellissimo spettacolo, davvero”), e – una volta che la consigliera di Formigoni è completamente nuda – concluso dal premier che smaneggia un crocifisso piazzandoglielo prima tra le tette e poi tra le cosce mentre biascica una personalissima variante della benedizione canonica (“ha detto ‘Dio santo ti benedica’; poi le ha appoggiato il crocifisso sulla testa, tra le gambe e sui seni”).

Ci aspettavamo che monsignor Fisichella intervenisse prontamente, come già in passato a proposito di un exploit del premier bestemmiatore, per invitare i fedeli troppo facili a scandalizzarsi (facendo il gioco dei comunisti, ça va sans dire) a contestualizzare il comportamento dell’ex compagno di merende di Gheddafi, relativizzandolo ad esuberanza ludica. Invece nulla. Evidentemente quel comportamento non esige neppure una cattolica contestualizzazione: va bene così. Del resto nessun altro giornale l’ha ripreso, e nessuna delle tante trasmissioni di approfondimento che, in assenza di Annozero, confermano così di essere civilmente e giornalistica-mente superflue (civismo e giornalismo dovrebbero fare una cosa sola, secondo “leggende” come Joseph Pulitzer, e ancor prima come il grande storico dell’Ottocento Jules Michelet).

Evidentemente, tanto la Chiesa gerarchica quanto il giornalismo embedded considerano che l’episodio sia irrilevante sul piano pubblico. Sia chiaro, noi siamo tra i pochissimi a credere davvero che la vita sessuale e privata di ciascuno vada rigorosamente rispettata (gli “attenzionamenti” di Pio Pompa hanno avuto sanzioni? Anche solo morali? I nostri “garantisti” un tanto al chilo farebbero meglio a tacere), e che ogni incursione in esse vada severamente repressa. Con le eccezioni e i limiti che ciascuna persona pubblica stabilisce ella stessa.

Nei giorni scorsi, dopo il tragico esito di un gioco sadomasochista in un garage di Roma, uno dei guru in fatto di “bondage” ha raccontato (cronaca di Roma di Repubblica) come gli adepti siano tantissimi, di ogni ceto sociale, e nella “comunità” fosse presente un notissimo politico da poco promosso ai vertici di un importante partito. Giustamente nessuno ha approfondito, e anzi quella stessa dichiarazione, forse non sufficientemente criptica, era censurabile.

Ma l’onorevole che propone una legge contro l’omosessualità non può lamentarsi se un cronista svela una sua relazione gay, il ministro che tuona contro la prostituzione ha già stabilito la legittimità (anzi doverosità) di uno scoop che lo colga in meretricio sollazzo, il candidato tutto casa e chiesa e indissolubilità del matrimonio non può obiettare se una o più famiglie parallele finiscono in pasto a lettori e telespettatori. Per non parlare delle campagne contro l’aborto.

Perciò, i porno-sacrilegi con crocifisso tette e cosce cui si dedica il succube di Tarantini nella sua villa di Arcore (strappata per un tozzo di pane a un’orfana minorenne grazie alle cure dell’avvocato Previti, non dimentichiamolo) sarebbero vicenda privata, se il puttaniere-premier avesse condotto le campagne elettorali sventolando l’opera omnia del marchese de Sade come personalissimo “Mein Kampf”. Ma il Berlusconi porno-sacrilego è lo stesso che come capo del governo ha sostenuto con grande dovizia di mezzi pubblici un contenzioso di fronte ai tribunali europei, il cui oggetto era l’irrinunciabilità del crocifisso in tutte le aule scolastiche dello Stivale, perché simbolo altissimo di civiltà, sacralità, identità e chi più ne ha più ne metta.

Perciò l’uso che Berlusconi fa del crocifisso, il suo teatrino di “messe rosa”, di propiziazione e supporto a una virilità idraulico-artificiale evidentemente indigente, è questione di rilevanza pubblica. Il silenzio dei media in proposito si chiama censura e viltà , fino all’omertà. Quello della Chiesa gerarchica rientra invece piuttosto tra gli effetti collaterali di una vocazione simoniaca che con Ruini, Bertone e Bagnasco è di nuovo prepotentemente riaffiorata. Se Bertone cita domenica un richiamo di Benedetto XVI ai laici (del settembre 2008), secondo cui devono essere “testimoni di coerenza tra i principi, la vita spirituale che praticano, e i comportamenti” e fa il pesce in barile per quanto riguarda nomi e cognomi, rifiutando anche la più obliqua, “gesuitica” o sibillina allusione al puttaniere di Arcore, è perché non c’è sacrilegio ne spudorata infamia morale che prevalga per il Vaticano rispetto al sontuoso piatto della bilancia dove pesano l’8 per mille, le esenzioni Ici, le anticostituzionali munificenze alla scuola privata, il bacio della pantofola allo Ior, la tortura di Stato per i moribondi, e le altre infinite delizie mondane e spirituali che la Cei ha ottenuto in questi anni dal regime. Una volta di più, tra Dio e Mammona la Chiesa cattolica gerarchica sceglie inequivocabilmente Mammona.