La nonviolenza in cammino nella chiesa cattolica di R.Saffiotti

Raffaello Saffioti, Centro Gandhi
Palmi, 30 settembre 2011

Dalla scomunica di Aldo Capitini (1956) alla benedizione del papa alla marcia Perugia-Assisi (2011)

Dopo aver partecipato con vari interventi nel corso dell’anno al dibattito in preparazione della Marcia Perugia-Assisi del Cinquantenario, scrivo, col rammarico per non aver potuto “camminarla”, per esprimere alcuni  pensieri.

Era prevista una grande partecipazione, ma poi essa è andata oltre ogni previsione. Sono rimasto colpito dal grande numero dei partecipanti. Ogni valutazione di questa Marcia non può non considerare il cammino della nonviolenza in questi cinquant’anni. Possiamo dire che, attraverso un percorso impervio e contraddittorio, “il varco attuale della storia” di cui ha parlato Capitini si è allargato.

Cosa ha detto la Marcia? Cosa non ha detto?

Della Marcia possono essere fatte diverse letture, riconoscendo, però, il suo messaggio fondamentale, variamente declinato, che è stato quello della opposizione integrale alla guerra. Una prima, sommaria valutazione può essere tentata con molta prudenza. La Marcia ha detto molte cose, dobbiamo esercitare il nostro spirito di discernimento e stare attenti a non farci influenzare dalla rappresentazione data dai mass-media. Servirà in futuro una valutazione più approfondita e meditata, per cogliere il valore e il limite della Marcia del Cinquantenario.

Ricordando la storia della prima Marcia, scritta dallo stesso Capitini in In cammino per la pace (edito da Einaudi nel 1962, ora in Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, Perugia, Protagon, 1992), ora in questa sede cerco solo di notare qualche novità della Marcia di quest’anno.

M’interessa, in particolare, notare il cammino del movimento per la pace e la nonviolenza nella Chiesa cattolica.

Inizio da Capitini che ha scritto delle critiche, delle difficoltà, degli ostacoli, incontrati nell’organizzazione della Marcia del 1961.

“Ci sono state critiche e rifiuti perché la meta era Assisi, come se noi facessimo concessioni al potere cattolico o compromessi con la religione tradizionale. Collegare san Francesco e Gandhi (avvicinamento che in Oriente si fa molto spesso) voleva dire sceverare l’orientamento nonviolento e popolare dei due dalle circostanze e dagli atteggiamenti particolari; ed era anche uno stimolo a far penetrare nella religione tradizionale italiana, come è sentita dal popolo e soprattutto dalle donne, l’idea che la ‘santità’ è anche fuori del crisma dell’autorità confessionale: la marcia doveva anche servire a questa ‘apertura’ (e difatti il nostro Centro ha diffuso il giorno della marcia tremila copie di un numero unico su Gandhi); quando tra il popolo più umile, e tanto importante, dell’Italia si arrivasse a mettere il ritratto di Gandhi in chiesa tra i santi, avremmo quella riforma religiosa che l’Italia aspetta dal Millecento, da Gioacchino da Fiore” (Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, cit., pp. 225-226).

Tra gli ostacoli ci furono quelli posti dalla Chiesa cattolica. Capitini scrisse: “Le gerarchie ecclesiastiche avevano dato ordine al clero di non partecipare, e nelle chiese era stato detto che quella era una marcia comunista e paracomunista da evitare”.

La Marcia benedetta dal Papa

Scelgo ora di leggere per la cronaca della Marcia di quest’anno il quotidiano di ispirazione cattolica “Avvenire” (27 settembre 2011, p. 16):

“Da Perugia ad Assisi 200mila in marcia per la pace”, è il titolo dell’articolo.

“Nel 50° della manifestazione di Aldo Capitini, questo popolo ha percorso ancora una volta 25 chilometri, facendo registrare una partecipazione – senza apparati di partito alle spalle e senza eventi mediatici pressanti come l’Irak o il Kosovo – superiore alle aspettative e almeno alle due precedenti edizioni. Un esercito di uomini e donne di buona volontà cui Benedetto XVI non ha fatto mancare il suo incoraggiamento.

Per gli scout – l’Agesci ne ha radunati 4mila – la Marcia comincia alle 7, con la Messa a san Pietro a Perugia concelebrata da don Luigi Ciotti e don Tonio Dell’Olio di Libera e dal comboniano Padre Alex Zanotelli che riscalda i cuori dei ragazzi chiamando ‘papà’ Dio Padre.

… Alle 9 parte la ‘Marcia per la pace e la fratellanza dei popoli’, lo stesso slogan del 1961. Cinque ore dopo, accaldati, si tira il fiato al Sacro Convento, sul piazzale la bandiera arcobaleno di 25 metri. Dalla Loggia è il Vescovo di Assisi, Domenico Sorrentino, a leggere il messaggio di ‘sincero apprezzamento’ del Papa ‘per la significativa manifestazione volta a richiamare l’universale valore della pace nel rispetto dei diritti e dei doveri di ciascuno’. Il Papa assicura la preghiera perché sull’esempio di Francesco ‘nel mondo all’odio subentri l’amore e all’egoismo la condizione fraterna’.

… ‘Eccovi qui davanti alla tomba di San Francesco’, è il saluto del custode del Sacro Convento, padre Giuseppe Piemontese: ‘Non tralasciate di confrontarvi con la strategia e il progetto di padre Francesco’.”.

Quante associazioni e movimenti cattolici, quante parrocchie e quanta parte del variegato mondo cattolico hanno partecipato alla Marcia? Difficile dirlo. Ma, certo, la partecipazione è stata  evidente , significativa ed ha segnato tutta la Marcia.

Una profezia di Capitini

Si sta avverando una delle profezie di Capitini che in una lettera a Walter  Binni del 26 agosto 1967 scrisse:“C’è bisogno che si delinei in Italia una certa consistenza della scelta pura nonviolenta, dal basso e rivoluzionaria in religione (…) Il mio compito mi pare sia stato e sia questo (se ce la farò! Se no, faranno altri”.

Le scarne notizie fin qui riportate sono sufficienti per una prima riflessione.

Nei cinquant’anni trascorsi il mondo è profondamente cambiato ed è cambiata anche la Chiesa cattolica. Il movimento per la nonviolenza nato da Tolstoj e Gandhi si è sviluppato, divenendo uno dei movimenti storici più importanti del secolo scorso. E’ stato un movimento che ha attraversato anche la Chiesa cattolica. Ancora la storia del rapporto della Chiesa cattolica con la nonviolenza moderna deve essere scritta, ma alla ricerca storica certo può contribuire la storia della Marcia Perugia-Assisi, inventata da Aldo Capitini che ormai è considerato come una delle figure più importanti della storia della nonviolenza moderna. Fu Capitini a introdurre per primo in Italia il pensiero di Gandhi, dopo aver letto la sua “Autobiografia” nel 1929, l’anno della stipula dei Patti Lateranensi tra la Chiesa cattolica e lo Stato italiano fascista.

E’ il caso di notare che un segnale dei cambiamenti è anche quello dato prima della Marcia dal quotidiano “Avvenire” del 13 settembre scorso che  ricordava Capitini in una pagina (27) con l’ articolo  “Aldo Capitini, quale nonviolenza”, di Goffredo Fofi  e un altro articolo che diceva del rapporto di Capitini con la Chiesa cattolica, senza, però, dire che Capitini fu vittima dell’autoritarismo ecclesiastico.

Qui, ora, dobbiamo notare il passaggio dalla scomunica di Capitini alla benedizione data dal Papa alla Marcia Perugia-Assisi, della quale Capitini era stato ideatore e organizzatore.

Per fare la storia di questi cinquant’anni ci sarà molto da studiare con onestà intellettuale.

C’è un passato scomodo che non va ignorato né rimosso. Bisogna superare, soprattutto da parte cattolica, imbarazzo, reticenze, finanche silenzi e omissioni. Toccare il tema della riforma della struttura gerarchica della Chiesa-istituzione, i nervi scoperti del dominio ecclesiastico e della lotta al Concordato, risulta ancora molto pericoloso. Ma sono incoraggianti le spinte che vengono dal basso della Chiesa e da alcune sue voci profetiche, rimaste a lungo isolate e inascoltate.

Cosa direbbe Capitini dopo la Marcia?

Prima della Marcia ho posto la domanda: “Cosa direbbe Aldo Capitini?”. La stessa domanda potrebbe essere posta, oggi dopo la Marcia.

C’è da chiedersi se la Marcia dopo cinquant’anni sia stata coerente con la sua ispirazione originaria e con i quattro caratteri voluti da Capitini. Il quarto carattere diceva “che si richiamasse il santo italiano della nonviolenza (e riformatore senza successo)” (In cammino per la pace, in Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, cit., p. 226).

Il tema della riforma religiosa fu uno dei temi fondamentali della vita e dell’opera di Capitini. E fu la sua concezione religiosa che provocò il conflitto con la Chiesa cattolica, ad iniziare dalla lotta contro la Chiesa del Concordato, coi suoi privilegi antievangelici, uno dei quali quello dei cappellani militari.

Un Decreto del Sant’Uffizio del 1956, pubblicato su “L’Osservatore Romano”, condannò il  libro di Capitini Religione aperta e lo inserì nell’ “Indice dei libri proibiti” e manifesti a stampa vennero affissi alle porte delle chiese di Perugia per dare la notizia della scomunica di Capitini.

“In quei terribili anni ’50 di restaurazione religiosa e politica, Capitini diventa facile bersaglio di una campagna ideologica che mira ad isolarlo. La Chiesa osteggia il suo movimento di religione, proibisce ai fedeli la frequentazione del Centro di orientamento religioso, spinge a un controllo poliziesco delle sue attività, interviene presso le autorità, affinché Capitini sia allontanato dall’insegnamento universitario…” (Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, 1998, p. 76).

Vi è un atto che consuma il rapporto di Capitini con la Chiesa cattolica: è la lettera del 27 ottobre 1958, indirizzata all’Arcivescovo di Perugia, con la quale Capitini chiese di essere cancellato dal registro dei battezzati, per non essere sottoposto all’autorità della Chiesa. La lettera fu scritta in seguito alla famosa vicenda dei coniugi Bellandi di Prato, uniti in matrimonio civile e bollati pubblicamente come “concubini” dal Vescovo Pietro Fiordelli.

Capitini così conclude la Lettera:

“La prego, signor Arcivescovo, di fare quegli atti che mi sottraggano alla giurisdizione di gerarchi a cui non riconosco su di me un potere superiore a quello di ogni altro essere. Non ho odio per nessuno, e certamente non l’ho per quei gerarchi. E voglio esser libero di considerare le osservazioni, le critiche, le ingiurie, che essi mi rivolgono, nello stesso modo con cui posso considerare quelle rivoltemi da altri uomini, che possono sbagliare e possono avere ragione …” (Aldo Capitini, Opposizione e liberazione, Linea d’ombra Edizioni, 1991, p. 139).

La lettera rimase senza risposta. Perché?

Capitini e il Concilio – altra profezia

La nonviolenza moderna nata con Gandhi al di fuori della Chiesa cattolica fu ignorata anche dal Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965). Monsignor Luigi Bettazzi nel convegno di Bolzano, in preparazione alla Marcia, ha detto: “La Chiesa ci ha messo molto per avvicinarsi alla nonviolenza. E dire che è nata proprio lì, nel Vangelo” (“Adista Segni Nuovi”, n. 54, 9 luglio 2011).

L’incontro di Capitini con don Milani a Barbiana negli anni Sessanta fu l’incontro di due profeti, profetico anch’esso. Dopo che Capitini andò a Barbiana, il mondo rappresentato da don Milani si è mosso per incontrare il movimento nonviolento e la Marcia inventata da Capitini.

Capitini seguì con grande interesse ed attenzione i lavori del Concilio e ne studiò i suoi sedici documenti per verificare se la Chiesa romana si fosse realmente aperta e riformata. Vide i limiti in particolare di alcuni documenti, considerati tra i più importanti, come la costituzione dogmatica Lumen gentium e la costituzione pastorale Gaudium et spes. Pur deluso dalle conclusioni del Concilio, seppe riconoscere le sue aperture e i fermenti di rinnovamento. Nel 1966 fu pubblicato il suo Severità religiosa per il Concilio (De Donato editore). In conclusione (p. 136) scrisse:  Non capire l’importanza centrale della nonviolenza è proprio, per se stesso, significativo di appartenere al versante del  passato e di non essere riusciti, pur con un imponente moto di persone e di mezzi, a salire alla cima per discendere l’altro versante sereno. Ma gli esseri sono più delle istituzioni; i cattolici, con nuovo fervore, cercano, incontrano, discutono, s’impegnano. Severità religiosa per il Concilio; rispetto per la Chiesa; affetto per i cattolici”.

Dopo il Concilio è avvenuto proprio quello che Capitini aveva detto: “i cattolici, con nuovo fervore, cercano, incontrano, discutono, s’impegnano”.

Don Milani nella Lettera ai Giudici (1965) scrisse: “Ho evitato apposta di parlare da non-violento. Personalmente lo sono. (…) Ma la non-violenza non è ancora la dottrina ufficiale di tutta la Chiesa”.

E’ la spinta che viene dal basso ad indurre anche i vertici ecclesiastici a modificare le loro posizioni e a far evolvere anche la dottrina. Come spiegare la benedizione del Papa alla Marcia Perugia-Assisi? Quando si potrà dire che la nonviolenza è la dottrina di tutta la Chiesa?

Conversione alla nonviolenza – testimonianza di padre Alex Zanotelli

La fede nella nonviolenza esige una conversione. Un esempio eccezionale di conversione alla nonviolenza è quello di  Padre Alex Zanotelli.

“Io sono profondamente convinto. Parlo adesso da uomo, se volete religioso, per me io sono un convertito alla nonviolenza, ci sono arrivato a cinquant’anni. Ho sempre appoggiato tutte le lotte armate anche in Africa, pensando che fosse l’unica maniera, a un certo punto, per ottenere la libertà o altro.

A cinquant’anni, è il momento caldo delle lotte su ‘Nigrizia’, ho cominciato a legare un po’ tutto e ho capito che l’unica salvezza è davvero la nonviolenza attiva. E’ stato Gandhi che mi ha aiutato a ritornare al Vangelo e a scoprire che è Gesù di Nazareth che l’ha scoperta. Ricordiamocelo, perché è importante come cristiani ricordarcelo.

Purtroppo per molti secoli come Chiesa abbiamo dimenticato una delle verità più profonde del Vangelo. Pensate che per tre secoli  le prime comunità  cristiane sono state obbedienti a questo insegnamento di Gesù. Pensate che oggi gli storici ci dicono che a ogni maschio che si presentava chiedendo il Battesimo, gli si diceva: ‘Fratello, scegli: o l’esercito o il Battesimo’.

Basterebbe che come Chiesa ritornassimo a questa pratica e metteremmo in crisi un sistema radicalmente, ed è giunto il momento di farlo, riscoprendo davvero che questo è il cuore del Vangelo. Almeno questo.

Ecco perché sono qui stasera, proprio perché anche per me è stata una lunga marcia, sofferta, quella della nonviolenza attiva, che mi ha portato proprio a una conversione radicale e a capire che il cuore di quel Vangelo – io non sto qui adesso a spiegarvi tutto il resto – è lì. E quindi diventa per me una doppia sfida, sia come uomo, sia come cristiano, nel tentare di vivere questo”.

(Intervento di Padre Zanotelli nell’incontro a Napoli, l’11 settembre 2007, organizzato dalla rivista “Quaderni Satyagraha”. Il testo è tratto dalla registrazione di Radio Radicale e non rivisto dall’Autore)