In ricordo di Anna Politkovskaja

Maria Mantello
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«Sono assolutamente convinta che il rischio sia parte del mio lavoro; il lavoro di una giornalista russa, e non posso fermarmi perché è il mio dovere […] Credo che il compito di un dottore sia guarire i pazienti, il compito di un cantante è cantare. L’unico dovere di un giornalista è scrivere quello che vede». È una delle tante affermazioni cristalline con cui Anna Politkovskaja pretendeva la dignità del suo lavoro contro i bavagli di Putin. Affermava la dignità della libertà di pensiero e di scelta che ci rende umani. Rivendicava la sua dignità di donna.

Assai lontana dal barbarico immaginario maschilista di femmina serviente: in casa, al lavoro, nell’alcova. Stereotipi di ritorno che fanno squadra, con tanto di avidi volgari faccendieri. Stereotipi di dominio e di sottomissione che strumentalmente confondono emancipazione e mutante. Modelli sessisti arcaici che allignano nelle profondità pulsionali e creano accoppiate di potere: rimbalzanti tra una Dacia e una Villa o una tenda Beduina. Triangoli amicali in amor di “lettone”!

Anna Politkovskaja era immune da queste corruttele e connivenze. Non era in affitto al parco macchine di scorta. Intellettuale vera. Era libera. Non giurava Fede al Potere.

Ha pagato con la vita la sua testimonianza. E oggi continua ad essere la scomoda martire, che per giunta offusca anche il compleanno del Presidente Russo. Perché Anya, così la chiamavano gli amici, fu uccisa il 7 ottobre del 2006, ricorrenza del 53° di Putin.

Minacciata più volte di morte, e dopo un tentativo di avvelenamento fallito, in quel fatidico giorno è trovata uccisa dentro l’ascensore della sua abitazione. Era pedinata e lo sapeva. Camminava con la morte addosso, lei, la “non rieducabile”, perché come aveva dichiarato: «In Russia i giornalisti si possono dividere in due categorie. I buoni. E i cattivi. I buoni sono quelli “per la Russia”. Fedeli a Putin e ai suoi. I cattivi sono “contro la Russia”. In breve, sono quelli che dicono la verità. Ma anche i cattivi si dividono in due categorie. Ci sono quelli rieducabili, che possono essere ricondotti sulla “buona strada” comprandoli o spaventandoli. E quelli non rieducabili».

In quel maledetto giorno c’era chi l’aveva seguita al supermercato, poi, deve aver aspettato che salisse per portare il primo carico di spesa e poi riscendesse – così faceva sempre – per prendere il resto. Così, non appena la porta della cabina si apriva al piano terra, quattro colpi la abbattono. Un altro la colpisce alla nuca. La missione va compiuta per bene! Tecniche da killer. Ma al processo gli imputati vengono assolti. E ancora oggi mandanti e assassini sono ufficialmente ignoti.

Era il 7 ottobre. Festa di compleanno del “caro amico Putin”. Come l’italico presidente del Consiglio ‘in solio’ affettuosamente usa chiamarlo. E ai suoi compleanni cerca di non mancare mai. Anche quando, come quest’anno la crisi è più nera. Ma Putin festeggia di sera!

Quest’anno è stato tutto lontano da occhi indiscreti, nella riservatezza della sua Dacia. Berlusconi è volato dall’amico Vladimir e ne è tornato, qualcuno avrebbe detto: «ritemprato, tonico, motivato». Gasato? Chissà se anche del gasdotto si sarà parlato? Non sappiamo come la festa sia andata, perché questa volta non sono state ammesse né telecamere né giornalisti.

Nulla è trapelato. Solo un filmatino amatorial-augurale è girato prima. Ripreso anche da qualche rete televisiva. Un assaggino dei preparativi per l’abbottonata festa di compleanno del Presidente della Russia. Un breve filmato delle ormai celebri generose ragazze dell’Armia putina (Armata Putin), sfoggianti per questa occasione la divisa di cuoche d’ordinanza: camicetta assai sbottonata. E si aggirano allegre e danzanti su vertiginosi tacchi in cucina. Per sbatter uova e mescolar farina… Zompettanti tra padelle e panna in cui intingono le dita, che ammiccanti si portano in bocca… La devono pur assaggiare la torta per il capo! Cioccolato e frutti di bosco sembrerebbe. Non sarebbero stati forse più adatti gnocchi fritti! Ma lasciamo ognuno alle sue feste, d’andata e ritorno…

Noi vogliamo ricordare il 7 ottobre di Anna Politkovskaja, la coraggiosa attivista per i diritti umani, la testimone dei “cadaveri dimenticati”. L’impavida giornalista della Novaja Gazeta. La testimone-scrittrice di tanti saggi e che nel suo libro del 2005, La Russia di Putin (2005), ci ha raccontato delle rivolte separatiste nelle ex province dell’Unione Sovietica, o della strage dei bambini a Beslan, in Ossezia. La donna non normalizzabile da nessuna “troika” di potere, e che ha scoperchiato il velo di regime. Mostrando una Russia divorata dalla corruzione. Dal rampantismo dei nuovi ricchi e dal dilagare dei nuovi poveri. Una Russia, che un Occidente intento a far affari fa finta di non vedere. Neo-imperialismo del suo Presidente compreso.