Manifesto per le unioni omosessuali. Firmano anche i cattolici

Marco Zerbino
Adista n° 73/2011

Quando è troppo è troppo. Le recenti dichiarazioni di Massimo D’Alema contro i matrimoni omosessuali probabilmente non sono state null’altro che la goccia che fa traboccare il vaso. Certo è che, a partire dallo scorso 15 settembre, quanti intendono dare battaglia per i diritti di gay, lesbiche e transgender, all’interno del Partito Democratico, dispongono di uno strumento in più. «Le dichiarazioni di D’Alema», ha scritto quel giorno sul suo blog il vicepresidente del Pd Ivan Scalfarotto, «mi hanno veramente colpito. Non solo per quello che ha detto, ma anche per come ha detto ciò che ha detto. La serenità e la convinzione adamantina con la quale un uomo del suo livello ha inanellato stereotipi, pregiudizi, inesattezze e falsi miti mi hanno convinto che sia a questo punto necessario rompere gli indugi».

A condividere con Scalfarotto l’urgenza di «cominciare a “dire” per educare», oltre a Carlo Santacroce, presidente dell’Associazione Nazionale “3D”, anche Cristiana Alicata e Sergio Lo Giudice, dirigenti rispettivamente del Pd laziale e di quello bolognese. Dalla convinzione che fra i militanti del Pd, sui cosiddetti “temi etici”, esistano una maturità e una consapevolezza molto maggiori di quanto non lascino trasparire i dubbi e le esitazioni dei dirigenti del partito, è nato così un appello – “Manifesto per una rete Lgbt nel Pd” – finalizzato alla costituzione di un gruppo di pressione di livello nazionale nel quale possano riconoscersi tutti coloro che non intendono arrendersi «di fronte al fallimento della politica sulle questioni relative ai diritti umani fondamentali di una parte importante della popolazione».

Il testo, che prende le mosse dalla denuncia del «complessivo arretramento politico, sociale, economico e culturale» che caratterizza il Paese, «ostaggio di una maggioranza illiberale che mina in tutti i campi il principio costituzionale di laicità», prosegue stigmatizzando in particolare «l’arretratezza dell’Italia nella tutela dei diritti e della dignità delle persone lesbiche, gay, bisessuali e trans». Le critiche, dirette principalmente contro l’attuale maggioranza parlamentare, non risparmiano lo schieramento politico di centrosinistra, definito «incapace di proporre una propria complessiva visione dei diritti delle persone Lgbt e le strategie opportune per realizzarla». Di qui la necessità di costituire una «rete nazionale di azione sul e nel Partito Democratico che unisca tutti e tutte coloro, iscritti o meno al partito, che condividano i nostri stessi obiettivi». Quattro i temi fondamentali sui quali l’appello chiama a un confronto franco e non più procrastinabile dentro e fuori il Pd: l’estensione del matrimonio civile alle coppie dello stesso sesso, la prevenzione e il contrasto alla violenza omofobica e transfobica, la tutela delle famiglie omogenitoriali e, infine, l’adozione di specifiche misure legislative volte a tutelare i diritti e la dignità delle persone transessuali e transgender.

Diverse e autorevoli le firme già raccolte dai promotori del Manifesto, fra le quali quella del parlamentare cattolico Giovanni Bachelet, responsabile del Forum Scuola del partito, al quale Adista ha chiesto un parere su questa iniziativa.

Cosa motiva la sua adesione a questo appello?
Personalmente sono fra quelli che hanno seguito il centrosinistra quando, in tema di diritti delle persone omosessuali, Rosy Bindi e Barbara Pollastrini hanno tentato di mettere a punto una sintesi che potesse risultare adeguata per tutti, con particolare attenzione alle indicazioni delle gerarchie. Il disegno di legge sui Dico era in realtà una proposta in linea con quella elaborata dal governo Aznar (Partito Popolare) in Spagna, quindi tutt’altro che oltranzista. Eppure, all’epoca, la reazione della Chiesa fu di netta opposizione, un’opposizione che non esitò a ricorrere alla piazza coinvolgendo in questo i diversi livelli della comunità ecclesiale, a partire dalle parrocchie. Ecco, diciamo che, considerando quella reazione, e alla luce di quell’esperienza, a distanza di 5 anni, mi sono chiesto se non convenisse interrogarsi con maggiore libertà su un tema che è e rimane una questione di democrazia.

C’è stata qualche reazione alla sua firma da parte di altri esponenti cattolici del Pd?
Non penso che inquadrare la questione in termini di cattolici/non cattolici aiuti a capire e fare dei progressi in questo campo. Personalmente, mi sono un po’ stufato di essere etichettato come un politico cattolico. La politica ha il dovere di confrontarsi con quelle che sono le dinamiche reali presenti nella società in cui viviamo; se la maggior parte dei nostri figli e nipoti, quando si sposano, hanno già convissuto, noi dobbiamo capire questo fenomeno e gestirlo, trovare delle soluzioni legislative concrete che garantiscano i diritti di tutti, visto che viviamo in uno Stato democratico. Non esiste un monopolio dell’ “essere cattolici in politica”, qui bisogna ragionare in maniera efficace, anche se poi ognuno può essere guidato, nella sua azione politica, da diversi valori. «Nessuno ha il diritto di rivendicare esclusivamente in favore della propria opinione l’autorità della Chiesa»: non sono io a dirlo, ma la Costituzione conciliare Gaudium et spes.

Rimane il fatto che l’appello appare molto avanzato: si parla esplicitamente di matrimoni omosessuali. Difficile pensare che le gerarchie vaticane possano ritenerlo una guida valida per chi, essendo cattolico, fa attività politica…
Ripeto: considerando quanta scarsa attenzione le gerarchie hanno dedicato al tentativo di elaborare un compromesso che fosse gradito a tutti, io mi sono chiesto se non fosse il caso di affidarmi piuttosto alla sensibilità diffusa dei tanti cattolici che incontro ogni giorno, la maggior parte dei quali ritengono che una chiusura totale, su questi temi, non sia giustificata. Alle volte, lo dico con rispetto, ho l’impressione che la Chiesa si sia un po’ fissata su queste questioni. Non ricordo uno sforzo di mobilitazione così intenso su temi sociali, o su temi quale l’immigrazione, come quello messo in campo contro i Dico. Bisognerebbe avviare una seria riflessione sul fatto che essere cristiani non ha a che fare solo con quello che si fa fra le lenzuola, ma magari anche con quanto si pagano gli operai o con il fatto se si cannoneggiano gli immigrati stipati su un barcone.

Il Manifesto, che pure è molto netto nell’imputare all’attuale governo la responsabilità di una vera e propria deriva oscurantista, non risparmia critiche neanche al centrosinistra.
Sì, anche se va detto che non nasce come un appello contro qualcuno, quanto come un’iniziativa finalizzata a quell’interrogarsi franco e pragmatico di cui parlavo prima. Però, ovviamente, nell’appello si riconosce che anche il centrosinistra non è stato capace di arrivare ad un risultato, in termini legislativi. Questo è un fatto oggettivo, che non possiamo negare.