Chiesa e politica: via Silvio, il Papa perde un alleato

Raffaele Iannuzzi
www.iltempo.it, 9 novembre 2011

Il Pd di Bersani è un partito radicale di massa disorientato sul piano etico e inefficace su quello strategico.

Per quanto la cosa possa scandalizzare molti benpensanti, che Gesù chiamerebbe farisei o sepolcri imbiancati, la Chiesa è un «partito». Metto le virgolette solo perché si tratta di un’espressione del Card. John Henry Newman, che, da vero convertito al cattolicesimo romano, fece riferimento all’Incarnazione e, di conseguenza, agli esiti di una fede inverata nella storia. La politica, per la Chiesa, serve a questo: rendere presenti certi principi derivanti dall’avvenimento cristiano.

Premessa d’obbligo, perché ogni passo dei governi guidati da Silvio Berlusconi è stato fedelmente aderente a questo modo di essere della Chiesa: un partito, guidato da un leader, si è alleato oggettivamente con quello strano e singolare «partito» che è la Chiesa. Una parte cristiana che si muove «in partibus infidelium», nella storia, tra agnostici e credenti, tra chi è pro e chi è contro. Vediamo i fatti. Berlusconi imposta il centrodestra, inventandolo letteralmente, come disse acutamente Baget Bozzo, con un mix di laicità attiva e una cristianità capace di tradursi in azioni concrete. Marcello Pera, Presidente del Senato nel secondo governo Berlusconi (2001-2006), diventa l’interlocutore privilegiato della Chiesa, scrivendo un libro sulle radici cristiane dell’Europa insieme con l’allora Card. Ratzinger.

Un successo politico e culturale, insieme. Un modo originale di rileggere la realtà politica alla luce di una tradizione come quella cristiana, concepita come pienamente occidentale. Da questo momento in poi, non si contano le vicende che allineano, a cavallo dell’era ruiniana matura e un dopo-Ruini già in predicato, il centrodestra berlusconiano e la Chiesa. Si va dalla tematizzazione del fine-vita alla scuola come forma di educazione libera affidata alla scelta delle famiglie. Passando per un dibattito sul nuovo modo d’essere del laico occidentale: tutto tranne che laicista, ossia avverso alla religione per partito preso.

I convegni della rivista «Liberal», allora diretta da Adornato, facevano pendant con gli interventi della Chiesa e l’attuale Arcivescovo di Milano, il Card. Scola, veniva intervistato come appartenente a uno schieramento ben più largo ed aperto dell’area berlusconiana. Una grande stagione, unica in Europa. Le tragiche vicende di Welby e della Englaro, con tutte le polemiche connesse, hanno segnato il vertice di un sodalizio oggettivo, ben più radicato e serrato del convenire politicistico, perfino di marca Dc. Il secondo governo Berlusconi, funestato dalle polemiche sui comportamenti privati del premier, non hanno, di fatto, cambiato marcia.

A ogni indicazione del Papa, è seguita una risposta positiva del centrodestra. Ancora una volta la stessa agenda, un baluardo contro il laicismo e la «dittatura del relativismo»: la bioetica, il testamento biologico, la scuola libera, i valori cristiani, la difesa della presenza del Crocifisso nelle scuole e nei luoghi pubblici. Quest’ultimo nodo ha trovato il governo duro e puro e vincente anche a livello europeo, con una precisa sentenza. Il 17 gennaio 2010 Benedetto XVI esprime il suo «apprezzamento al Governo italiano» per essersi opposto al «tentativo di eliminare dai luoghi pubblici l’esposizione dei simboli religiosi, primo fra tutti il Crocifisso».

Tale visione, secondo il Papa, corrisponde «a una corretta visione della laicità», perché il Crocifisso «è certamente l’emblema per eccellenza della fede cristiana, ma, allo stesso tempo, parla a tutti gli uomini di buona volontà e, come tale, non è fattore che discrimina». L’incontro di Assisi, con gli agnostici in prima fila a condividere un comune sentire con i credenti, è l’esito perfetto di questo percorso. Un percorso favorito e comunque sentito come proprio da un Governo come questo, laico, ma non laicista, convintamente anti-relavista. Sacconi, in un recente saggio, ha delineato, come in una summa a disposizione di un progetto politico ancora da sviluppare, questo modo di vedere la realtà sociale italiana e le libertà individuali, a cominciare dalla libertà religiosa.

L’etica, per la Chiesa, deriva da questa oggettiva adesione alla realtà. Chi ci sta,fa la scelta giusta. La morale personale del premier, i suoi atti privati, non cambiano questa base oggettiva di intesa. La Chiesa, nelle sue varie voci e sensibilità, stigmatizza, ma il Papato apprezza e non può che farlo. La libertà ha cementato il rapporto.
Gli interventi di Papa Benedetto sulla «libertà religiosa delle famiglie» in Europa, costrette a subire il diktat laicista in materia di «educazione sessuale o civile», e di Berlusconi – sciatte ironie a parte -, che afferma di credere «nell’individuo» e nelle sue risorse e facoltà, orientate alla realizzazione di «se stesso», in un’ambito di libertà educativa e religiosa, formano un’unità non forzata e non ideologica, ma realisticamente stringente.

E’ il risultato di un percorso storico documentabile, fecondo e non più replicabile con altri spartiti politico-ideologici, sia chiaro. Perché il Pd di Bersani – incapace perfino di accettare il dissenso di Renzi – è un partito radicale di massa, disorientato sul piano etico, inefficace su quello strategico. La logica politica del «partito» laico berlusconiano si è accostata a quella, di millenaria solidità, della Chiesa, un singolare «partito», con buona Realpolitik e capace di distinguere il grano dal loglio. Berlusconi lascerà presto e Benedetto XVI perderà un alleato. Uno che, almeno, non dà lezioni al Papa.

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La linea della Chiesa: ora un passo indietro e spazio a larghe intese

Gian Guido Vecchi
http://archiviostorico.corriere.it/ 9 novembre 2011

L’ unica notizia dall’ Italia è un trafiletto in fondo a pagina tre. Ma nella Chiesa spesso l’ essenziale si nasconde nei dettagli e la Santa Sede non ama fare rumore, specie quando si tratta di politica. Così il titolo dell’ Osservatore Romano di oggi sulle vicende del governo è un richiamo di cronaca a ciò che in realtà sta più a cuore Oltretevere: «In Italia appelli alla cooperazione tra le forze politiche».

È un articolo che non a caso riprende soltanto le due massime cariche dello Stato, le parole di Giorgio Napolitano a Bari («Il momento è molto difficile, molto duro per il nostro Paese»), il «colloquio» del presidente della Repubblica con Renato Schifani e infine l’ appello del presidente del Senato: «Ha invitato tutte le forze politiche ad abbandonare “irrigidimenti”, “pregiudizi” e “contrapposizioni” che impediscono di rafforzare la credibilità del Paese e ha invitato maggioranza e opposizione a un’ ampia condivisione delle scelte strategiche necessarie per affrontare l’ emergenza», riassume il quotidiano della Santa Sede.

Soprattutto in questa fase, la preoccupazione in Vaticano come alla Cei è evitare «strumentalizzazioni» e mantenere un profilo istituzionale. Però agli esponenti cattolici più in vista («E dai massimi livelli: in questi casi non delegano mai a nessuno», butta lì un parlamentare alludendo ai cardinali Bertone e Bagnasco) sono arrivati «diversi incoraggiamenti» verso una linea di condotta che, raccontano, si può riassumere così: un passo indietro «o almeno di lato» di Berlusconi per lasciare il posto di premier a un esponente del Pdl «anche indicato da lui stesso» che guidi una coalizione allargata all’ Udc e «a chi vuole nel Pd».

Il nome più ripetuto è quello di Gianni Letta, interlocutore storico e stimato in Vaticano. Di certo, Oltretevere come ai vertici della Chiesa italiana, non si vogliono né le elezioni anticipate né «ribaltoni» di sorta. Anche perché, considera un vescovo dei più autorevoli, «dall’ altra parte ci sono Bersani, Vendola e Di Pietro e le gerarchie ecclesiastiche, molto semplicemente, non si fidano». Del resto la situazione è quasi obbligata, spiegano fonti vicine alla Cei: «Ognuno deve assumersi le proprie responsabilità.

È chiaro che non si può precipitare verso le urne in una situazione come questa, ci sono molte cose da fare e vanno fatte adesso, non dopo. Se questa maggioranza è in grado, le faccia, altrimenti se ne prenderà atto». Con un altro governo, non con elezioni. Lo stesso direttore di Avvenire , Marco Tarquinio, ha scritto: «Continuiamo tenacemente a premere perché le dosi d’ urto di sacrifici che ci sono già state somministrate, e quelle che verranno, siano accompagnate da una nuova legge elettorale che ci restituisca il potere di scegliere non solo i partiti e le alleanze, ma anche gli uomini e le donne che ci rappresentano».

Escluse le urne, non si possono nemmeno immaginare rovesciamenti traumatici, ha poi fatto capire: «Nel panorama istituzionale e politico italiano, soluzioni conflittuali sarebbero insopportabili». A settembre il cardinale Angelo Bagnasco aveva detto una frase che somigliava a un invito al premier perché facesse un passo indietro: «Ognuno è chiamato a comportamenti responsabili e nobili. La storia ne darà atto». Il segretario della Cei Mariano Crociata ha poi chiarito che «la Chiesa non fa governi e nemmeno li manda a casa». Le gerarchie sembrano aver congedato Berlusconi ma non (ancora) il centrodestra.