Darfur: nuovi conflitti. 70.000 i civili in fuga nel solo 2011

Antonella Napoli
www.articolo21.info

Paese straziato da conflitti e povertà, il Sudan resta nell’ombra, complice il silenzio degli organi di informazione sulla gravità della crisi in Darfur, che peggiora di giorno in giorno, e sui nuovi fronti di guerra in Sud Kordofan e nello Stato del Nilo Azzurro. Sono ormai milioni le persone in fuga e migliaia le vittime delle violenze: basterebbero questi dati per giustificare l’attenzione dei media e invece la portata della tragedia umanitaria che coinvolge l’intero stato africano viene totalmente ignorata.

Un recente rapporto del Coordinamento degli affari umanitari delle Nazioni Unite (Office for the Coordination of Humanitarian Affairs) fornisce un quadro drammatico, numeri spietati che non lasciano adito a dubbi. A fronte dei 45 mila profughi che hanno fatto rientro ai villaggi di origine dai centri di accoglienza che li hanno ospitati negli ultimi otto anni, 1 milione e 900 mila resta lì nonostante le condizioni di vita siano al limite della sopravvivenza. Nel solo 2011 almeno 70 mila civili sono stati messi in fuga dai nuovi conflitti e hanno chiesto rifugio alle strutture gestite dall’Onu.

E proprio le Nazioni Unite hanno ultimato nelle scorse settimane la stesura di un report sui bisogni umanitari in Darfur, evidenziando le conseguenze seguite all’allontanamento forzato di alcune importanti organizzazioni non governative dal 2009 ad oggi.

Gli sforzi, seppur significativi, compiuti dai cooperanti rimasti sul terreno non sono riusciti a colmare le lacune prodotte dall’espulsione delle Ong ma solo a garantire soluzioni tampone e di breve termine.

Le carenze più gravi sono state registrate nel settore degli aiuti alimentari, dell’assistenza sanitaria, della nutrizione, delle strutture di accoglienza e dell’accesso alle risorse idriche da cui dipende la sopravvivenza di quasi 5 milioni di persone.

Se in Darfur la popolazione è allo stremo, gli ex connazionali del Sud Sudan, indipendente dal luglio scorso, vivono altrettanti disagi acutizzati dai nuovi bombardamenti dell’aviazione nord sudanese.

E’ proprio di questi giorni la notizia che Oxfam, tra le più importanti organizzazioni umanitarie impegnate in Sud Sudan, lascerà le zone di confine spostando 22 membri del suo staff nel settentrione a causa dei sanguinosi scontri scoppiati nell’area di frontiera.

Sulla recrudescenza delle violenze hanno espresso grande preoccupazione anche i vescovi dei due Paesi divisi dal referendum del gennaio 2010. Gli alti prelati di Sudan e Sud Sudan al termine dell’ultima Assemblea Plenaria si sono detti profondamente turbati per la guerra civile esplosa sui Monti Nuba, nel Sud Kordofan, e nello Stato del Nilo Blu, oltre che per il peggioramento del conflitto in Darfur. Ed è proprio per fronteggiare questo momento tanto drammatico che hanno deciso di mantenere un’unica Conferenza Episcopale.

“La Chiesa nelle due nazioni continuerà a vivere in solidarietà – hanno riferito all’agenzia Fides – vista la nostra storia comune e i legami umani e molto concreti esistenti tra noi. Abbiamo creato due Segretariati, uno a Juba e uno a Khartoum, per attuare le linee pastorali dei Vescovi di ciascuna nazione”.

Purtroppo il grido di dolore della gente del Sudan e l’allarme dei vescovi ha trovato poco spazio sugli organi di informazione. Eppure il rischio della ripresa delle ostilità su larga scala, se le legittime aspirazioni della popolazione di queste aree non saranno soddisfatte, appare sempre più concreto.

I civili sono terrorizzati dai bombardamenti aerei indiscriminati, i cooperanti chiedono che siano aperti corridoi umanitari per permettere l’invio di cibo e medicinali e le autorità religiose chiedono una mediazione internazionale per risolvere la questione di Abyei, area contesa dai due Stati.

A tutto questo vanno aggiunte le tensioni inter-comunitarie sempre più forti (in particolare tra le etnie Madi e Acholi) e le incursioni dei ribelli ugandesi dell’LRA (Esercito di Resistenza del Signore) nei villaggi e nei campi popolati soprattutto da donne e bambini. Insomma una situazione esplosiva che continua, vergognosamente, a non essere considerata degna di attenzione.