Quelli che non vanno a Todi. Assemblea per costruire la rete dei cattolici democratici

Luca Kocci
Adista Notizie n. 84/2011

Non sono andate a Todi con il card. Bagnasco, ma il prossimo fine settimana (19 e 20 novembre) si incontreranno alla Domus Pacis di Roma per tentare di dare vita ad una «rete tra cattolici e democratici». Non un partito, né una “corrente” e nemmeno una nuova associazione culturale, ma un coordinamento delle associazioni «che si richiamano alla tradizione cattolico-democratica». Lo scopo è intervenire nella politica, con due stelle polari: non i «valori non negoziabili» dettati dalle gerarchie ecclesiastiche, ma «la Costituzione repubblicana del 1948 e il Concilio Vaticano II».

All’appello sono già in molte: le associazioni “storiche” e quantitativamente più rilevanti della galassia cattolico-democratica (Agire Politicamente, Argomenti 2000, Città dell’uomo, Rosa Bianca e Cristiano Sociali, Fondazione “Persona, Comunità e Democrazia”), ma anche parecchie associazioni locali (Il Borgo di Parma, Istituto De Gasperi di Bologna, Persone e città di Torino, Antropolis di Milano, Centro Francesco Luigi Ferrari di Modena, Polis di Legnano, Il Progetto di Ferrara, Appunti Alessandrini di Alessandria, Centro studi “Senatore Antonio Rizzatti” di Gorizia, Porta Stiera di Bologna, Associazione Centro Studi “Nuove Generazioni” di Rimini, Agorà Marche ed altre ancora).

Il punto di partenza è la constatazione della crisi italiana: «La situazione attuale, caratterizzata dalla grave crisi economica che rivela una ancor più grave crisi sociale e politica, richiede a tutti un’assunzione di responsabilità», scrivono le associazioni, che intendono andare «oltre l’indignazione» – come scrissero nello scorso aprile in un documento di dura critica a Berlusconi, al berlusconismo e anche ai silenzi delle gerarchie ecclesiastiche (v. Adista n. 35/11) – ed «interrogarsi sull’eventuale opportunità di unire le singole energie, al fine di rendere più incisiva la condivisa sensibilità culturale-politica e dare visibilità ad una presenza significativa del cattolicesimo democratico nel nostro contesto sociale e politico».

Il programma dell’incontro prevede, il sabato pomeriggio, due interventi di Guido Formigoni («Il cattolicesimo democratico, una risorsa per il Paese e per la Chiesa») e di Michele Nicoletti («La situazione italiana: centralità della questione democratica»); la sera del sabato l’assemblea aperta che dovrebbe gettare le basi della «rete tra cattolici e democratici»; la domenica mattina una tavola rotonda su quattro aspetti: «economia e società» (con Leonardo Becchetti), «diritti della persona» (con Paola Moreschini), «Chiesa e laicità» (con Marinella Perroni), «solidarietà e politica» (con Rocco D’Ambrosio). «Siamo solo all’inizio del cammino», precisano i promotori, ma l’assemblea di Roma intende essere un primo «momento “costituente”, per definire e costruire insieme ipotesi progettuali».

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QUALI CATTOLICI IN QUALE PARTITO? PROSEGUE IL DIBATTITO SUL DOPO TODI

Continuano a fioccare, anche a distanza di quasi un mese, i commenti sul rinnovato impegno dei laici cattolici in politica che ha trovato nell’assise di Todi il suo momento culminante: segno di un interesse diffuso per gli esiti di una “chiamata alle armi” da parte della Chiesa dai contorni per ora incerti (v. Adista nn. 71, 76, 78 e 82/11).

Di chiamata a raccolta «di per sé positiva», ha parlato Raniero La Valle, presidente dei Comitati Dossetti per la Costituzione e direttore di Vasti-scuola di critica delle antropologie: «Perché indica – spiega su Rocca (n. 21) – che la Chiesa non vuole più affidarsi a una “potestas directa” sul potere politico, come ha fatto in questi anni finendo per trovarsi coinvolta nel discredito del peggiore e più immorale governo della Repubblica, ma intende riattivare una mediazione laicale, che almeno formalmente la metta al riparo da confusioni col potere». «Ciò la Chiesa può fare – prosegue La Valle – o dando credito alla libera iniziativa, all’ispirazione cristiana e al pluralismo di diverse forme di presenza dei cattolici» oppure «vagheggiando una aggregazione comune di tutti i fedeli». «Sembra – continua ancora – che l’orientamento di Todi sia quest’ultimo, perché tutti hanno parlato di creare “un punto di riferimento unitario” per l’azione politica dei cattolici». Ma per fare cosa, si domanda La Valle. «Se deve essere “unitario”, il contenuto unificante non potrebbe che essere il Vangelo».

Ma a questa ipotesi, scrive La Valle, fa ostacolo il fatto che molti cattolici non sono affatto d’accordo ad avere come riferimento unificante il Vangelo, «tant’è che difendono il sistema che fa otto milioni di poveri, fanno le leggi che uccidono i profughi, sostengono il governo che odia i giudici e compiace gli evasori, invocano una società meritocratica, considerano giuste le guerre fatte dai nostri ragazzi, e al bene comune preferiscono un’Italia divisa tra amici e nemici». «Non dandosi un’unità su queste cose, considerate opinabili, resterebbero come obbliganti per tutti le cose dette “non negoziabili”». La domanda per La Valle allora è «se vi siano qui criteri sufficienti per giudicare “tutta” la politica, e se i cattolici, pur di essere uniti, potrebbero appagarsi di fare solo questo». «La domanda inoltre, ammesso che queste cose bastino a fare l’unità dei cattolici, è se poi i cattolici stessi non dovrebbero negoziare, volendo stare nello spazio della politica, i diversi modi in cui quei principi inviolabili possano essere tradotti nella legislazione concreta».

Un invito alla riflessione è anche quello che arriva da Domenico Rosati, ex presidente nazionale delle Acli. « Ultimamente – è il commento affidato alle pagine dell’Unità (8/11) – con l’esplodere delle vicissitudini personali del premier, peraltro da sempre conosciute, si sono udite parole autorevoli di condanna e di consapevole distacco, con un itinerario che ha portato all’incontro dello scorso ottobre a Todi, nel quale non è agevole individuare un cambio d’indirizzo se non per una minore diffidenza verso i fedeli laici da compensare, auspicabilmente, con una minor compromissione della gerarchia nelle vicende e nei compromessi della politica».

«Si pongono qui alcuni interrogativi», prosegue Rosati: «Quanto la presentazione selettiva dei valori (la vita, la famiglia) ha determinato una minore sensibilità per quelli di “seconda fascia” come la pace e il lavoro, ostacolando la sintesi politica? E quanto la concentrazione dell’attenzione “politica” su quei temi ha favorito la mano libera della maggioranza sugli aspetti sociali dell’economia, fino alla modifica di articoli della Costituzione che sono diretta filiazione della dottrina sociale della Chiesa? Ci si rende conto che lungo tutto il ventennio berlusconiano si è dato il passo alla cultura e ai costumi dell’individualismo, del soggettivismo e del relativismo, contro i quali giustamente continua a pronunciarsi il magistero di Benedetto XVI?».

Pragmatico il vicedirettore della rivista dei gesuiti Civiltà Cattolica, p. Michele Simone (5/11), che sottolinea come, «prima di prendere qualsiasi decisione, bisogna rispondere a un interrogativo di fondo: i responsabili delle associazioni e dei movimenti cattolici presenti a Todi quale delega sui temi politici hanno ricevuto dal proprio gruppo di appartenenza? Soprattutto – prosegue – i dirigenti delle associazioni maggiormente impegnate sui temi religiosi o sulla rappresentanza sociale partecipavano come persone singole, non avendo il potere di chiedere i consensi politici ai propri iscritti. Per procedere verso la costituzione di un coordinamento o di qualcosa di più, bisogna perciò fare chiarezza sul tema della democrazia interna e della delega ai dirigenti nazionali in vista di un gruppo di analisi e di riflessione sulla situazione politica, in attuazione delle richieste del Magistero affinché i laici cattolici tornino a fare politica, possibilmente senza abbandonare il proprio impegno nel sociale»

Ansiosa di presentare il Partito Democratico come un soggetto plurale – e quindi aperto alla mediazione – la presidente del Pd Rosi Bindi in una lettera al direttore di Avvenire Marco Tarquinio (5/11): «In questi mesi – scrive Bindi – la Chiesa italiana ha chiesto di “purificare l’aria”. Ha richiamato la politica alla sobrietà dei comportamenti, al rigore morale, all’equità sociale. Ha denunciato la corruzione, l’abuso della funzione pubblica, il degrado delle istituzioni. È un monito a superare modelli consumati e fallimentari. Noi democratici vogliamo essere protagonisti di questa sfida, che equivale al progetto di un partito plurale». «Il Pd – prosegue – è ancora in costruzione e talvolta è percepito in continuità con la tradizione della sinistra italiana. Non è così sul piano delle idee, dove stiamo sperimentando in modo anche fecondo la sintesi tra diverse ispirazioni culturali. Non può esserlo neanche su quello della forma partito». «La nostra novità, ne sono consapevole, si misura anche su questo crinale. E io sono impegnata a consolidare il profilo di un Pd plurale e pluralista».

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CATTOLICI E POLITICA DOPO TODI: LA CEI GUARDA ANCORA A DESTRA

Lino Prenna
Adista n. 83/2011

L’unità dei cattolici in un partito o, almeno, l’unità sui valori è la finalità, più o meno dichiarata, del percorso aggregativo avviato dalla Cei, a Roma nel maggio scorso [v. Adista nn. 51, 57, 60, 65 e 70/11] e giunto, per ora, a Todi, con l’incontro del 17 ottobre [v. Adista nn. 76 e 78/11]. A voler parlare per metafore sulla distanza che separa la città eterna dalla città di Jacopone, si direbbe che non è andato molto lontano! Ma anche l’esito effettivo dell’incontro è apparso al di sotto delle attese suscitate dallo stesso cardinal Angelo Bagnasco, nella prolusione al Consiglio Permanente dei vescovi, il 26 settembre scorso, quando aveva detto che, nonostante il permanere di lentezze, chiusure e intimismi, «sembra che una tensione si vada sviluppando»; anzi, aveva aggiunto, «sembra rapidamente stagliarsi all’orizzonte la possibilità di un soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica». (v. Adista n. 71/11).

Che fine farà questo soggetto è difficile a dirsi. Probabilmente il freno è stato tirato da esponenti del partito di Berlusconi, cattolici con frequentazioni ecclesiastiche, come Gaetano Quagliariello, preoccupati che un nuovo soggetto partitico potesse svuotare il Pdl e, comunque, creare ai vari Lupi problemi di coscienza, divisi tra le due obbedienze, a Berlusconi e a Bagnasco.

Non è un caso che, contestualmente all’incontro di Todi, sia stato ampiamente pubblicizzato il libro di Maurizio Sacconi Ai liberi e forti. Valori, visione e forma politica di un popolo in cammino (Mondadori), che si propone come manifesto di un nuovo centrodestra. Il quotidiano della Cei, Avvenire, il 21 ottobre scorso, gli ha dato grande rilievo, elogiandone il contenuto cattolico ed elencando il largo consenso che il manifesto dell’ex craxiano avrebbe raccolto. Noi siamo dovuti ricorrere a Il Fatto Quotidiano per sentirci ricordare che quell’appello del 1919 fu l’atto fondativo del Partito popolare e che – aggiungiamo – ci troviamo di fronte a un saccheggio (Sacconi!) del pensiero sturziano.

È probabile che questo manifesto coincida e si identifichi con i principi della “buona politica” esposti a Todi, proponendosi come il nuovo “partito cattolico”, anche perché alla presentazione, come sottolinea Avvenire, erano presenti autorevoli “reduci” da Todi, come Natale Forlani (portavoce del Forum delle persone e delle associazioni di ispirazione cattolica nel mondo del lavoro, che ha convocato il seminario di Todi) e Andrea Olivero (presidente delle Acli), nonché Giuseppe De Rita che avrebbe mostrato di condividere il progetto!

Se questi rilievi hanno più che probabile attendibilità, prendiamo atto che la linea ufficiale della Chiesa cattolica italiana continua a guardare a destra e, mentre cerca di scaricare Berlusconi, perché diventato troppo ingombrante, conserva un rapporto privilegiato con la destra berlusconiana.

Ai rappresentanti delle associazioni convocate a Todi, che avrebbero dovuto parlare a titolo personale, non avendo consultato la loro base associativa, certamente differenziata nelle opinioni, il presidente della Cei (anch’egli, quanto rappresentativo in materia di tutti i vescovi?) propone una unità dei cattolici a destra, con un partito «laico e cristiano, conservatore e modernizzatore, capace di unire credenti e non credenti», come direbbe il neofita Sacconi.

Questo cattolicesimo politico, peraltro così maldestramente ridisegnato, fu già definito «conservatore» da don Sturzo e distinto dal cattolicesimo democratico, nel quale si riconosceva, dicendo di sé: «A me democratico antico, convinto, e non dell’ultima ora, è inutile chiedere quale delle due tendenze politiche, nel senso comune della parola, io creda che risponda meglio agli ideali di quella rigenerazione della società in Cristo, che è l’aspirazione prima e ultima di tutto il nostro precorrere, agire, lottare».

* Coordinatore nazionale dell’associazione cattolico-democratrica “Agire politicamente” (www.cattolicidemocratici.it)