Siria: avanza la soluzione libica?

Michele Paris
www.altrenotizie.org

Scaduto l’ennesimo ultimatum contro il governo di Bashar al-Assad, la Lega Araba ha dato il via libera domenica ad una serie di sanzioni che dovrebbero convincere la Siria a fermare la repressione delle proteste in corso nel paese da oltre otto mesi. La risoluzione approvata al Cairo, la cui efficacia sarà tutta da verificare, segna un ulteriore passo verso un possibile intervento esterno nella crisi siriana, obiettivo a cui puntano sempre più apertamente gli Stati Uniti e le potenze regionali del Medio Oriente per rovesciare il regime di Damasco.

La nuova scadenza per l’accettazione del piano proposto dalla Lega Araba era fissata a venerdì. Il giorno successivo, in assenza di una risposta positiva dalla Siria, la Lega Araba ha rispolverato una bozza di sanzioni sulla quale si era già accordata qualche giorno prima, senza la delegazione di Damasco, durante un summit nella capitale marocchina, Rabat. Come ampiamente previsto, ieri è arrivato infine il voto decisivo da parte dei ministri degli Esteri riunti al Cairo con 19 favorevoli e due astensioni (Iraq e Libano).

Secondo le richieste della Lega Araba, la Siria avrebbe dovuto accettare l’ingresso nel paese di osservatori internazionali, ritirare le forze di sicurezza dalle città interessate dagli scontri e aprire immediatamente un dialogo con l’opposizione. In presenza di gruppi armati sempre più attivi negli ultimi mesi contro le forze del regime, l’accettazione delle condizioni della Lega Araba da parte di Damasco senza vincoli per l’opposizione avrebbe tuttavia rappresentato un vero e proprio suicidio per il governo. Da qui il previsto – e verosimilmente desiderato – rifiuto ad adeguarsi da parte di Assad.

Le sanzioni appena approvate al Cairo comprendono lo stop a tutti i rapporti d’affari con la Banca Centrale siriana, la sospensione dei voli commerciali, il divieto di espatrio tramite gli aeroporti dei paesi arabi per alcuni esponenti di spicco del regime, il congelamento dei beni siriani negli stessi paesi arabi e il ritiro degli investimenti di questi ultimi in Siria.

In linea teorica, queste misure dovrebbero avere effetti molto pesanti, dal momento che la metà delle esportazioni siriane sono destinate proprio ai paesi arabi, così come da essi Damasco riceve almeno un quarto delle proprie importazioni. I meccanismi d’implementazione delle sanzioni imposte dalla Lega Araba non sono però del tutto chiari e, soprattutto, non tutti i paesi dell’organizzazione appoggiano l’iniziativa. Libano e Iraq, ad esempio, hanno già fatto sapere di non essere intenzionati a rendere effettive le sanzioni.

La risposta alla nuova iniziativa della Lega Araba è stata accolta duramente a Damasco. Il Ministro degli Esteri, Walid al-Muallem, ha indirizzato una lettera all’organizzazione panaraba, accusandola di voler “internazionalizzare” il conflitto in Siria. Muallem ha inoltre sollevato una serie di questioni relativamente alla proposta della Lega, tra cui il mancato accoglimento della richiesta del regime di coordinare con le autorità locali l’attività degli osservatori e l’assenza di qualsiasi riferimento alla necessità di fermare le violenze di cui si è resa protagonista l’opposizione.

Quest’ultimo punto risulta particolarmente significativo e dimostra le reali intenzioni della Lega Araba, o meglio delle autocrazie del Golfo che stanno coordinando la campagna anti-siriana al suo interno. La Lega infatti non intende fare alcun appello all’opposizione armata al regime di Assad – rappresentata principalmente dal cosiddetto Esercito Libero della Siria e da gruppi estremisti salafiti – perché a finanziarla e sostenerla sono precisamente paesi come Arabia Saudita, Qatar e la fazione sunnita in Libano vicina all’ex premier Saad Hariri.

Le sanzioni della Lega Araba fanno seguito a quelle già adottata unilateralmente da Stati Uniti e Unione Europea e che prendono di mira anche il settore petrolifero siriano. Altre manovre sono già in corso per aumentare le pressioni sul governo di Assad. La Francia, ad esempio, ha proposto la creazione di “corridoi umanitari” per far giungere cibo e medicinali ai civili isolati dalle operazioni militari. Questa iniziativa sarebbe un evidente pretesto per giustificare un qualche intervento armato in Siria, come ha confermato il Ministro degli Esteri di Parigi, Alain Juppé, secondo il quale i convogli destinati ai civili necessiterebbero appunto di protezione militare. La Turchia, a sua volta, dopo l’invito a lasciare fatto recentemente dal premier Erdogan ad Assad, ha confermato di aver predisposto delle proprie sanzioni, che verranno implementate di comune accordo con quelle della Lega Araba.

La campagna internazionale contro la Siria verrà poi ulteriormente rinvigorita questa settimana, in seguito alla prevista pubblicazione di un rapporto stilato da una commissione “indipendente”, sponsorizzata dall’ONU e incaricata di investigare sulle forze armate siriane, accusate di aver commesso crimini contro l’umanità. Giovedì scorso, peraltro, pochi giorni dopo la sospensione di Damasco dalla Lega Araba, la commissione per i diritti umani dell’Assemblea Generale dell’ONU aveva già votato a maggioranza per condannare la repressione in Siria.

Che le violenze nel paese siano ormai commesse da entrambe le parti è confermato dai quotidiani resoconti delle vittime. Nel fine settimana appena trascorso le autorità siriane hanno dato ampio spazio ai funerali di 22 membri delle forze armate uccisi in vari attacchi dell’opposizione. Secondo quanto riferito da alcuni attivisti, nella sola giornata di sabato sono state 16 le vittime civili nella sola provincia di Homs, mentre l’Osservatorio sui Diritti Umani in Siria – di stanza in Inghilterra – ha ammesso che nella parte orientale del paese i disertori dell’esercito hanno ucciso 10 soldati.

Gli sviluppi più recenti della crisi siriana, in definitiva, sono la conseguenza delle trame orchestrate in questi mesi dalle potenze occidentali e regionali, a cominciare da Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Arabia Saudita, Turchia e Qatar. Questi governi – come già accaduto in Libia – hanno sfruttato l’esplosione più che legittima del malcontento diffuso tra la popolazione siriana nei confronti del governo di Assad per promuovere un cambio di regime inteso principalmente a colpire e isolare il nemico numero uno in Medio Oriente, l’Iran, e di riflesso anche Russia e Cina.

Per raggiungere questo obiettivo, così, viene fornito appoggio ad un’opposizione in buona parte screditata e ben poco rappresentativa della popolazione siriana, legittimandola agli occhi della comunità internazionale anche grazie ad una incessante campagna di stampa. L’opposizione “ufficiale” al regime di Assad è rappresentata dal Consiglio Nazionale Siriano – composto da dissidenti filo-americani riuniti sotto la Dichiarazione di Damasco e dai Fratelli Musulmani – e dal già ricordato Esercito Libero della Siria, che ha istituito le proprie basi oltre confine, in Turchia e in Libano.

Per gli Stati Uniti e i loro alleati in Europa e nel mondo arabo, rimuovere Assad significherebbe assestare un colpo mortale all’Iran, scardinando l’arco sciita in Medio Oriente che, oltre a Teheran, comprende appunto l’alleato siriano ed Hezbollah, in Libano. A questo piano hanno dato il loro assenso anche Turchia e Israele, nonostante Ankara nel recente passato avesse instaurato rapporti economici e diplomatici piuttosto intesi con Damasco e Tel Aviv vedesse Assad sì come un nemico, ma tutto sommato affidabile e garante di una certa stabilità.

L’atteggiamento sempre più aggressivo dell’Occidente e della Lega Araba nei confronti della Siria rischia allora di infiammare l’intera regione. La minaccia sempre più concreta della caduta di Bashar al-Assad trascinerebbe infatti nel conflitto con ogni probabilità non solo l’Iran e gli sciiti libanesi ma, in qualche modo, anche una Russia che, con la fine dell’alleato a Damasco, vedrebbe a rischio i propri interessi in Medio Oriente e che, non a caso, continua a insistere per una soluzione negoziata alla crisi siriana.

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Menzogne e verità sulla Siria

Thierry Meyssan, Réseau Voltaire
http://informarexresistere.fr, 27 novembre 2011

Da otto mesi, i leader occidentali e qualche media pubblico sostengono una guerra in Siria. Le accuse estremamente gravi che portano contro Assad, intimidiscono coloro che mettono in dubbio la validità di un nuovo intervento militare. Tutti? No, perché, con il sostegno del Réseau Voltaire, alcuni sono giunti a verificare, ed hanno potuto misurare l’entità della propaganda della NATO. Thierry Meyssan fa il punto sullo stato della guerra mediatica.

Nel 1999, durante la guerra del Kosovo, il Réseau Voltaire s’indignò per il fatto che la Francia potesse entrare in guerra a fianco della NATO, senza un voto dell’Assemblea Nazionale, con la complicità passiva dei presidenti dei gruppi parlamentari. Abbiamo considerato che il rifiuto del Presidente e del Primo Ministro di tenere una discussione vera, auspicasse l’opacità con cui questa guerra sarebbe stata condotta.

Così abbiamo preso l’iniziativa di pubblicare un bollettino quotidiano sul conflitto. Essendo i siti web del governo serbo distrutti immediatamente dall’Alleanza Atlantica, non potemmo avere accesso alla versione serba di eventi. Altrimenti, ci abbonammo alle agenzie di stampa della regione (croata, bosniaca, greca, cipriota, turca, ungherese, ecc.).

Durante il conflitto, abbiamo presentato quotidianamente una sintesi della conferenza stampa della NATO a Bruxelles, e una sintesi delle testimonianze di giornalisti dei paesi rivieraschi, paesi a volte con pesanti conflitti con la Serbia, ma i cui governi condividevano loro la stessa narrazione degli eventi. A mano a mano che il tempo passava, la versione della NATO e quella dei giornalisti locali si allontanavano, fino a non avere nulla in comune.

Alla fine, si avevano due storie radicalmente differenti. Non abbiamo avuto modo di sapere chi stesse mentendo e se una delle due fonti avesse ragione. I nostri ebbero l’impressione di diventare schizofrenici, soprattutto perché i media riferivano solo la versione occidentale della NATO e, quindi, i nostri lettori non poterono confrontare le due versioni parallele che leggevamo. Abbiamo continuato questo esercizio di stile nel corso dei tre mesi di combattimenti.

Quando le armi tacquero e colleghi e amici furono in grado di andare lì, videro con stupore che non c’era “propaganda da entrambi i lati.“ No, la versione della NATO era completamente falsa, mentre i giornalisti locali avevano del tutto ragione. Nei mesi che seguirono, le relazioni parlamentari in diversi Stati membri dell’Alleanza stabilirono i fatti. Molti libri apparvero sul metodo sviluppato dal consulente per i media di Tony Blair, che ha permesso alla NATO di manipolare tutta la stampa occidentale: lo “story telling“.

E’ possibile avvelenare tutti giornalisti occidentali e nascondergli i fatti, se a loro si racconta una storia per bambini, a condizione che non interrompano la narrazione, di caricarle di riferimento che risveglino emozioni distanti e di mantenerne la coerenza.
Non ho avuto il riflesso di correre in Serbia prima della guerra e non ho potuto farlo quando le armi parlavano. Al contrario, caro lettore, io sono ora in Siria, dove ho avuto il tempo di investigare e dove scrivo questo articolo. In piena consapevolezza, posso dire che la propaganda della NATO è ora in azione verso la Siria come lo era verso la Serbia.

L’Alleanza ha cominciato a raccontare una storia sconnessa dalla realtà, che mira a giustificare un “intervento militare umanitario”, secondo l’ossimoro blairiano. Il parallelo finisce lì: Slobodan Milosevic è stato un criminale di guerra che si è cercato di presentare come un criminale contro l’umanità, per smembrarne il paese, Bashar al-Assad è un resistente all’imperialismo e al sionismo, che sostiene Hezbollah quando il Libano fu attaccato, e supporta Hamas e la Jihad islamica, nella loro ricerca per la liberazione della patria palestinese.

Quattro bugie della NATO

1. Secondo la NATO e i suoi alleati nel Golfo, delle manifestazioni di massa avrebbero avuto luogo per otto mesi in Siria, per chiedere maggiore libertà e la caduta del presidente Bashar al-Assad.
Non è vero. Ci sono stati, in alcune città, delle dimostrazioni contro il presidente Bashar al-Assad su chiamata di predicatori sauditi ed egiziani che parlavano su al-Jazeera, ma hanno raccolto in totale, al massimo, solo 100000 persone. Non chiedono più libertà, ma l’istituzione di un regime islamico. Chiedevano le dimissioni del presidente al-Assad, non a causa della sua politica, ma perché questi manifestanti si rifanno a una setta sunnita, il takfirismo, e accusano Assad di essere un eretico (è alawita) usurpando il potere in un paese musulmano, che non può legittimamente essere governato che da un sunnita della loro scuola teologica.

2. Secondo la NATO e i suoi alleati nel Golfo, il “regime” avrebbe risposto disperdendo la folla con pallottole vere, uccidendo almeno 3.500 manifestanti dall’inizio dell’anno.
Non è vero. In primo luogo, non può esservi alcune soppressione di manifestazioni inesistenti. Poi, all’inizio degli eventi, le autorità si resero conto che stavano cercando di provocare scontri settari in un paese dove la laicità è la spina dorsale dello Stato fin dall’ottavo secolo. Il presidente Bashar al-Assad, quindi, non ha permesso alle forze di sicurezza, polizia ed esercito, di usare le armi da fuoco in ogni circostanza in cui i civili potessero essere feriti. Questo serve a prevenire che feriti, o anche deceduti, di un credo particolare, fossero strumentalizzati per giustificare una guerra di religione. Tale divieto è rispettato dalle forze di sicurezza a rischio della vita, come vedremo. Per quanto riguarda i morti, non sono che meno della metà. La maggior parte non sono civili, ma soldati e poliziotti, e ho potuto vederlo visitando gli ospedali e gli obitori, civili e militari.

3. Dopo che siamo riusciti a rompere il silenzio e ad ottenere che i grandi media occidentali segnalassero la presenza in Siria, di squadroni della morte dall’estero, di imboscate contro l’esercito e di assassini ci civili nel cuore delle città, la NATO e i suoi alleati nel Golfo hanno segnalato la presenza di un esercito di disertori. Secondo essi, dei militari (ma non poliziotti) che hanno ricevuto l’ordine di sparare sulla folla, si sarebbero ribellati. Si sarebbero dati alla macchia e istituito il libero esercito siriano, già forte di 1500 uomini.
Non è vero. I disertori sono solo poche decine, che fuggirono in Turchia dove sono sotto la supervisione di un ufficiale del clan Hakim Rifaat al-Assad/Abdel Khaddam, pubblicamente legato alla CIA. Vi sono, al contrario, sempre più ribelli, dei giovani che si rifiutano di fare il servizio militare, spesso sotto la pressione dalle loro famiglie, che per decisione personale. Infatti, i soldati che cadono in un’imboscata non hanno alcun diritto di usare le loro armi per difendersi, se dei civili sono presenti sul posto. Devono pertanto sacrificare la loro vita, se non sono in grado di fuggire.

4. Secondo la NATO e i suoi alleati nel Golfo, il ciclo rivoluzione/repressione ha dato modo di iniziare una “guerra civile“. 1,5 milioni di siriani, intrappolati, soffrirebbero la fame. Si dovrebbero quindi organizzare “corridoi umanitari” per fornire aiuti alimentari e permettere ai civili che lo vogliano, di fuggire dalla zone di combattimento.
Non è vero. Dato il numero e la crudeltà degli attacchi degli squadroni della morte dall’estero, i profughi sono pochi. La Siria è autosufficiente nella produzione agricola, che non è scesa in modo significativo. Al contrario, la maggior parte degli agguati si svolgono sulle strade principali, queste sono spesso interrotte. Inoltre, quando gli attacchi si verificano nei centri delle città, i commercianti chiudono i negozi immediatamente. Ciò si traduce in gravi problemi di distribuzione, anche per il cibo. Il vero problema è altrove: le sanzioni economiche hanno causato un disastro. Mentre la Siria aveva, durante il decennio, una crescita intorno al 5% all’anno, non può più vendere il suo petrolio all’Europa occidentale, mentre l’industria del turismo è colpita. Molte persone hanno perso lavoro e reddito. Fanno risparmi su tutto. Il governo sostiene e procede alla distribuzione gratuita di olio combustibile (per il riscaldamento) e di cibo. In queste condizioni, sarebbe meglio dire che se il governo al-Assad non intervenisse, in Siria 1,5 milioni di persone soffrirebbero di malnutrizione a causa delle sanzioni occidentali. In definitiva, mentre siamo nella fase della guerra non convenzionale, con l’invio di mercenari e di forze speciali per destabilizzare il paese, la narrazione dalla NATO e dei suoi alleati nel Golfo è già significativamente lontana dalla realtà. Questo divario si allargherà sempre più. Per ciò che vi riguarda, caro lettore, non avere motivo di credermi più che della NATO, non essendo voi stessi sul posto. Tuttavia, disponete di diversi elementi che vi dovrebbero mettere la pulce nell’orecchio.

Quattro prove accuratamente nascoste dalla NATO:

1. Si potrebbe pensare che le accuse sulla presunta repressione e il numero delle vittime siano state accuratamente verificate. Niente affatto. Hanno avuto origine da una singola fonte: Osservatorio siriano dei diritti dell’uomo, con sede a Londra, i cui leader chiedono l’anonimato. Qual è il valore della gravità delle accuse, se non sono sottoposte a un controllo incrociato, e perché istituzioni come l’Alto Commissario per i Diritti Umani e le Nazioni Unite, le riprendono senza controllarle?

2. Russia e Cina hanno posto il veto a una bozza risoluzione del Consiglio di Sicurezza che apre la strada a un intervento militare internazionale. I leader politici della NATO ci dicono, ci spiace, i russi proteggono la loro base navale a Tartus e i cinesi faranno di tutto per racimolare alcuni barili di petrolio. Dovremmo accettare l’idea manichea che Washington, Londra e Parigi sono guidati da buoni sentimenti, mentre Mosca e Pechino sono essenzialmente egoisti e insensibili al martirio di un popolo? Come non notare che Russia e Cina hanno molto meno interesse nel difendere la Siria, che gli occidentali a distruggerla?

3. È alquanto strano vedere la coalizione degli stati cosiddetti benintenzionati. Come non notare che i due principali contribuenti alla Lega Araba e promotori della “democratizzazione” della Siria, Arabia Saudita e Qatar, sono dittature vassalle degli Stati Uniti e del Regno Unito? Come non chiedersi quanto l’Occidente – che ha appena distrutto in successione l’Afghanistan, l’Iraq e la Libia, uccidendo più di 1,2 milioni di persone in dieci anni, e che mostra quanto poco in conto tengano la vita umana – sia credibile quando sventola la bandiera umanitaria?

4. In particolare, per non essere manipolati sugli eventi in Siria, si dovrebbe entrare nel giusto contesto. Per la NATO ed i suoi alleati nel Golfo, i cui eserciti hanno invaso lo Yemen e il Bahrain al fine di schiacciare nel sangue le manifestazioni, la “rivoluzione siriana” è un’estensione della “primavera araba“: i popoli della regione aspirano alla democrazia di mercato e al comfort della American Way of Life. Invece, per i russi e i cinesi, come i venezuelani e i sudafricani, gli eventi in Siria sono la continuazione del “rimodellamento del Medio Oriente allargato” annunciato da Washington, che ha già ucciso 1,2 milioni di morti e che chiunque si preoccupi della vita umana, dovrebbe fermare. Si ricordano che il 15 settembre 2001, il presidente George W. Bush programmò sette guerre. La preparazione di un attacco alla Siria iniziò formalmente 12 dicembre 2003, con il passaggio della Syrian Accountability Act sulla scia della caduta di Baghdad. Da allora, il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama oggi, può ordinare di attaccare la Siria e non è necessario che si presenti davanti al Congresso prima di aprire il fuoco. Pertanto, la questione non è se la NATO ha trovato una giustificazione divina per andare in guerra, ma se la Siria trova una via d’uscita da questa situazione, come è stata in grado di sfuggire a tutte le accuse diffamatorie e a tutte le insidie precedenti, come l’assassinio di Rafik Hariri e il raid israeliano contro un’immaginaria centrale nucleare militare.

I media occidentali testimoniano

Alla fine di questo articolo, vorrei dirti, caro lettore, che la Rete Voltaire ha facilitato un viaggio stampa organizzato su iniziativa del Centro cattolico d’informazione dei cristiani d’Oriente, come parte dell’apertura ai media occidentali annunciata dal presidente al-Assad alla Lega araba. Abbiamo aiutato i giornalisti mainstream a viaggiare nelle zone degli scontri. I nostri colleghi hanno dapprima malvisto la nostra presenza al loro fianco, sia perché erano prevenuti verso di noi e perché pensavano che stavamo cercando di fargli il lavaggio del cervello.

Successivamente, sono stati in grado di vedere che siamo persone normali e che pur scegliendo il nostro campo, non rinunciamo al nostro spirito critico. Alla fine, benché siano fermamente convinte della bontà della NATO e non condividano il nostro impegno anti-imperialista, hanno visto e sentito la verità. Onestamente, hanno riportato le azioni di bande armate che terrorizzano il Paese. Naturalmente, hanno rinunciato a contraddire apertamente la versione atlantica e hanno cercato di conciliare ciò che hanno visto e sentito con quella, e questo ha portato a volte a contorsioni intorno al concetto di ‘guerra civile’ tra l’esercito siriano e i mercenari stranieri.

Tuttavia, i rapporti della Radio e Televisione belga (RTBF) e de La Libre Belgique, per citarne alcuni, dimostrano che, dopo otto mesi, la NATO maschera le azioni degli squadroni della morte e che attribuisce falsamente i loro crimini alle autorità siriane.