La separazione è imperfetta

Antonio Trentin
www.ilgiornaledivicenza.it , 30 novembre 2011

Nel suo recente saggio Raffaello Morelli “Lo Sguardo Lungo” (Edizioni Ets, 575 pagine, 20 euro) pone l’interrogativo. Libera Chiesa in libero Stato: come sta in salute il motto-programma che Cavour pronunciò nel suo primo discorso al Parlamento del neonato Regno d’Italia? E come stanno il principio separatista tra istituzioni e religione, la laicità della Repubblica, il rapporto tra due poteri paralleli, civile-politico ed episcopale-papale cattolico, che è un unicum in Europa?

Perché spesso dettano legge le prescrizioni di fede dei credenti – e magari oggi anche degli “atei devoti” – esercitate attraverso la politica che spesso e volentieri accetta questo condizionamento? E che cosa ci vorrebbe per restituire l’Italia alla normalità occidentale in cui religioni e Chiese sono parte importante nella formazione del consenso per la convivenza civile, ma senza che questa importanza di parte si trasformi in norme dettate a chi fede religiosa non ha?

La sequenza degli interrogativi si insegue in una realtà italiana dominata dalla corrispondenza “al contrario” tra la laicizzazione della società (calo delle pratiche devozionali, picchiata delle vocazioni di sacerdoti e suore, perdita dell’effetto direttamente partitico del “marchio” religioso, trionfo del profano nelle tendenze prevalenti) e la devozione di molti politici nei confronti dei desiderata ecclesiastici. Un atteggiamento, questo, talvolta smaccatamente servile e spesso palesemente strumentale.

Per i non molti che ci ragionano da sempre – e per chi della questione si accorge solo quando incappa negli effetti dell’incompleta separazione tra fatti civili e cose religiose (in materia di diritto di famiglia, ricerca medico-scientifica o volontà sul fine-vita) – Raffaello Morelli ha scritto un libro che ne vale tre. Lui è toscano e tutta toscana è la sua passionaccia per la politica: la fa da cinquant’anni sulla stessa sponda, quella di un partito che non c’è più, il Partito liberale. Oggi è presidente di una sigla minima, molto più minima di quanto fu il Pli fino a vent’anni fa: la Federazione dei Liberali che insegna come il liberalismo sia l’esatto contrario della caricatura fattane dal berlusconismo.

Ma il Morelli non è uno di quelli che fondano partitini riesumando vecchie sigle e se li giocano per diventare onorevoli e ministri: infatti al momento ci guadagna solo i complimenti di chi lo stima per coerenza politica. In compenso ci spende, nel partitino e nella ricerca anche giuridica collegata agli ideali liberali, le fatiche che lo hanno portato a pubblicare il libro Lo sguardo lungo. Uno e trino, appunto, perché ciascuna delle sue parti potrebbe vivere di vita propria per corposità e sostanza.

La prima è la ricostruzione dei 150 anni di rapporti tra politica e magistero cattolico da Cavour (lo “sguardo lungo” fu il suo) a Mussolini firmatario dei Patti Lateranensi, dalla lunga stagione democristiana in coabitazione col Partito comunista più forte dell’Occidente fino ai giorni della “discesa in campo” del Cavaliere, dell’Ulivo ecumenico, del Pd federatore di diversità e del Pdl a trazione-Lega.

La seconda parte analizza come un principio di separazione davvero applicato aiuterebbe la convivenza civile, con riguardo anche alla crescente presenza di nuove religioni, non più della “sola e unica” religione storica. La terza è un sobrio pamphlet che esorta a far sì “che l’Italia, quanto a laicità, non sia più un’anomalia nel mondo evoluto”.

Con chi ce l’ha il polemista liberale? Più che con la Conferenza episcopale o la Segreteria di Stato vaticana, che fanno il loro mestiere e addirittura proclamano il principio della laicità (salvo fare ciò che il loro ruolo richiede: cercare la massima coincidenza possibile tra principi religiosi e leggi dello Stato), Morelli tiene nel mirino i “cattolici chiusi”. Quelli che – convinti davvero o soltanto furbi – accostano la Chiesa alla bagarre partitica quotidiana, sfruttano il megafono dei mass-media urlandovi la parola “cattolico” perché rende bene alle elezioni, utilizzano le problematiche religiose per coltivare i propri privilegi terreni e impongono a tutti un credo che confonde la spiritualità personale con gli obblighi imposti per legge.