Unioni civili: per Roma è il primo sì

Monica Soldano
www.radio100passi.net 7 dicembre 2011

Roma, 7 dicembre, in uno dei 20 municipi della Città, il Municipio XI, si è conclusa con un si, la delibera che ha così istituito il registro delle unioni civili, proposta congiuntamente dal Pd, Sel, Idv. Dodici i voti favorevoli, due gli astenuti, uno del Pd e uno dell’API, solo sette i voti contrari. Dovrà essere così predisposto un regolamento che la renda esecutiva.

Lo annuncia in una nota Carla Di Veroli, assessore alle Politiche Culturali, Giovanili e Pari Opportunità del Municipio Roma XI. Che ribadisce:”Con l’applicazione di una delibera come questa intendiamo sollecitare un proposta di legge governativa che disciplini, riconoscendo loro pari diritti, tutte le convivenze diverse dalla famiglia tradizionale”.

La delibera giuridicamente, prende le mosse dalla Raccomandazione del Parlamento Europeo del 16 marzo 2000, che ha posto l’attenzione sul rispetto dei diritti umani nei Paesi dell’Unione Europea. L’auspicio della UE era quello di garantire alle famiglie monoparentali, alle coppie non sposate e alle coppie dello stesso sesso, parità di diritti rispetto alle coppie e alle famiglie tradizionali, in particolare in materia di legislazione fiscale, regime patrimoniale e diritti sociali.

Ancora una volta, a Roma, il municipio XI, può vantare di aver portato al traguardo una seconda delibera di importanza simbolica e sociale, la precedente era stata quella sul registro per far assumere rilievo alle dichiarazioni di volontà sul fine vita, come ha ricordato in una nota anche l’Assessore alle Politiche sociali del Municipio XI, Andrea Beccari (SEL).

Nei dintorni della Capitale, il comune di Ciampino si era già dotato di questa opportunità per i cittadini. A Palermo, qualche settimana fa il registro delle coppie di fatto era stato approvato con 19 sì, 3 no e 5 astensioni. Anche lì, la mozione era stata presentata da un fronte trasversale e ha avuto come primi firmatari Fabrizio Ferrandelli, di Idv, Stefania Munafò, consigliere del Pdl autosospesa, attualmente nel gruppo misto. Un segnale dei tempi che fanno maturare la politica, ma ancora si tratta di atti amministrativi, che aiutano ad ampliare le maglie, ma occorrono altre interconnessioni e non solo di rilievo simbolico.

A livello nazionale, invece, non si è più mosso nulla, mentre occorrerebbe rendere esplicite una volta per tutte anche da una legge nazionale queste pari opportunità, nelle unioni ed il libero accesso all’istituto del matrimonio (senza discriminare in base all’ orientamento sessuale) per evitare che singole coppie, siano costrette a far valere i loro diritti, ove non riconosciuti, nei tribunali civili, caso per caso.

Ricordiamo, infatti, che la giurisprudenza, in Italia, ha già anticipato la politica ed ha fatto passi avanti anche in Corte Costituzionale, quando con la sentenza 138 del 2010 si è negata la possibilità di far rientrare il matrimonio omosessuale nella fattispecie prevista dagli articoli 29 e 30 della Costituzione, ma solo perché si è sollecitato il Legislatore ad intervenire sulla questione con nuove norme specifiche che lo esplicitino, pur riconoscendo il diritto al riconoscimento giuridico delle unioni civili anche omosessuali.

Questo cosa significa? Dopo quella sentenza, ogni coppia omosessuale che si sentisse discriminata in quanto coppia, potrebbe ottenere facilmente la sua ragione ricorrendo ad un magistrato e proprio in forza della sentenza 138 della Consulta. L’auspicio è, tuttavia, che la politica sappia parlare e tradurre in una legge nazionale questa presa di coscienza giuridica già esplicita nell’ordinamento, per farne un atto pubblico che possa avere non solo una valenza giuridica tra le parti, ma anche un valore civico, culturale e morale verso tutti.