Verso un nuovo modello etico di G.Piana

Giannino Piana
www.viandanti.org, Editoriale del 19 dicembre 2011

La riflessione teologico-morale vive oggi una stagione difficile. I profondi e rapidi mutamenti intervenuti, negli ultimi decenni in campo scientifico-tecnologico ed economico-sociale presentano aspetti di grande ambivalenza.

Se infatti offrono, da un lato, nuove e promettenti chances alla vita dell’uomo, non mancano, dall’altro, di suscitare perplessità e paure per l’affacciarsi di gravi pericoli che mettono seriamente a repentaglio il futuro della specie umana.

Gli attuali nodi critici

Gli ambiti nei quali si manifestano i “segni” del nuovo che avanza vanno dalla bioetica all’informazione fino alla economia (la new economy) e all’organizzazione sociale.

La téchne, per l’incidenza e la pervasività che possiede, non si è limitata a modificare gli aspetti esteriori (e strutturali) della vita, ma ha provocato una vera e propria mutazione antropologica, favorendo lo sviluppo di nuove potenzialità, ma allargando nel contempo la sfera dei condizionamenti e incrementando il rischio dell’alienazione.

Artefici del proprio destino

La possibilità di intervenire in modo sempre più accentuato sui processi della vita e della morte, esercitando su di essi il dominio, conferisce all’uomo un potere di autodeterminazione, che lo sottrae al fatalismo del passato e lo mette in grado di farsi artefice del proprio destino.

Ma l’esercizio di tale potere non è esente dal pericolo di abusi: la tentazione prometeica è permanentemente in agguato, e l’esercizio del controllo esige l’acquisizione di una forma di saggezza frutto di una profonda ascesi interiore.

Reale/Virtuale

Analogamente, l’uso di strumenti di comunicazione sempre più sofisticati non si esaurisce nella moltiplicazione delle informazioni, con la conoscenza, in tempo reale, di situazioni geograficamente lontane (e in passato irraggiungibili), ma modifica profondamente la coscienza, determinando la sostituzione della realtà con il “virtuale” – Baudrillard sosteneva essere questo il “delitto perfetto” che oggi si consuma – e atrofizzando i linguaggi simbolici sui quali si costruiscono le relazioni interumane e con la natura, a favore dei linguaggi logico-matematici, destituiti di qualsiasi valenza relazionale.

Capitalismo selvaggio

Infine (ma non ultimo in ordine di importanza) il capitalismo selvaggio, che ha preso il sopravvento dopo la caduta dei sistemi ad economia pianificata dei paesi del socialismo reale, si è trasformato in una vera e propria ideologia – il cosiddetto “pensiero unico” – i cui paradigmi sono l’utile produttivo e il consumo e dalla quale è pertanto assente ogni riferimento alla questione del senso.

L’etica si trova pertanto a dover fronteggiare una situazione paradossale: da un lato è, infatti, evidente la necessità di ricorrere ad essa per sciogliere nodi critici di grande rilevanza per il corretto sviluppo della vita umana – il giudizio sui processi manipolativi in atto non solo a livello biologico ma anche personale e relazionale è assolutamente urgente –; dall’altro, la radicalità di alcuni fenomeni segnalati – l’egemonia della tecnica, la caduta dei linguaggi simbolici e l’affermarsi di una concezione utilitarista e mercantile della vita – sembra vanificare la possibilità stessa di evocarla: laddove vengono meno tali presupposti non vi è più spazio per l’etica.

D’altra parte, le possibilità di promozione umana offerte oggi dalla tecnica, sia nel campo biomedico che in quello dell’informazione, rappresentano un vero “segno dei tempi”: è sufficiente ricordare qui la sconfitta di malattie fino a ieri letali o lo scambio tra culture diverse e, in senso più ampio, il diffondersi di una visione universalistica della realtà come conseguenza della situazione di interdipendenza tra i popoli determinata dalla globalizzazione. Il doveroso discernimento che la morale cristiana è chiamata a fare deve soprattutto preoccuparsi di accogliere gli stimoli che vengono dai mutamenti in corso e di indirizzarli positivamente verso la promozione umana.

La storicità dell’esperienza morale

Per affrontare le questioni segnalate la teologia morale si è impegnata, nei decenni immediatamente successivi la celebrazione del Concilio, in un serio rinnovamento metodologico. Il ricupero della fondazione biblica ha segnato il passaggio da una prospettiva negativa – al centro della manualistica tradizionale vi era il catalogo dettagliato dei peccati – ad una prospettiva positiva, incentrata sull’ideale di perfezione evangelica.

Ma l’aspetto più interessante – vero “segno dei tempi” – conseguenza immediata della presa di coscienza della storicità dell’esperienza morale è costituito dall’adozione di un nuovo modello etico; un modello teleologico, che sostituisce quello rigidamente deontologico del passato e offre, per la sua duttilità, la possibilità di un approccio molto più articolato alle diverse e complesse questioni oggi emergenti.

Si tratta di un modello per il quale non si dà a priori un giudizio sulle azioni, partendo dal presupposto che sussistono azioni che non devono mai essere poste in atto “accada quello che può”, ma si valuta, di volta in volta, la positività o meno di ogni azione basandosi sulle conseguenze che da essa scaturiscono (consequenzialismo) o istituendo il rapporto tra il fine che attraverso l’azione si persegue (teleologico viene da tèlos che significa fine) e il mezzo adottato per perseguirlo (proporzionalismo).

Un’accusa inconsistente

L’accusa che spesso viene avanzata all’utilizzo di questo modello è che con esso si incorre nel pericolo del relativismo o in una visione utilitarista dell’etica. Ma si tratta di un’accusa inconsistente. La valutazione delle conseguenze positive e/o negative dell’azione presuppone infatti, per essere adeguatamente messa in atto, il riferimento a un quadro di valori correttamente gerarchizzati; mentre, d’altra parte la bontà del fine non giustifica l’utilizzo di qualsiasi mezzo per raggiungerlo, possedendo quest’ultimo uno spessore morale che va tenuto in considerazione.

La sfida che la morale cristiana deve oggi fronteggiare è assai ardua. Esige l’abbandono della paura e il coraggio di osare (la paressìa), dando ragione di una speranza che va oltre le attese umane. Esige un nuovo slancio creativo, che consenta di ricuperare lo spirito del Concilio per dare un contributo essenziale alla umanizzazione del mondo.