Non di sola ICI

Walter Peruzzi
www.cronachelaiche.it, 2 gennaio 2012

In tempi di crisi e di tasse sulla prima casa è comprensibile che l’attenzione si concentri sul denaro che la Chiesa porta via allo stato evadendo l’ICI. Ma non si tratta solo di denaro, né solo di ICI

La truffa dell’8xmille. Secondo un’inchiesta dell’UAAR, la Chiesa cattolica ci costa ogni anno oltre 6 miliardi. Di questi, sempre secondo la stessa inchiesta, solo l’8% è costituita dall’evasione dell’ICI (500 milioni), mentre oltre un terzo (2 miliardi e 270 milioni) è dato dalla pioggia di sgravi fiscali, esenzioni, riduzioni, agevolazioni, stipendi, contributi vari a enti ecclesiastici, compresi gli “spiccioli” per l’assistenza spirituale a poliziotti, carcerati, malati, forze armate (67 milioni).

Oltre un miliardo va poi alla Chiesa ogni anno dall’8xmille, grazie a un meccanismo truffaldino – non per caso inventato dal leghista vaticano Giulio Tremonti – in base al quale i soggetti abilitati a ricevere l’8xmille (stato, chiesa, alcune altre religioni) si spartiscono in proporzione all’8xmille ricevuto anche le quote di chi non lo destina a nessuno. E sono la maggioranza. Così alla Chiesa, che è la più scelta, vanno oltre ai 400 milioni ad essa destinati da cittadini devoti, altri 650 milioni circa non dovuti. La Chiesa incassa inoltre la parte dell’8xmille dello stato destinata a edifici di culto (66 milioni).

Indottrinamento a nostre spese. Infine, ed è ancora più rilevante, oltre un terzo dei sei miliardi, va alla Chiesa sotto forma di contributi alle scuole private cattoliche (700 milioni) o di stipendi per gli insegnanti di religione nella scuola pubblica (un miliardo e mezzo), ossia per consentirle di indottrinare a nostre spese le giovani generazioni.

Per questa via la Chiesa non ci ruba solo soldi ma anche laicità usando risorse pubbliche, quindi anche dei non credenti o dei diversamente credenti, per potenziare le sue scuole e per finanziare un’ora settimanale di propaganda presso i giovani, dall’asilo fino alla maggiore età. Il furto, pur ragguardevole, di pubblico denaro è quindi parte di un disegno più vasto mirante non solo a arricchire la Chiesa ma a radicarla ancora più saldamente nel cuore dello stato, con lo scopo di farlo tornare ad essere uno stato confessionale, con leggi conformi alla dottrina cattolica e dettate dal Vaticano.

Coscienze in libertà vigilata. In questa direzione va anche l’attivistica invadenza con cui la Chiesa è intervenuta al momento del cambio di governo per assicurarsi che nel passaggio da Carnevale a Quaresima restasse nell’esecutivo una robusta presenza di cattolici: atei devoti e scoperecci o grigi monogami tutti banca e chiesa poco importa.

Con in più una novità inquietante: l’obbligo per i politici cattolici di una ferrea sottomissione al Magistero, rivendicata da Bagnasco il 17 dicembre scorso nell’intervento alla Giornata di riflessione sulla formazione sociale e politica di Retinopera (cartello di varie associazioni cattoliche).

In tale occasione – si legge nell’articolo Libertà di coscienza, vigilata dalla CEIdell’agenzia «Adista» (n. 97) – Bagnasco ha compiuto «un ulteriore balzo in avanti rispetto alla tradizionale dottrina dei “principi non negoziabili”» demolendo «due capisaldi del Concilio – e della tradizione del cattolicesimo democratico – come la libertà di coscienza e l’autonomia dei laici cattolici adulti». Il cardinale, infatti, ha messo in guardia contro la rivendicazione della libertà di coscienza, quando porta a scambiare «l’ossequio vitale alla verità con l’uscita dai confini dell’obbedienza ecclesiale»; e ha criticato l’espressione «cristiani adulti» se serve a giustificare «l’adozione di atteggiamenti di autosufficienza e di autonomia dal Magistero della Chiesa».

Un ritorno in piena regola al Sillabo di Pio IX, che condannava la libertà di coscienza come «delirio». A meno che non sia «vigilata» da papa, vescovi e cardinali.