Monti batta cassa in Vaticano

Marco Politi
Il fatto quotidiano, 6 gennaio 2011

Un’ “operazione-Cortina” anche per scovare gli enti ecclesiastici che non pagano l’Iva. Se i
Comuni, assistiti dalle agenzie governative, prendessero in mano seriamente la faccenda, si
assisterebbe a belle sorprese.

A Roma, tanto per fare un esempio concreto, la giunta Alemanno ha portato alla luce evasioni
ecclesiastiche per quasi 10 milioni di euro. E nella capitale non è finita! Immaginiamo quanto una
ricerca su tutto il territorio italiano potrebbe portare alle casse pubbliche.

Il premier Monti andrà in Vaticano entro la fine del mese (o al massimo ai primi di febbraio) per un
incontro con Benedetto XVI. Successivamente la delegazione italiana avrà un colloquio con il
Segretario di Stato cardinale Bertone. “Gli sherpa sono già al lavoro”, spiegano negli ambienti
governativi. I tecnici ministeriali stanno preparando i dossier bilaterali e internazionali.
In piena crisi la questione delle risorse economiche da destinare al bilancio statale italiano – e da
reperire da chi le evade – riveste un’importanza primaria. In questo senso la missione Oltretevere
del premier assume il carattere di un test sulla capacità e la determinazione del governo di
imboccare una via europea nel trattare le questioni economiche con le autorità ecclesiastiche.

Metodo europeo (o ancor meglio americano) significa gestire la materia con l’imparzialità e il
rigore di chi esige da tutti i soggetti giuridici lo stesso comportamento fiscale senza chiudere gli
occhi dinanzi a prepotenze e senza cadere nel vizio italiano di uno stato forte con i deboli e
accondiscendente con i forti. Non è questione di clericalismi o anticlericalismi, ma solo di
correttezza fiscale.

Sono parecchie le novità che da questo punto di vista Monti potrebbe inaugurare.

1. Il nuovo governo ha deciso recentemente che i proventi dell’8 per mille dell’anno 2011, destinati
dai contribuenti allo Stato, non saranno più distribuiti a pioggia (magari tornando a coprire spese
ecclesiastiche) ma finalizzati a due obiettivi precisi: la protezione civile e l’edilizia carceraria.
Un’innovazione importante perché dà un senso alle scelte dei cittadini. Se il governo annuncerà in anticipo la destinazione dei fondi della tassazione del 2012 avrà compiuto una rivoluzione a costo zero. Stimolando il contribuente a indirizzare la sua quota Irpef per l’ambiente, la cultura, la situazione carceraria ecc. Le autorità vaticane hanno sempre impedito finora che lo Stato annunciasse in anticipo cosa farà dei soldi, considerandolo una “concorrenza illecita” nei confronti dell’8 per mille che va alla Chiesa. Non c’è motivo di assecondare questa pretesa.

2. Mesi di discussione sull’evasione dell’Ici hanno chiarito alcuni fatti precisi. Esistono enti
ecclesiastici (o non profit di vario indirizzo) che godono dell’esenzione legittima per edifici
destinati esclusivamente a uso di culto o “attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive” come dall’art.7 della legge del 1992. Tuttavia è noto e provato che esiste una “zona grigia” di enti che evadono l’Ici giocando
sull’equivoco della legge del 2006, la quale estende l’esenzione anche a immobili “sedi di attività
che non abbiano fini esclusivamente commerciali”. Il cardinale Bertone ha riconosciuto che ci sono aspetti da “studiare e approfondire”. Il cardinale Bagnasco, presidente della Cei, si è detto disposto a “valutare la chiarezza delle formule normative vigenti”. Il disordine nasce unicamente dalla formula “non esclusivamente commerciali”. È venuto il tempo di abrogarla semplicemente. Non è materia concordataria. Governo e parlamento possono procedere autonomamente.

3. L’attività degli azzeccagarbugli viene favorita dal fatto che le diocesi non pubblicano i loro
bilanci integrali, comprensivi di tutti i beni patrimoniali e immobiliari. Le autorità e i media
ecclesiastici tacciono da mesi caparbiamente su questo tema. Il premier Monti può prendere
esempio dalla legislazione tedesca che vincola l’ottenimento di fondi pubblici alla pubblicazione del
bilancio integrale dei soggetti interessati. Infatti in Germania i bilanci diocesani sono accessibili al pubblico. È un ottimo modello da introdurre in Italia.

4. L’8 per mille alla Chiesa cattolica è chiaramente deragliato dagli obiettivi previsti dalla riforma
del Concordato del 1984. Lo scopo, a suo tempo, era di garantire alla Chiesa più o meno quello che
lo Stato pagava con le “congrue” ai parroci. Il sistema adottato, falsando il peso delle scelte dei
contribuenti, ha portato la Cei a incassare cinque volte di più. Nel 1989 la Chiesa otteneva 406
miliardi di lire all’anno: oggi il miliardo di euro, che incassa, equivale a quasi 2000 miliardi di lire. La legge istitutiva dell’8 per mille prevede l’attivazione di una commissione bilaterale per
intervenire sul gettito. È urgente che Monti chieda ai suoi interlocutori vaticani la convocazione
della commissione. La soluzione migliore è di riformare il meccanismo esistente, attribuendo i soldi
dell’Ici soltanto in base alle scelte espresse (senza che siano ridistribuite truffaldinamente – come
avviene oggi – anche le somme derivanti dalle quote non espresse!). In via immediata c’è la
proposta di ridurre il gettito al 7 per mille.

5. Il Vaticano non paga nemmeno una parte delle spese per l’evacuazione delle sue acque sporche. È una prepotenza e un aggravio di bilancio inammissibile in questa stagione. Ecco, poche semplici
innovazioni che un governo tecnico può fare benissimo.