Cattolicesimo politico: un falso ideologico? di M.Vigli

Marcello Vigli
www.italialaica.it

26.01.2012 | Nella riunione del 23 gennaio il Consiglio permanente della Cei ha confermato il suo proporsi come soggetto impegnato a partecipare alla vita politica italiana alla pari con partiti e parti sociali. Nella sua prolusione il Presidente cardinale Bagnasco, mentre riconosce che non spetta a noi Vescovi parlare di tempi e modi, azzarda analisi della situazione italiana e propone soluzioni ai problemi aggiungendo che a noi però spetta ricordare che la conversione a fare bene, a riguadagnare stima e fiducia è sempre possibile e doverosa.

Così, dopo aver evocato lo scenario in ambito internazionale, ne evidenzia le ricadute e le specificità italiane. L’Italia appare particolarmente in angustia a motivo di sanzioni e bocciature che possono apparire un declassamento, agli occhi del mondo, di noi che mai ci siamo risparmiati per generosità e universalismo. E tuttavia un esame di coscienza – rigoroso e spassionato – si impone, per scongiurare il rischio di un autolesionismo spesso in agguato specie nei momenti di cambiamento. Ad esso però sembra non essere chiamata la Cei che non si interroga sul ruolo svolto nell’era del berlusconismo, nei confronti del quale non nasconde un giudizio positivo, come emerge dal consenso senza riserve al nuovo governo Monti.

Decisa è invece la rivendicazione della assidua, capillare presenza della componente ecclesiale nell’azione di supplenza nell’ambito dei servizi sociali e sanitari attraverso parrocchie, centri della Caritas, conventi, gruppi di fedeli, iniziative basate sul micro-credito e quattrocentoventimila operatori. Interessante, però, la considerazione che l’accompagna: il che non può non sospingere ormai ad una “carità di popolo” che si faccia “carità di sistema”. Lo diciamo sottovoce per non aver l’aria di chi, per questo, ha da avanzare pretese. Non chiediamo privilegi, né che si chiuda un occhio su storture o manchevolezze.

In verità lo è anche un’altra dichiarazione, che ha avuto grande eco nei media, Evadere le tasse è peccato. Per un soggetto religioso questo è addirittura motivo di scandalo. È un ritorno alla denuncia del peccato sociale, oscurato, negli ultimi tempi, dalla insistenza sui valori irrinunciabili. Significativo è anche il tentativo di dettare un’agenda al governo invitandolo, fra l’altro, a pagare in tempo i suoi debiti con i cittadini, e ad occuparsi della situazione dei penitenziari italiani oltre che della famiglia e del … riposo domenicale da non sacrificare alle esigenze del mercato.

Di questa complessa strategia politica la Cei assume la piena responsabilità lasciando ai laici e alle loro diverse iniziative di collegamento, di cui Bagnasco offre un’ampia rassegna, il compito di farsi quel “soggetto unitario diffuso” che da una parte si offre come palestra formativa, e dall’altra come laboratorio stimolante per la riconsiderazione dell’alfabeto della società e della politica. Nell’agenda politica della Cei, infatti, non sembra esserci un ritorno alla Dc, almeno in questa fase. Ad esso sembrano invece interessati i cattolici impegnati nei partiti e nel governo per accreditasi, in concorrenza fra loro, come rappresentativi dell’intero mondo cattolico e legittimati dalla gerarchia.

Anche dall’esterno grande è l’interesse per tale ritorno, magari per esorcizzarlo, come è evidente nella folkloristica giustificazione offerta da Bossi ai suoi fedeli per il ritardo nell’inizio della manifestazione in piazza Duomo a Milano sabato 21 gennaio: Avete notato che abbiamo iniziato in ritardo – ha detto il Senatur – Lo abbiamo fatto perché celebrava messa in duomo un nostro amico che è arcivescovo di Milano ed è stato patriarca di Venezia. Uno nato a Lecco che il papa nella sua saggezza ha mandato qua. Uno dei nostri: il cardinale Angelo Scola. Arruolarlo non serve solo a fare breccia fra quei cattolici che hanno salutato con gioia la fine dell’era Martini-Tettamanzi, ma anche a lanciare un messaggio a quelli di Comunione e Liberazione, di cui Scola è punto di riferimento, in libera uscita per la crisi della gestione Formigoni in Lombardia.

Casini si rivolge, invece, ai cattolici democratici scrivendo in un messaggio diffuso tramite Twitter: Siamo pronti a superare l’Udc per far nascere un soggetto aperto ai nuovi protagonisti della politica. Appello ai coraggiosi: uniamoci! Uniti nel sostenere il governo Monti in alleanza/concorrenza con il terzetto Osnagri, Passera, Riccardi che del governo sono uno degli assi portanti. Questi, in verità, sembrano volersi allineare alla scelta della Cei di realizzare il superamento della contrapposizione fra partito dei cattolici o loro diaspora, con il riconoscimento che, nel qualificarsi come tali, si costituiscono come portatori di una visione specifica del mondo, ma capaci, al tempo stesso, di porsi in dialogo con le altre forze sociali lasciando la alla gerarchia rappresentanza politica.

Pur diversi fra loro questi progetti non abbandonano lo schema di un cattolicesimo inteso come orientamento culturale, distinto dai contenuti di fede della Comunità ecclesiale, capace di ispirare l’azione politica. In verità tale “cattolicesimo” ha solo la funzione di copertura ideologica di scelte e posizioni politiche, da cui trae,di volta in volta, specificità: liberale, democratico, sociale…

A questo schema sembra ispirarsi anche Paolo Bonetti nella sua riflessione sul cattolicesimo liberale. Pienamente condivisibile la sua valutazione positiva dell’apporto dei cattolici non clericali al Risorgimento e di quelli non integralisti alla costruzione della Repubblica dalla Costituente al referendum del 1974. Altrettanto puntuale e significativa è l’indicazione delle quattro questioni fondamentali che attengono a un corretto rapporto fra Stato e Chiesa cattolica per le quali si chiede l’impegno a garantire sempre e comunque che sia rispettata la legge fondamentale dello Stato repubblicano pur senza rinunciare ad operare secondo i loro convincimenti morali.

E’ questa, però, una regola che vale per tutti e non solo per i cattolici. Il finanziamento delle scuole private con soldi pubblici, purtroppo, è preteso anche da molti non cattolici in nome dei principi liberali. Al riconoscimento delle unioni fra omosessuali si oppongono fascisti e razzisti atei conclamati. Infine, le coscienze di credenti e non credenti sono ugualmente interrogate dalla questione bioetica. Forse ai cattolici va preliminarmente chiesto di riconoscere che il “cattolicesimo” ideologizzato è oggi l’instrumentum regni di quella parte della gerarchia ecclesiastica che non intende rassegnarsi e cerca di riassumere il ruolo politico, frutto della svolta costantiniana, sottrattole dal trionfo della modernità.

Quello che si deve pretendere da loro è l’autonomia di giudizio e di scelta nei confronti delle indicazioni o dei diktat della gerarchia in tutte le questioni politiche, anche quelle in cui ci sono valori ritenuti irrinunciabili, in coerenza con quanto è stato chiarito dal Concilio Vaticano II che attribuisce ai laici la responsabilità di ispirarsi al messaggio evangelico nel partecipare alla definizione delle regole del viver civile.