Monti a Radio Vaticana e Osservatore. “Contro la crisi coraggio e speranza”

Marco Ansaldo
www.repubblica.it

Il Professore dopo l’udienza di Benedetto XVI. Ribadito lo sforzo contro l’evasione. “Via italiana” alle liberalizzazioni. “Senza l’euro i deboli ancora più deboli”

Per uscire dalla crisi dobbiamo guardare avanti con coraggio e con speranza. Ora più che mai l’Italia deve pensare al bene comune. E il magistero del Papa è per il governo un elemento propulsivo. L’azione della manovra continuerà: e nel 2012 i “soliti ignoti” diventeranno presto “soggetti noti” dal punto di vista fiscale. Ma pensare che la causa della crisi sia l’euro è non solo un errore economico, ma un pretesto o, peggio, un tentativo di scaricare sull’Europa problemi anche di altre realtà, che coinvolgono ulteriori responsabilità e ben altri interessi.
Difesa della manovra economica, critiche alle corporazioni, l’importanza dell’udienza concessa da Benedetto XVI, l’attacco a entità internazionali che vogliono indebolire l’Europa attraverso la crisi dell’euro. Sono questi i punti centrali dell’intervista di Luca Collodi e Alessandro Guarasci al presidente del Consiglio, Mario Monti, dalla Radio Vaticana, che l’ha diffusa via etere, in coordinamento con l’Osservatore Romano che la pubblica questo pomeriggio,

“La giustizia e la pace – dice il capo del governo a una domanda sull’indebolimento delle radici cristiane in Europa – sono la risposta più efficace alla perdita di senso che la crisi economica ha, in modo latente, provocato nella quotidianità delle persone. La crisi, per essere superata in tutti i suoi gravi profili, richiede quindi di guardare in avanti con coraggio, con speranza, ma anche di riscoprire le proprie radici”.

E, gli chiedono gli intervistatori, la classe dirigente italiana – ma naturalmente anche quella europea – è consapevole che è in atto una frattura tra il Paese reale e il Paese legale? Cioè, che quanto pensano i politici spesso non corrisponde al sentire comune della gente? “Essere credibili cosa significa? – replica Monti -. Io credo che significhi soprattutto anteporre il bene comune a ogni interesse di parte. Il senso dello Stato si misura sulla volontà e sulla coerenza di ciascuno di tradurre la coscienza e il sentimento per la democrazia in regola di vita, esigente per se stessi e solidale per gli altri”.

Ma c’è qualcuno, gli viene chiesto a questo proposito, che secondo lei a livello internazionale ha interesse a far saltare la moneta unica? “Pensare che la causa della crisi sia l’euro – risponde il presidente del Consiglio – è non solo un errore economico, ma un pretesto o, peggio, un tentativo di scaricare sull’Europa problemi anche di altre realtà, che coinvolgono ulteriori responsabilità e ben altri interessi. Oggi, rinunciare all’euro significherebbe abbandonare all’incertezza i più deboli ed i più poveri. L’euro resta uno strumento di straordinaria incidenza nella vita delle persone, ma non è il fine dell’azione comunitaria, che resta il ‘bene comune’. La crisi si supera alzando la ‘bandiera dei valori’ sopra gli stessi ‘interessi della moneta’, e riconoscendo come la moneta, a sua volta, non è certo solo un fatto tecnico”.

E sull’aumento delle imposte Monti afferma poi che “in quest’anno 2012 verrà dimostrato, con risultati certi, che alcuni, molti cosiddetti ‘soliti ignoti’ diventeranno presto ‘soggetti noti’ dal punto di vista fiscale. Un primo segno è già contenuto nel Decreto “Salva Italia”: si è prevista una clausola di favore per l’Imu a seconda del numero di figli. In tempo di crisi, e più in generale entro la cornice dell’equità, vale quanto affermava Giuseppe Toniolo: “Chi più può, più deve; chi meno può, più riceve”.

Ma un controllo fiscale troppo duro sui comportamenti degli italiani non potrebbe diffondere paura tra chi le tasse le paga, senza toccare la piaga dell’evasione fiscale? “Credo di no – è la risposta del capo del governo -. E’ un’azione che non è certo ispirata a mire di vessazione o di accanimento. Non bisogna avere nessuna paura, ma la certezza che chi non rispetta la legge non resterà nell’ombra: chi oggi evade pensa di trarne vantaggio, sicuramente reca danno ai concittadini e offre ai propri figli – in definitiva – un pane avvelenato; consegnerà loro, forse, alla fine della propria vita qualche euro di più, ma li renderà cittadini di un Paese non vivibile”.

E ci può essere una “via italiana” alle liberalizzazioni? “Penso proprio di sì – dice il nuovo inquilino di Palazzo Chigi – anzi ci può essere una via che valorizza e rende più solide e più genuine quelle tradizioni, senza addossarle ad altri nella vita sociale. Le tradizioni qualche volta – dobbiamo riconoscerlo – sono diventate corporazioni, sono diventate chiusure corporative e non sempre sono state vissute come un bene di cui essere orgogliosi. Ebbene, per me liberalizzare significa offrire benefici, risparmi e benessere a un numero più elevato di cittadini, senza per questo compromettere l’esistenza di nessuno. Anche se in Italia forse è più difficile che altrove, ciascuno può contribuire all’interno del proprio settore ad una operazione di trasparenza contro privilegi eccessivi, per meglio garantire i giusti diritti”.

Sul tema dell’immigrazione, sul quale sia il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, sia lo stesso presidente del Consiglio premono molto, Monti è dell’opinione che “dignità e sicurezza delle persone possono, anzi debbono stare insieme: non si tratta di contemperare valori contrastanti, ma di saldare istanze pienamente legittime che tutti avvertiamo”.

In un passaggio c’è infine un approfondimento della sua preparazione della visita fatta sabato scorso al Papa. “Poco dopo la sua elezione – ha detto Monti – Benedetto XVI usò un’espressione ancora più chiara: “Non fuggire, per paura, davanti ai lupi”. Penso che anche di fronte alla tempesta così prolungata che stiamo vivendo, dobbiamo coltivare sapientemente – e anche pazientemente, direi – la speranza. Alla crisi, cittadini e Istituzioni non devono rispondere fuggendo come di fronte ai lupi, ma restando saldamente uniti. Con le parole del Santo Padre possiamo dire: “con i mezzi della nostra ragione dobbiamo trovare le strade”.

Ma quali sono le vie principali attraverso cui la Chiesa in Italia può contribuire maggiormente a sostenere lo Stato? “Nella formazione, nell’integrazione, nella responsabilità civile e morale, il contributo della Chiesa è davvero prezioso – è la risposta – . Quando ho incontrato il Santo Padre ho vissuto un’esperienza profonda e indimenticabile. E’ stata una visita ufficiale e spero – pur emozionato – di aver rappresentato il mio Paese in modo adeguato. Le mani del Papa sono mani forti che sostengono il peso di molti; sono mani che rassicurano, perché a loro volta si lasciano sorreggere. Il Santo Padre ha chiaramente affermato che “la distinzione tra l’ambito politico e quello religioso” serve a tutelare la libertà religiosa e a riconoscere la responsabilità dello Stato verso i cittadini”.

Monti conferma dunque l’attenzione del governo al mondo della Chiesa. Riconosce l’autonomia delle istituzioni ecclesiastiche, ma nel pieno rispetto delle istituzioni laiche dell’Italia. L’elemento cattolico, e parole come fede e religione, sono ben presenti a chi governa. Ma questo è un governo nato per un determinato obiettivo in una situazione di emergenza, e dunque si vuole rimanere umili, senza spocchia professorale. Anche se non vi è incertezza nell’essere laici cattolici, non si vuole fare alcun tipo di predica. “Il rapporto tra gli Stati e la Chiesa – dice il presidente del Consiglio – può essere un ponte, un varco che abbatte i muri degli egoismi nazionali. Mi riconosco pienamente nel criterio della distinzione e della reciproca collaborazione. Certamente la fede è un valore, innanzitutto da vivere e da condividere secondo lo stile e la sensibilità propria di ciascuno, dentro un perimetro di libertà comune a tutti”.